IAI
Tra pressioni esterne e proteste interne

L’Iran non cambia la rotta

18 Gen 2020 - Alberto Zanconato - Alberto Zanconato

In un altro Paese la drammatica serie di avvenimenti che ha segnato l’inizio dell’anno in Iran potrebbe far temere una crisi fatale. Ma la Repubblica islamica ha più volte dimostrato – a partire dalla guerra di otto anni con l’Iraq – di sapere gestire i momenti di emergenza come pochi altri.

Così è avvenuto dopo l’uccisione in un blitz americano il 3 gennaio all’aeroporto di Baghdad del generale Qassem Soleimani. L’ondata emotiva che ha investito il Paese per la morte del comandante della Forza Qods dei Pasdaran, visto da molti come simbolo dell’affermazione della potenza iraniana nella regione, ha sollecitato lo spirito nazionalista degli iraniani, contribuendo a portare milioni di persone nelle piazze di Ahvaz, Mashhad, Teheran e Kerman per le cerimonie funebri.

L’abbattimento del Boeing ucraino
Una partecipazione che ha consentito a Teheran di mostrare al mondo un’immagine compatta del Paese dopo le manifestazioni del novembre scorso contro l’aumento dei prezzi della benzina. Un patrimonio che appare oggi almeno in parte intaccato dallo shock provocato dall’abbattimento per errore da parte della contraerea iraniana del Boeing ucraino con 147 iraniani a bordo, compresi quelli anche in possesso di una cittadinanza straniera.

La prima domanda che tutti si sono posti è perché le autorità non avessero provveduto a chiudere lo spazio aereo nazionale durante e nelle ore successive all’attacco missilistico compiuto contro la base di Ayn al Asad in Iraq, che ospita militari americani, come rappresaglia all’uccisione del generale dei Pasdaran. Ma a questo sono seguiti altri sbagli che hanno peggiorato la situazione.

Per tre giorni l’Iran ha negato ogni responsabilità nel disastro, respingendo come un complotto americano le accuse provenienti dagli Usa e da altri governi occidentali. Poi ha ammesso che l’aereo era stato colpito da un missile lanciato da una base delle Guardie della Rivoluzione. Ma affermando di avere rivelato la verità non appena venutone a conoscenza. Infine, il comandante delle forze aerospaziali dei Pasdaran, Amir Ali Hajizadeh, ha ammesso che i fatti erano noti dal primo momento, ma erano stati tenuti segreti per salvaguardare la ‘sicurezza nazionale’.

Proteste e reazioni delle parti del Jcpoa
A quel punto, la rabbia covata per giorni da molti iraniani è esplosa. Nelle proteste in diverse università, che però tutto sommato sono state ridotte nelle dimensioni. Ma soprattutto con la marea di proteste sui social media, con prese di posizione senza precedenti contro le autorità della Repubblica islamica da parte di personaggi famosi. Molti registi e attori hanno annunciato un boicottaggio del Festival del cinema Fajr di Teheran, che ogni anno si svolge in febbraio nell’anniversario della rivoluzione. Tre donne dipendenti della televisione di Stato hanno fatto sapere che non andranno più in video, con una di loro, Gelareh Jabbari, che ha chiesto scusa per avere “mentito per 13 anni” a beneficio della propaganda.

Alle proteste si è sovrapposta una nuova crisi, quando Francia, Germania e Gran Bretagna, i firmatari europei dell’accordo sul nucleare del 2015, hanno attivato il meccanismo previsto per la violazione dell’intesa da parte dell’Iran, che a partire dal maggio del 2019 ha limitato gradualmente i propri impegni nell’ambito dell’accordo, togliendo ogni limite alle capacità di arricchimento dell’uranio.

Teheran, che per un anno aveva osservato alla lettera i suoi obblighi nonostante l’uscita dall’accordo degli Usa nel maggio 2018, si dice pronta a tornare sui suoi passi se gli europei manterranno la promessa di aiutarla a far fronte alle conseguenze delle pesantissime sanzioni americane. Il passo di Parigi, Londra e Berlino – che secondo il Washington Post sarebbe stato fatto sotto la minaccia del presidente statunitense Donald Trump di imporre pesanti dazi sulle esportazioni delle auto europee negli Usa – apre un periodo di circa due mesi entro i quali le parti potranno parlarsi per cercare di evitare la reimposizione di sanzioni anche da parte dell’Onu.

iran - usa - khomeini - soleimani - boeingLe risposte di Khamenei e Rouhani
Ma la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, parlando per la prima volta come  guida della preghiera del venerdì dopo otto anni, si è scagliato contro gli europei, accusandoli di essere “come gli americani”. Come spesso avviene, il presidente Hassan Rouhani ha usato parole ben diverse, assicurando che un dialogo con l’Occidente è ancora “possibile”.

Le stesse differenze di linguaggio si registrano verso il fronte interno, con Rouhani che ha dato voce alla rabbia per l’abbattimento del Boeing, definendolo un “errore imperdonabile” e chiedendo alle forze armate di “scusarsi con il popolo”. Khamenei ha invece riservato poche parole all’episodio nel suo sermone, parlando di “amaro incidente”.

La Guida ha invece dedicato quasi tutto il discorso a Soleimani, facendo capire che la linea della Repubblica islamica non cambierà. I Pasdaran continueranno ad operare oltre confine, per “combattere ovunque sia necessario”, e Teheran non cederà nel braccio di ferro sul nucleare: “L’America – ha detto la Guida – non sarà mai capace di metterci in ginocchio. Gli iraniani devono diventare più forti. Questa è l’unica strada”.