IAI
Impeachment e SOTU

All’insegna di “America First”

6 Feb 2020 - Massimo Teodori - Massimo Teodori

Come previsto, il presidente Trump è stato assolto dalla maggioranza dei senatori Repubblicani per i capi di accusa “abuso di potere” e “ostruzione alla giustizia” formulati dalla maggioranza dei deputati Democratici della Camera. Questo esito riflette la natura costituzionale dell’impeachment che negli Stati Uniti segue una procedura da inchiesta giudiziaria nella parte riguardante l’istruttoria alla Camera e di verdetto discrezionale sostanzialmente politico formulato dalla maggioranza dei senatori.

Il presidente, consapevole di come l’impeachment si sarebbe concluso, aveva potuto tenere 24 ore prima il discorso sullo Stato dell’Unione all’insegna della retorica di ”America First” sfiorando  in superficie i grandi problemi interni e internazionali, e riproponendo con la consueta semplificazione i principali temi che hanno connotato la politica della Casa bianca, e che saranno le parole d’ordine della campagna elettorale per la sua rielezione.

“Ritorna una Grande America”
Gli Stati Uniti hanno conseguito un successo economico senza precedenti con il record del mercato azionario che è stato ammirato ed invidiato da tutti i Paesi del mondo. La bandiera americana sarà piantata su Marte.

Gli immigrati da controllare e emarginare
Il Muro sulla frontiera messicana (simbolo identitario dell’America bianca) deve essere “lungo, alto e molto forte”; l’assistenza sanitaria gratuita per gli immigrati illegali deve essere vietata; le “città santuario” che proteggono gli immigrati irregolari devono essere ricondotte sotto la legge federale; e basta con la tolleranza verso gli stranieri criminali.

È finita l’America internazionalista
Occorre restaurare una visione nazionalistica della politica estera basata sulla convenienza mercantile: è giusto che gli alleati della Nato paghino di più; le truppe americane in Afghanistan saranno riportate a casa; sarà costruita una nuova forza militare astronautica (che ricorda lo “scudo stellare” di Reagan); va confermata la fine del trattato multinazionale con l’Iran che deve abbandonare il programma delle armi di distruzioni di massa; Suleimani è stato ucciso perché era un “macellaio spietato”.

Onori e glorie dell’America
La politica va trattata come uno show con una sfilata di personaggi eretti a simbolo di forza e gloria nazionale: medaglia a un conduttore radiofonico conservatore malato terminale; presenza esibita di Guaidò, leader dell’opposizione in Venezuela; omaggio a un vecchio soldato di colore reduce della Seconda Guerra mondiale; esibizione della famiglia di un soldato in Afghanistan.

Questi punti salienti e rivelatori del discorso sullo “Stato dell’Unione” confermano che Trump, con il suo stile e l’uso disinvolto della realtà, ha compiuto una rottura con la tradizione politica e istituzionale americana sia Democratica che Repubblicana. La sua conduzione degli affari nazionali che è stata di volta in volta aggettivata con i termini “populista”, “sciovinista”, “nazionalista”, è in realtà piuttosto il segno di una modalità personalistica e impulsiva di considerare la sfera pubblica e istituzionali alla testa della maggiore nazione del mondo.

Non è un caso che nel discorso non sia mai stato fatto alcun riferimento – né in un senso né in un altro – all’impeachment che in queste ore troverà la conclusione con il voto della maggioranza Repubblicana in Senato. Questo silenzio è significativo perché denota l’assoluta indifferenza – estraneità – alle procedure istituzionali che sono centrali nel sistema di governo nella democrazia liberale americana. Con Trump è in atto una profonda divisione della nazione – istituzionale vs populista – per la prima volta fomentata dalla Casa Bianca. Lo si è visto durante il discorso quando la speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, ha ostentatamente stracciato il discorso del Presidente definendolo “un manifesto di bugie”.