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Le priorità di Ursula von der Leyen

Ue: stile vita europeo, incubo identitario e sogno comune

12 Dic 2019 - Fabio Raspadori - Fabio Raspadori

Sharing the same bed, dreaming different dreams (dormire nello stesso letto, ma non fare gli stessi sogni). E’ un detto cinese, che si ritiene sia stato usato da Zhou Enlai (primo capo di governo della Repubblica popolare cinese) in riferimento alla cosiddetta ‘grande distensione’ tra Stati Uniti e Unione sovietica degli Anni Sessanta. Mi sembra che la frase calzi alla perfezione per descrivere il rapporto che esiste oggi tra gli Stati europei. Condividono un grande letto fatto di istituzioni, politiche, bilanci e trattati; ma non sono capaci di fare un sogno comune.

Il sogno, la visione, il progetto ideale, lo avevano forse i padri fondatori negli Anni Cinquanta. Ora è caparbiamente coltivato da uno sparuto manipolo di irriducibili federalisti, nascosti tra le pieghe di comunità nazionali sempre più concentrate su se stesse. E certamente, il sogno è del tutto assente dalle menti dei governati dei 28 Paesi che formano l’Unione europea.

Non parliamo di ideologie, ma di una visione condivisa sul ruolo che vorremmo affidare all’Unione europea per vincere le sfide poste dalla modernità. Questa è la natura del sogno, del lucido progetto politico che deve essere concepito e coralmente perseguito, se si intende mantenere in vita e ridare slancio all’intero processo di integrazione.

Le priorità della nuova Commissione europea
Ed è a queste prospettive che riteniamo guardi la nuova Commissione europea nel fissare, tra le sei priorità del suo mandato, quella di “promuovere lo stile di vita europeo”. In realtà, molti si sono dichiarati scettici, se non apertamente ostili rispetto a questa scelta. Così, tra gli altri, il professore emerito di storia moderna alla Normale di Pisa Adriano Prosperi, secondo il quale dietro l’espressione ‘stile di vita europeo’ si celerebbe la volontà di “proteggere gli europei contro chi viene da fuori” e di imporre ai cittadini degli Stati membri un’identità europea che non esiste.

Probabilmente ciò che dà fastidio di questo richiamo è la possibile assonanza con le condizioni di benessere, se non di vero e proprio privilegio, nelle quali noi europei ci troviamo a vivere rispetto alla maggior parte degli abitanti dei Paesi poveri del pianeta. Sì, forse si poteva utilizzare una formula più appropriata; ma la sostanza della priorità non ha nulla a che vedere né con l’arroccarsi in posizioni di ingiustificato vantaggio né con l’imporre un’artificiale omologazione interna a fittizi modelli unici europei.

Per rendersene conto basta leggere “A Union that strives for more, My Agenda for Future”, il programma nel quale la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiarisce il significato delle sei priorità del nuovo Esecutivo di Bruxelles.

Nella quarta, “Protecting our European way of life”, in primo luogo si afferma che il nocciolo del concetto di ‘stile di vita europeo’ sta nei valori comuni (sanciti nell’art. 2 del Trattato sull’Unione europea) e in particolare nel rispetto del principio dello stato di diritto. A questo riguardo la von der Leyen sottolinea che “non possono esserci compromessi se si tratta di difendere i nostri valori fondamentali. Le minacce allo stato di diritto attentano alle basi legali, politiche ed economiche dell’Unione”.

Si tratta, quindi, di difendere e promuovere principi quali: democrazia, libertà fondamentali, tolleranza, rispetto delle minoranze, diritti umani. Sul punto, nessuna incertezza: è questa l’irrinunciabile identità europea, forgiata nel vecchio continente attraverso immani tragedie e straordinari avanzamenti della conoscenza umana.

I temi chiave dell’immigrazione e della cooperazione
Inoltre, a chiarire che lo ‘stile di vita europeo’ non ha nulla a che vedere con il ripudio dell’altro, la presidente esplicita che in tema di immigrazione gli intenti della Commissione sono: europeizzare i sistemi di controllo e salvataggio alle frontiere, rendere più equi e solidali i meccanismi di asilo e accoglienza e, soprattutto, rafforzare la cooperazione con gli Stati terzi di provenienza al fine di evitare che tante persone siano costrette a fuggire dalle proprie case a causa di guerre, instabilità, povertà e violazioni dei diritti umani.

A dimostrazione che si fa subito sul serio, la prima missione fuori dall’Europa compiuta dalla presidente von der Leyen è stata ad Adis Abeba in Africa, dove ha consegnato nelle mani del primo ministro etiope, Abiy Ahmed, insignito quest’anno del premio Nobel della pace, un assegno di 170 milioni di euro per sostenere ulteriormente il processo di pace e democratizzazione in corso in quel Paese.

Questa posizione, poi, è pienamente confermata dal commissario greco Margaritis Schinas, nuovo vice-presidente della Commissione, incaricato di ‘proteggere il nostro stile di vita europeo’. Nell’audizione resa al Parlamento europeo il 3 ottobre 2019, il neo-commissario ha ribadito con chiarezza ed entrando nei dettagli cosa debba intendersi per “promuovere lo stile di vita europeo”.

Sarà sufficiente questa priorità per consentire agli europei di avere un sogno comune? Probabilmente no; ma a nostro avviso la direzione intrapresa è quella giusta.