Ungheria: migranti, Ong, censure, Hrw e Amnesty denunciano
Il rapporto di Human Rights Watch (Hrw) e le valutazioni di Amnesty International sull’Ungheria di Viktor Orbán descrivono un sistema antidemocratico e irrispettoso delle libertà individuali e sociali di base.
Il caso delle elezioni politiche 2018
Nelle annotazioni critiche di Hrw, si legge che nel corso della campagna per le elezioni politiche svoltesi nell’aprile del 2018, quelle che avrebbero portato Orbán al suo terzo successo consecutivo, il governo da questi presieduto ha intensificato la sua campagna diffamatoria nei confronti delle Organizzazioni Non Governative impegnate sul fronte migranti, dell’opposizione politica e dei giornalisti critici verso l’esecutivo definiti, insieme a Ong e partiti a lui contrari, agenti di George Soros.
Il dossier elenca i provvedimenti concepiti dall’esecutivo ungherese per sanzionare la solidarietà a migranti e profughi, colpire l’Università dell’Europa Centro-Orientale (Ceu, Central European University) e dare alla polizia maggiori poteri per vietare o sciogliere assembramenti.
I migranti le prime vittime
Secondo il documento di Hrw, nel 2018 c’è stato un calo considerevole delle domande di asilo soprattutto perché è diventato quasi impossibile per i richiedenti entrare nel Paese e chiedere protezione. L’anno scorso le autorità ungheresi hanno limitato gli ingressi giornalieri di richiedenti a uno/due, lasciando migliaia di persone in Serbia in condizioni critiche.
Fino ad agosto del 2018 3.119 persone hanno presentato domanda di asilo e le autorità di Budapest hanno concesso la protezione internazionale a 320 di esse, 54 delle quali hanno ottenuto lo status di rifugiato e 266 la protezione sussidiaria. Il testo aggiunge che i Rom continuano a subire discriminazioni in materia di alloggi, istruzione e sanità pubblica, e stigmatizza i provvedimenti che portano alla criminalizzazione dei senzatetto.
La risposta è la censura
Per tutta risposta il governo ha vietato di diffondere i comunicati di Hrw e Amnesty International e proibito di rendere pubblici senza il suo consenso dossier internazionali, come quello che porta la firma della Anti-Defamation League che denuncia il crescente anti-semitismo in Paesi come l’Ungheria, l’Ucraina e la Polonia. Vietati anche i rapporti che affrontano il tema migranti in modo contrario alla politica intrapresa dall’esecutivo ungherese.
Queste disposizioni non sono una sorpresa visto che il governo ungherese è impegnato dal 2010 a controllare saldamente ogni manifestazione della vita pubblica del Paese a partire dai settori strategici come quello mediatico. Il sistema di Orbán ha provveduto a silenziare la stampa di opposizione per fare prevalere la voce governativa e rendere più agevole il martellamento che opera nei confronti della popolazione.
La reazione della comunità internazionale e l’azione dell’Ue
La censura applicata alle informazioni delle Organizzazioni Non Governative impegnate sul fronte dei diritti umani ha sollevato numerose critiche nell’ambiente delle Ong e, in generale, a livello di comunità internazionale. Secondo Hugh Williamson, direttore di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale, queste disposizioni del governo ungherese costituiscono un nuovo passo contro la libertà di informazione e un ulteriore tentativo di ridurre al silenzio le Ong e ostacolare la loro attività.
Va ricordato che l’Ungheria è nel mirino dell’Unione europea per una serie di provvedimenti considerati lesivi dello stato di Diritto. Per questo motivo sia Budapest che Varsavia sono minacciate dell’applicazione dell’Articolo 7 previsto proprio per questi casi. I due Paesi hanno deciso di spalleggiarsi in questo confronto con le autorità comunitarie e sono pronte a difendersi reciprocamente col veto a eventuali sanzioni. Tale prova di forza rientra, per l’Ungheria e la Polonia, nell’impegno a far valere il principio secondo il quale ogni Stato ha il diritto di applicare sul suo territorio le leggi che ritiene più giuste indipendentemente da quello che dice l’Unione europea.