Non è facile essere ebrei oggi in Europa
Non è facile essere ebrei oggi in Europa. I risultati delle ricerche sull’antisemitismo, condotte dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali, ci mandano un segnale preoccupante. Dimostrano che l’antisemitismo pervade la sfera pubblica, con perpetratori attivi su tutto lo spettro sociale e politico.
I risultati dimostrano anche che alcuni Stati membri dell’Unione non registrano casi di antisemitismo in maniera sistematica e perfino per nulla, rendendo difficile a governi e Parlamenti formulare misure efficaci di contrasto al fenomeno.
Di conseguenza, il solo fatto di essere ebreo aumenta la possibilità di ricevere attacchi mirati e sotto forme diverse, perpetuando l’idea fallace che l’antisemitismo sia un’opinione o, peggio, un punto di vista. Vediamo che ebrei in tutta Europa non hanno una vita scevra da preoccupazioni. Un numero rilevante ritiene che le autorità nazionali non combattano l’antisemitismo in maniera efficace. Non sentendosi sicuri come ebrei nel proprio Paese, molti considerano l’eventualità di emigrare, mettendo così a rischio una forma unica di giudaismo che culturalmente ha così tanto contribuito alla costruzione europea.
Questo avviene nonostante metà degli Stati membri dell’Unione europea abbia accolto la definizione dell’Ihra sull’antisemitismo, un impegno che tutti, all’unanimità, avevano preso nel momento in cui hanno adottato la dichiarazione del Consiglio dell’Unione.
Come ci ha recentemente ricordato la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento, “non dovremmo mai separare la lotta all’antisemitismo dal più generale rifiuto del razzismo e del pregiudizio che categorizza le persone su base sessuale, culturale o religiosa, specialmente in una fase in cui il malessere sociale spinge molti a indirizzare la loro rabbia verso un capro espiatorio”. Razzismo e pregiudizio, se posso aggiungere, sono come la gramigna: molto facile a proliferare, molto difficile a sradicare.
L’Agenzia europea per i diritti fondamentali reitera il suo profondo impegno a combattere l’antisemitismo e qualsiasi altra forma d’inaccettabile discriminazione e a sostenere l’Unione europea e i suoi Stati membri, come pure le organizzazioni internazionali e l’Ihra stessa, nei loro sforzi in questo senso.
Persone e luoghi devono essere protetti. Fa buio lì fuori, per gli ebrei e per tutte le altre vittime d’odio. Dobbiamo inondare di luce.
Discorso pronunciato da Filippo di Robilant, vicepresidente dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali, in occasione della riunione ministeriale dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance), che riunisce tutti i Paesi dell’Unione europea tranne Cipro ed altri sette Paesi (Usa, Canada, Australia, Argentina, Svizzera, Norvegia e Israele), svoltasi lo scorso 19 gennaio a Bruxelles. Attualmente sotto presidenza lussemburghese, l’Ihra ha otto partner internazionali, tra cui l’Agenzia europea per i diritti fondamentali. La riunione aperta ai Ministri degli Esteri dei Paesi aderenti all’Ihra ha adottato una dichiarazione in previsione della Giornata della Memoria.