IAI
La scomparsa della blogger

Tunisia. Lina non ti dimenticheremo

28 Gen 2020 - Leila El Houssi - Leila El Houssi

“Credi che sia stato impedito alle donne tunisine di avere una propria identità durante il regime di Ben Alì? Se sì, in che modo?” chiesi a Lina Ben Mhenni alcuni anni fa e lei mi rispose “Dipende dalla definizione che diamo della parola identità e di quale identità parliamo. Personalmente non ho mai avuto un problema d’identità. Se si parla invece d’identità, per come essa viene definita oggi dai governanti e dai loro sostenitori, in riferimento all’indossare o meno il velo, penso allora che certe donne sono state private della loro identità, che è stata, come dire, ‘liée à un voile‘, associata a un velo.”

Lina ben Mhenni, blogger, attivista, simbolo della Rivolta tunisina come viene definita dai media occidentali ci ha lasciati. Una malattia autoimmune, il lupus, il cui decorso ci descriveva in rete, l’ha portata via all’età di 36 anni. Lina è stata una delle voci più accese che hanno animato le proteste di piazza e con il suo celebre blog (censurato durante il regime di Ben Ali), A tunisian girl, durante i giorni della rivolta tunisina, era un’importante testimone sul campo.

Nell’aprile 2011 è stata insignita del premio per il miglior blog nell’ambito dei Blogs awards 2011 promosso dalla Deutsche Welle, e ha poi ottenuto anche una candidatura per il premio Nobel per la Pace. Fiera contestatrice di Ben Ali, Lina Ben Mhenni attraverso il suo blog ha denunciato abusi e prepotenze del regime e ha sostenuto la rivolta fornendo importanti informazioni. Sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani, Lina Ben Mhenni ci ha rivelato che soprattutto le donne hanno svolto, durante tutte le fasi della rivolta, un ruolo da protagoniste partecipando a “manifestazioni, scrittura e denuncia del regime, scioperi, cura dei feriti (medici e infermiere)”. Come mi ha scritto Lina, “sono state in prima linea nelle manifestazioni, riportando ciò che accadeva, e alcune di loro sono morte per la patria. Sono le nostre martiri della rivoluzione”.

Nonostante la fragilità a causa della malattia, Lina è sempre stata in prima linea perché il suo sogno era un paese democratico con i giovani e le donne protagonisti. Non possiamo non ricordare la sua denuncia contro la dittatura, la tortura, la corruzione e la sua lotta per l’uguaglianza di genere. Non possiamo dimenticare come abbia documentato la rivolta a Sidi Bouzid, fotografando la brutalità e la durezza. Non possiamo non ricordare il suo impegno nella raccolta di libri per i detenuti nelle carceri.

Lina era una rivoluzionaria vera e ha sempre lottato in tutta la sua vita fino alla fine. Lei che fino all’ultimo non ha mai voluto lasciare il suo paese, e a chi tentasse di convincerla di andare all’estero per tentare altre cure, rispondeva “qui tante persone hanno bisogno di me”.

E noi abbiamo bisogno di lei. Per quello non dimenticheremo. Perché continueremo la sua lotta.