IAI
Un secondo convegno l'11 dicembre a Roma

Difesa: la minaccia Nbcr, uno scenario in evoluzione

9 Dic 2019 - Karolina Muti, Paola Tessari - Karolina Muti, Paola Tessari

Dal 27 al 29 novembre si è tenuta a L’Aja la 24a sessione della Conferenza degli Stati parte della Convenzione sulla Proibizione delle Armi chimiche. La Convenzione riunisce 193 Paesi e, dalla sua entrata in vigore nel 1997, il 93% dei depositi di armi chimiche dichiarati è stato eliminato. Il direttore generale dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi chimiche, l’ambasciatore Fernando Arias, ha ricordato nel messaggio di apertura della Conferenza, le sfide attuali e future rappresentate dal ritorno all’utilizzo di armi chimiche. Non sono da escludere infatti attacchi terroristici con l’uso di agenti nucleari, biologici, chimici o radiologici (Nbcr) che, specialmente in contesti di Stati falliti o fragili, e spesso privi di controllo su tutto il proprio territorio, possono essere facilmente reperiti da gruppi o individui estremisti.

Basti pensare all’utilizzo di armi chimiche in Siria da parte del sedicente Stato islamico, l’Isis, oltre che all’attacco/attentato all’ex spia russa Yuri Skripal e alla figlia, avvenuto con l’uso dell’agente nervino Novichok a Salisbury lo scorso marzo 2018.

I plurimi fattori di rischio
Un attacco terroristico con armi convenzionali o con armi bianche, un esplosivo nel primo caso, o un coltello nel secondo, paga di più ed è relativamente più semplice da compiere. Tuttavia, l’uso dell’agente Nbcr, per via delle sue caratteristiche, ha potenzialmente un impatto psicologico maggiore. L’invisibilità e l’intangibilità di questo tipo di armi moltiplica l’effetto panico e psicosi di massa, rendendo dunque questo tipo di attacco particolarmente alettante dal punto di vista dell’attentatore.

Il rischio Nbcr, tuttavia, deriva anche da azioni non intenzionali, quali incidenti industriali e disastri ambientali che possono avere conseguenze devastanti. Fra questi, si pensi all’incidente che, a seguito di uno tsunami, coinvolse la centrale nucleare di Fukushima nel marzo del 2011, causando il rilascio di materiale radioattivo. L’incidente di Fukushima è stato, dopo quello di Chernobyl nel 1986, il maggior disastro nucleare non intenzionale della storia, tanto da esser stato classificato come ‘incidente maggiore’ nella International Nuclear and radiological Event scale, categoria che fino al 2011 comprendeva solo il caso di Chernobyl.

L’Italia non è stata esente da eventi di tipo Nbcr. Nel 1976 un incidente nell’azienda chimica Icmesa a Seveso causò la fuoriuscita di diossina Tcdd e investì una vasta zona limitrofa, provocando un disastro ambientale che portò alla creazione della direttiva europea 82/501/Cee per la prevenzione dei grandi rischi industriali, nota anche come ‘Direttiva Seveso‘.

Un altro fattore di rischio è legato all’ampio utilizzo in ambito civile di alcune sostanze potenzialmente pericolose, in particolare di tipo chimico e biologico, che sono quindi facilmente accessibili anche a chi agisce con finalità terroristiche. Inoltre, l’aumento degli scambi commerciali dovuto alla globalizzazione e all’industrializzazione, e dunque la crescente quantità di merci, anche pericolose, che circola quotidianamente in Italia e sulle rotte internazionali coinvolge infrastrutture critiche come porti, autostrade e aeroporti, rendendo questi ambienti più vulnerabili.

L’approccio europeo alla questione
La minaccia dell’uso di agenti Nbcr ha acquisito sempre maggior rilevanza, portando all’adozione di importanti misure a livello europeo e internazionale. Con particolare riferimento alla dimensione europea, fra le maggiori iniziative volte a far fronte a tale minaccia rientra l’Action Plan to enhance preparedness against chemical, biological, radiological and nuclear security risks (2017), che parla nello specifico dell’uso a fini terroristici di tali agenti, e l’Action Plan to support the protection of public spaces (2017) che fa riferimento all’importanza di rafforzare le azioni per rilevare la presenza di agenti Nbcr oltre che approfondire lo studio della vulnerabilità e migliorare la resilienza dei possibili obiettivi di attentati.

Non casualmente, l’Nbcr Action Plan si pone come primo obiettivo quello di ridurre la disponibilità di materiale Nbcr, oltre che migliorare la preparazione, la risposta e la conoscenza relativa a rischi di tale natura e rafforzare i legami con attori regionali e internazionali per garantire la sicurezza. Nell’ottica di rafforzare la preparazione degli Stati membri di fronte alla minaccia Nbcr, e per favorire quindi l’attuazione di misure efficaci, la Commissione europea ha approvato il finanziamento di 48 progetti di ricerca nel settore sicurezza per un totale di 195 milioni di euro a partire dal Settimo programma quadro (2007).

Rientrano fra questi, tre progetti avviati recentemente che vedono la partecipazione dello Iai. Il progetto Including (Innovative Cluster for Radiological and Nuclear Emergencies, 2019-2024) e due progetti della durata di 24 mesi, Resist (Resilience Support for Critical Infrastructures’ through Standardized Training on Cbrn) e Euprotect (Development of New Solutions for the Protection of European Citizens and Infrastructures Against Terrorist Threats).

Il panorama italiano
In Italia sono numerosi gli enti attivi nel settore, che lavorano per una migliore gestione del rischio Nbcr che è, per sua natura, un rischio multidisciplinare. Ne consegue che anche l’azione di mitigazione del rischio, nonché la risposta a un’eventuale emergenza, vede coinvolti attori con profili di ordine pubblico, sicurezza e difesa, del mondo dell’università e della ricerca, del privato.

Con questa consapevolezza, e per fronte alla necessità di un approccio intersettoriale, il Cluster italiano Cbrn – P3 organizza il convegno “Sicurezza globale e difesa dal rischio Cbrn” che si terrà l’11 dicembre a Roma.