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Fra scandali e instabilità politica

Perù: voto anticipato per un Congresso che durerà un anno

20 Gen 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

In America Latina, i Paesi con una estensione territoriale consistente e un quadro politico eterogeneo sono di solito caratterizzati da due camere parlamentari. Il Perù rappresenta una delle poche eccezioni, dato che il suo organo legislativo è l’unicamerale Congresso della Repubblica.

Lo scorso 30 settembre, appellandosi all’articolo 134 della Costituzione politica del Perù, il presidente Martín Vizcarra ha annunciato proprio lo scioglimento del Congresso. Nella stessa giornata e per mezzo dello stesso Decreto supremo, un’edizione straordinaria de El Peruano – pubblicazione quotidiana fondata da Simon Bolivar nel 1825 che ancora oggi funge da gazzetta ufficiale del Paese, ndr – ha reso ufficiale la convocazione di nuove elezioni per il 26 gennaio 2020.

La reazione del Congresso è stata il ricorso all’articolo 114 della Costituzione, ovvero la dichiarazione di incapacità del presidente per l’esercizio della sua carica. La vicepresidente Mercedes Aráoz – in rotta di collisione con Vizcarra già dall’estate – ha giurato al suo posto, per poi rinunciare a distanza di sole 24 ore. Vizcarra ha quindi continuato a governare nonostante la presa di posizione del Congresso, servita solo a mettere in luce la drammatica spaccatura tra le principali istituzioni del Paese.

Le elezioni straordinarie del Congresso, che si terranno tra pochi giorni, assumono dunque grande importanza in quanto conseguenza diretta della crisi politica che le ha precedute ed effetto della corruzione strutturale in Perù.

Le caratteristiche delle legislative
Il Perù è una repubblica presidenziale democratica rappresentativa. Dal punto di vista elettorale, è suddivisa in 26 distretti (24 “departamentos”, la regione metropolitana di Lima e la provincia del Callao).

Quelle del 26 gennaio saranno le settime elezioni congressuali dalla promulgazione della Costituzione del 1993, prima della quale il Parlamento era, appunto, bicamerale.

 Circa 25 milioni di cittadini saranno chiamati alle urne, di cui quasi un milione residenti all’estero, per eleggere i 130 membri del Congresso. Questi avranno l’incarico di terminare la sessione legislativa 2016-2021. L’inizio di questo periodo corrisponde alle elezioni generali che furono vinte da Pedro Pablo Kuczynski – leader del partito di centro-destra liberale Peruanos Por el Kambio (Ppk) –, quando Vizcarra fu eletto come vice.

Il Ppk rappresentava una minoranza nel Congresso disciolto; a dividersi la maggioranza dei seggi erano la destra conservatrice di Fuerza Popular e di Alianza para el Progreso; la sinistra della coalizione Frente Amplio e del movimento Nuevo Perú.

Il contesto
Vizcarra ha assunto la presidenza il 23 marzo 2018 subentrando a Kuczynski, che aveva dato le dimissioni sommerso dalle accuse di corruzione. Per di più, nei suoi confronti era in corso il secondo “proceso de vacancia presidencial” (impeachment).

Da allora, è stato Vizcarra a dover fare i conti con un Congresso fortemente controllato dall’opposizione: all’inizio della legislatura, infatti, ben 73 dei 130 seggi erano stati assegnati a Fuerza Popular. La leader di Fp, Keiko Fujimori, è la figlia dell’ex dittatore Alberto (al potere dal 1990 al 2000) ed era stata proprio la principale sfidante di Kuczynski nella corsa alla presidenza.

Negli ultimi anni, la reputazione della classe politica peruviana è stata gravemente indebolita se non completamente annullata dal maxi-scandalo legato alla holding immobiliare Odebrecht e alla serie di processi divenuti famosi con il nome di Lava Jato. Secondo i risultati delle indagini, tutti i governi del Perù a partire dal 2001 hanno avuto connivenze con il caso Odebrecht: tre presidenti sono stati arrestati e numerosi leader politici indagati. La stessa Keiko Fujimori è stata condannata a tre anni di custodia cautelare per riciclaggio di denaro e per il finanziamento irregolare alla sua campagna elettorale. Rilasciata nel novembre del 2019, potrebbe ora essere sottoposta a una nuova richiesta di incarcerazione.

Lo scontro sulla riforma costituzionale
Dato che Vizcarra sta governando con una Costituzione fujimorista, il principale terreno di scontro tra potere esecutivo e legislativo è stato, negli ultimi anni, proprio l’intento di riforma costituzionale.

Nel 2018, quattro interventi sulla struttura parlamentare e sul Consiglio della magistratura furono approvati sia da un referendum popolare, sia dal voto del Congresso; salvo poi essere pesantemente emendati in fase di attuazione.

Sulla base dello snaturamento della sua riforma, il presidente aveva proposto di cambiare le modalità di elezione dei membri del Tribunale costituzionale, con l’argomento di garantire maggiore trasparenza, ma si era scontrato nuovamente con la maggioranza parlamentare. Secondo la Costituzione peruviana, se in due diverse occasioni un presidente non ottiene la fiducia del Congresso può richiedere lo scioglimento di quest’ultimo (è il citato articolo 134): questo è proprio quanto successo a fine settembre.

Gli oppositori di Vizcarra, tuttavia, hanno visto in questa mossa l’attuazione di un “ricatto” nei confronti del Congresso e una misura autoritaria per ottenere forzatamente l’approvazione delle proprie riforme. Il 15 gennaio, la Corte costituzionale peruviana ha comunque riconosciuto la legittimità dello scioglimento del Congresso.

In questi mesi la legislatura ha assunto la forma di un “interregno parlamentare”, mentre il Congresso che sarà eletto rimarrà in carica poco più di un anno. Il perpetuarsi dell’instabilità ha indebolito le istituzioni da entrambe le parti e alimentato la sfiducia nella politica da parte dei cittadini.

A cura di Francesca Rongaroli, caporedattrice America Latina de Lo Spiegone.

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