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Inizia il procedimento al Senato

Le chance di un Trump-bis, nonostante l’impeachment

22 Gen 2020 - Lucio Martino - Lucio Martino

L’ambizione di Donald Trump di vincere un secondo mandato presidenziale sembra costituire il fattore politico caratterizzante l’intero 2020. Sotto questo punto di vista, l’evidenza empirica dimostra che non è tanto lo sfidante a vincere le presidenziali quanto il presidente in carica a perderle. Posto il buon andamento dell’economia e l’ampio consenso sul fatto che probabilmente questa continuerà ad andar bene per tutto il 2020, un secondo mandato dovrebbe essere una previsione solida se non una conclusione scontata. Eppure, non lo è.

Per quanto grave possa essere il procedimento d’impeachment iniziato ieri e al quale Trump sarà sottoposto nelle prossime settimane, è molto improbabile che il presidente in carica finisca con l’esser condannato, ma il giudizio cui andrà incontro al Senato potrebbe riservare un qualche colpo di scena in grado, se non di deragliare definitivamente, di danneggiare seriamente la sua candidatura. Inoltre, i Democratici hanno apertamente dichiarato che quello riguardante la questione ucraina potrebbe non essere il solo procedimento d’impeachment riservato al presidente nel prossimo futuro.

Il nodo del voto evangelico
D’altra parte, in mancanza di nuovi e sensazionali sviluppi, l’impeachment potrebbe condurre al paradossale risultato di compattare un elettorato repubblicano che nelle ultime settimane aveva testimoniato un qualche cedimento. Nonostante la recente presa di posizione dell’influente Christianity Today (“che Trump lasci la presidenza non è una questione di lealtà a un certo partito, ma al Creatore dei Dieci Comandamenti”, ndr) nessuno si aspetta che gli evangelici possano mai schierarsi in massa dalla parte del candidato democratico, chiunque esso sia, ma anche una piccola aliquota di evangelici delusi da Trump potrebbe comprometterne la rielezione semplicemente disertando le urne.

Comunque, se Trump uscirà vittorioso dalle presidenziali del 2020, non solo si considererà pienamente legittimato nelle sue scelte, ma si sentirà anche libero da ogni tatticismo elettorale. Inoltre, a differenza di quanto avvenuto nei primi due anni di mandato, si ritroverà circondato solo da persone che ne condividono ampiamente visione e metodi. Ne consegue che in un suo eventuale secondo mandato, Trump continuerà a perseguire con ancor maggior vigore l’agenda conservatrice finora implementata. Con quale successo dipenderà dagli equilibri di potere al Congresso. Per quel che valgono, i sondaggi indicano che i Democratici sono ben posizionati, ma come per la rielezione di Trump, per quanto probabile, neppure il successo democratico al Congresso è uno sviluppo scontato.

La continuazione dell’agenda conservatrice
Nel caso in cui Trump si ritroverà a verificare forti limiti nella sua azione di politica interna, come già altri suoi predecessori è molto probabile che deciderà di concentrare la sua attenzione soprattutto sull’arena internazionale, cercando di smantellare quanto rimane di quella Pax Americana successiva alla Seconda Guerra Mondiale colpevole, a suo avviso, di porre in secondo piano i più fondamentali interessi degli Stati Uniti. Ovviamente Trump non è onnipotente e tantomeno infallibile, ma è comunque perfettamente in grado di capire che l’ultima cosa di cui gli Stati Uniti hanno bisogno è di una nuova grande crisi mediorientale, cosa questa che dovrebbe tra le altre cose ridurre il rischio di nuovi picchi nel prezzo del greggio.

Ciononostante, e alla luce di quella che finora è stata una prestazione migliore della media in termini di rispetto degli impegni pre-elettorali, vale la pena tenere a mente da una parte quanto da Trump promesso e non ancora in pieno realizzato e dall’altra la propensione della sua amministrazione a usare la coercizione, sotto forma di dazi e altre sanzioni economiche anche nei rapporti con i suoi alleati tradizionali.

In questo quadro, calcare eccessivamente la mano nello scontro commerciale con la Cina non sembra nel suo interesse. Data la tipologia delle merci in questione, forte è il rischio che l’imposizione di nuovi e pesanti dazi possa trasformarsi in una tassazione di fatto del consumatore statunitense e quindi dei suoi potenziali elettori. Nei prossimi mesi, Trump potrebbe quindi rivolgere la sua azione più nei confronti dell’Unione europea che della Cina, nella convinzione che qualsiasi ritorsione europea avrebbe un impatto inferiore sull’economia statunitense.

Al fine di chiudere questo suo primo mandato realizzando un altro degli obiettivi che si era dato nel 2016 e nell’apparente mancanza di progressi nelle trattative su quanto la Corea del Sud dovrebbe pagare per la presenza militare americana nella penisola coreana, Trump potrebbe riportare Kim Jong-un al tavolo dei negoziati, offrendo una riduzione della pressione sanzionatoria e del dispositivo militare statunitense nella regione, in cambio di concessioni relativamente modeste nel programma missilistico nordcoreano, cosa questa che se pure emanciperebbe il continente nordamericano da ogni relativa minaccia, altererebbe in modo significativo l’intero equilibrio strategico del nordest asiatico.

Silurare Wto e Nato
Altri due grandi interrogativi gravano su quella che potrà essere la futura politica estera dell’amministrazione Trump. Il primo riguarda il rapporto con la Organizzazione mondiale del commercio. In mancanza di una riforma, per il vero ancora molto lontana all’orizzonte, del meccanismo disposto alla risoluzione delle controversie interne, Trump potrebbe finire con il decidere di ritirare la partecipazione statunitense in tale organizzazione. Il secondo riguarda il rapporto con la Nato. Il simultaneo concorrere di tensioni economico-commerciali, d’insufficienti livelli di spesa e di un livello d’intervento in Medio oriente, e più in particolare in Afghanistan, più basso di quello anche recentemente auspicato da Trump, potrebbe convincere quest’ultimo dell’opportunità di estrarre gli Stati Uniti anche da tale alleanza.

Tutto questo, tenendo ben presente che Trump è un sintomo di questi tempi e non la causa delle presenti contingenze. In altre parole, quand’anche Trump non dovesse vincere un secondo mandato, molte delle presenti dinamiche non sono affatto destinate a scomparire oppure ancora a diventare meno preoccupanti.