Difesa: l’approccio della Commissione geopolitica
Ursula von der Leyen ha più volte ribadito che la sua Commissione europea ha carattere geopolitico. Ciò significa che gli sforzi della nuova guida dell’Unione europea sono volti a far riacquisire e, in taluni casi, raggiungere per la prima volta, dei livelli di autonomia e di rilevanza internazionale che l’Ue non è stata in grado di mantenere in passato.
Il 2020 sarà per la Commissione von der Leyen un anno di prove su diversi fronti, anche dal punto di vista della difesa. Sebbene dalla lettura dei Trattati emerga quanto siano gli Stati a detenere competenza esclusiva su queste materie, l’Ue sta progressivamente tentando di farsi promotrice di un approccio condiviso in tale ambito. A partire dalla Strategia Globale per l’Unione europea (European Union Global Strategy, Eugs) del 2016, sono state progressivamente avviate iniziative per far sì che gli Stati membri riescano a soddisfare il livello di ambizione definito nel documento e ad assicurare un adeguato livello di protezione dei cittadini europei e dell’Europa. Dall’Eugs sono scaturite diverse iniziative (Edap, Pesco, Card) che saranno completate dal Fondo europeo di Difesa (European Defence Fund, Edf), pienamente operativo a partire dal 2021 e adesso sul banco di prova tramite Edidp e Padr.
Alla prova del Fondo europeo di Difesa
Per essere credibile, il carattere geopolitico richiamato da von der Leyen dovrà tradursi in attività e risultati concreti anche e soprattutto laddove l’Ue non ha finora operato in modo coordinato e congiunto. L’istituzione della tanto attesa Direzione generale per Industria della difesa e Spazio (DG Defis) come struttura autonoma rappresenta certamente un inizio verso il raggiungimento degli obiettivi preposti. Una direzione generale ad hoc (e non più sotto il cappello della direzione Mercato interno) che si occupi delle tematiche della difesa da un punto di vista industriale, è un passo fondamentale per riuscire a concentrare maggiore attenzione su questo tema anche sul piano politico e di opinione pubblica, grazie all’allocazione di parte del budget europeo alla voce difesa. Tuttavia, molti sono gli aspetti ancora da definire.
La componente tecnologica rappresenta un elemento sempre più consistente dei moderni sistemi d’arma e delle capacità di difesa. Ciononostante, gli investimenti per la ricerca e la tecnologia e per la ricerca e sviluppo risentono della cronica insufficienza dei fondi che sarebbero necessari a soddisfare le esigenze dell’intero comparto. Uno studio dell’Agenzia europea di Difesa evidenzia come i fondi impiegati per investimenti siano ancora inferiori ai livelli raggiunti nel 2008, nonostante il trend generale sia tornato a salire dopo il picco negativo del 2014. A risentire di ciò non sono solo le forze armate, ma anche la base industriale e tecnologica di difesa europea. Inoltre, è ormai di dominio pubblico che il costo della non-cooperazione a livello europeo in questo ambito sia di diverse decine di miliardi di euro.
L’Edf potrebbe essere un valido strumento per incentivare una maggiore concentrazione degli sforzi nello sviluppo congiunto di capacità militari ad alto contenuto tecnologico e dotare così gli Stati membri di quelle “capacità militari credibili” alle quali von der Leyen ha fatto riferimento qualche giorno fa a Davos, in occasione del World Economic Forum. Per rendere ciò reale, una prima sfida che la Commissione si troverà a dover affrontare nei prossimi mesi è la definizione del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e, con questo, dei fondi da poter dedicare all’Edf. La proposta iniziale di vincolare 13 miliardi di euro per il Fondo non sembra essere più condivisa dagli attori coinvolti nella decisione: la Commissione ha proposto lo stanziamento di un budget complessivo pari all’1.11% del Reddito nazionale lordo complessivo degli Stati membri, di cui 11,5 miliardi per l’Edf, proposta giudicata insufficiente dal Parlamento europeo.
L’importanza del Regno Unito e del coordinamento
Per il momento bisognerà quindi attendere il vertice straordinario del Consiglio europeo del prossimo 20 febbraio e sperare che il suo presidente Charles Michel riuscirà a strappare il consenso ai capi di Stato e di governo degli ormai 27 Stati membri. A partire dal prossimo 1° febbraio infatti, inizieranno gli undici mesi del periodo di transizione del Regno Unito verso la sua totale uscita dall’Ue e durante questo periodo potrà solo tentare di influenzare il decision-making europeo, non potendo più prendere parte alle votazioni.
La mancanza di un accordo che regoli i futuri rapporti tra il Regno Unito e l’Ue ha dei risvolti anche nel settore della difesa e sotto diversi aspetti. Focalizzando l’attenzione sull’Edf, la mancanza di un accordo dedicato renderebbe il Regno Unito un’entità terza, con la conseguenza che le industrie britanniche potrebbero avere accesso ai progetti del fondo solo se, e nella misura in cui, la loro partecipazione sia necessaria al raggiungimento degli obiettivi preposti e non infici la sicurezza e la difesa dell’Unione. Inoltre, allo stato attuale, i diritti di proprietà intellettuale di ciò che verrà prodotto con i finanziamenti dell’Edf apparterranno agli Stati membri, con la conseguenza di ridurre l’appeal rappresentato dall’acquisizione di questi diritti. Appeal che viene ridotto ulteriormente se si pensa che non esistono ancora né una posizione né un meccanismo chiari e univoci sulle possibilità di esportazione degli armamenti verso Paesi terzi e sui limiti della loro ri-esportazione.
Un ulteriore aspetto che l’attuale Commissione dovrà risolvere è dato dalle modalità di coordinamento tra varie iniziative e framework interni ed esterni all’Ue. Per quanto riguarda il coordinamento delle iniziative interne, è fondamentale che non ci siano sovrapposizioni tra i progetti Pesco e quelli rientranti nel quadro Edf, ma che venga assicurata sinergia tra questi. Coordinamento che sarà ancora più necessario tra le priorità di sviluppo e acquisizione a livello Ue e a livello Nato.
Ursula von der Leyen si è posta degli obiettivi ambiziosi, sebbene necessari e tanto attesi, ma dovrà fare i conti con le pressioni interne ed esterne all’Ue. Sull’industria della difesa la Commissione è ad un bivio: fare (bene) o lasciarsi scappare l’opportunità di agire in modo geopolitico anche in quest’ambito.