Dai metalli al manifatturiero: le nuove sanzioni Usa all’Iran
L’ultima escalation della crisi tra Stati Uniti e Iran in Iraq è culminata il 3 gennaio nell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani ad opera di un drone americano. Al picco di tensione generato da tale operazione – che ha suscitato qualche perplessità riguardo alla sua legittimità sotto il profilo del diritto internazionale – è seguito un lancio di missili da parte dall’Iran su obiettivi americani in Iraq, che non ha generato danni gravi. Con l’obiettivo di riaprire il dialogo e spingere Teheran al tavolo dei negoziati per un nuovo accordo, il 10 gennaio 2020 l’Amministrazione Trump ha comunicato l’adozione di nuove sanzioni sull’Iran.
Le nuove sanzioni
Il giro di vite – questa volta particolarmente stringente – ha previsto la designazione nella Specially Designated Nationals and Blocked Persons List (Sdn List), ai sensi dell’Executive Order 13876 Imposing Sanctions With Respect to Iran (Eo 13876), di otto alti funzionari iraniani, tra cui il segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale, il vicecapo di Stato maggiore della difesa e il capo della milizia Basij del Corpo delle guardie rivoluzionarie.
Sulla base dell’Executive Order 13871 Imposing Sanctions with Respect to the Iron, Steel, Aluminum, and Copper Sectors of Iran (Eo 13871), sono state inoltre designate alcune aziende operanti nel settore iraniano dei metalli. Tra le entità inserite nella Sdn List e sottoposte a sanzioni secondarie – ovvero vincolanti anche per soggetti non statunitensi indipendentemente dall’esistenza di un qualsiasi nesso tra le operazioni commerciali o finanziarie e la giurisdizione Usa – rileviamo: la più grande acciaieria mediorientale Mobarakeh Steel Company (già sanzionata sulla base di altri ordini esecutivi), Almahdi Aluminium Co., Iran Aluminium Company, Khouzestan Steel Company nonché un vascello e alcune front companies cinesi. Si ricordi che l’Eo 13871 autorizza l’Amministrazione Usa a inserire nella Sdn List qualsiasi soggetto operante nei settori del ferro/acciaio/alluminio/rame iraniani o che fornisca in Iran beni e servizi significativi utilizzabili in connessione a tali settori.
La novità è stata rappresentata, però, soprattutto dall’adozione dell’Executive Order 13902 on Imposing Sanctions with Respect to Additional Sectors of Iran (Eo 13902). Il nuovo Eo prevede che l’Amministrazione Usa possa inserire nella Sdn List qualsiasi soggetto nel mondo che venga ritenuto: (i) operante nei settori delle costruzioni, minerario, manifatturiero o tessile – o in qualsiasi altro settore dell’economia iraniana che verrà determinato dal segretario del Tesoro in consultazione con il segretario di Stato; (ii) parte di una transazione significativa per la vendita, la fornitura o il trasferimento da o verso l’Iran di beni o servizi significativi utilizzati in connessione ai settori di cui al punto (i); (iii) fornitore di supporto finanziario, materiale o tecnologico a favore di qualsiasi soggetto designato ai sensi del nuovo Eo; o (iv) posseduto o controllato da qualsiasi soggetto designato ai sensi del nuovo Eo. A quanto sopra, la Sezione 2 del nuovo Eo aggiunge che le istituzioni finanziarie straniere potranno essere sanzionate qualora consapevolmente effettuino o facilitino transazioni finanziarie significative nei settori sopra elencati.
Quale futuro per il Jcpoa?
In aggiunta a questa campagna di ‘maximum pressure’, condotta dal presidente statunitense Donald Trump con l’obiettivo di concludere un nuovo accordo sul nucleare, l’Unione europea ha esercitato ulteriore pressione contro l’Iran, ma direzionata altrove. L’attivazione del meccanismo di risoluzione delle controversie da parte dei ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito (E3), che, in data 14 gennaio, hanno denunciato l’inadempienza dell’Iran rispetto agli obblighi sanciti dal Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) è infatti finalizzata a ricondurre l’Iran all’interno del trattato.
La questione sarà deferita alla Joint Commission (E3, Russia, Cina e Iran), che avrà 15 giorni per risolvere il caso; la questione potrà poi passare al livello dei ministri degli Esteri e – da ultimo – essere trattata da un comitato consultivo. Qualora gli E3 – al termine di questi passaggi – non considerassero risolto il caso, potranno venir meno agli obblighi assunti con il Jcpoa e/o informare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; a quest’ultimo spetterà la decisione finale sull’eventuale ‘snapback’ delle sanzioni Onu (e, conseguentemente, europee) in vigore prima del 16 gennaio 2016 (Implementation Day del Jcpoa).
Mentre il presidente Trump vede nella conclusione di un nuovo accordo con l’Iran (che riguardi non solo la questione nucleare, ma anche il programma missilistico e la politica estera iraniana) la possibilità di rafforzare il consenso interno, messo alla prova dalla procedura d’impeachment, per l’Ue la sopravvivenza del Jcpoa è un tavolo di prova per dimostrare la propria capacità di attuare una politica estera comune e affermare il proprio peso sulla scena internazionale.
Resta da vedere quali saranno le posizioni, fuori e dentro il Consiglio di sicurezza dell’Onu, della Russia, che potrebbe confermare il ruolo di potenza egemone regionale, sostenendo il Jcpoa e rafforzando il processo d’integrazione economica Iran-Unione economica eurasiatica, e della Cina, già messa alle strette dagli Usa sulla firma dell’accordo commerciale.
Questa pubblicazione fa parte di una serie a tema Sanzioni internazionali realizzata in collaborazione con lo Studio Legale Padovan.