Ue: Commissione von der Leyen al via fra sogni e realtà
Il risultato del voto di fiducia del Parlamento europeo a favore della nuova Commissione europea è da maggioranza “bulgara”, come si usa dire da noi. Ben 461 suffragi a favore, 157 no e 89 astenuti. Una delle performance migliori nella storia delle diverse Commissioni che si sono succedute nel tempo. Un risultato, fra il resto, in netto contrasto con la votazione di luglio sulla stessa presidente, Ursula von der Leyen, che si era dovuta accontentare di un risicato margine di soli 9 voti di vantaggio.
Insomma, sembra che alla fine, in questi pochi mesi, siano cambiati l’umore dei parlamentari europei e le prospettive di lavoro per la nuova Commissione, che teoricamente può contare su una rassicurante maggioranza. In realtà, le cose non stanno proprio così. Era abbastanza ovvio che il Parlamento di Strasburgo dovesse dare una risposta di forte sostegno al nuovo esecutivo, dopo avere rigettato ben tre candidature a commissario – fra cui quella “pesante” della Francia – e di conseguenza obbligato a rinviare l’insediamento della Commissione di ben un mese. Per di più, la maggioranza che si è formata in questo caso ha, come noto, basi di gran lunga meno solide di quelle che tradizionalmente hanno sostenuto le politiche della Commissione: è composta da tre forze politiche (popolari, socialdemocratici e liberali) al posto di due e può facilmente essere rovesciata su temi delicati come l’immigrazione, dove tende a prevalere l’interesse nazionale dei singoli partiti che la compongono. La dimostrazione si è avuta poche settimane fa con la bocciatura di una risoluzione parlamentare che chiedeva agli stati una politica di “porti aperti” per le navi delle Ong cariche di migranti.
Il libro dei sogni
A parte queste cautele di fondo non vi è dubbio che il Parlamento abbia accolto con una certa soddisfazione il programma di von der Leyen dai caratteri visionari e di lunga portata. Al primo punto, come ovvio, si colloca il Green Deal europeo con l’obiettivo ambizioso di emissioni zero entro il 2050. Ma anche il resto delle promesse suonano bene alle orecchie dei parlamentari, come sul piano sociale l’idea di un salario minimo garantito a livello europeo o la volontà di sostenere le politiche di parità di genere attraverso l’equiparazione dei salari fra uomini e donne.
Oppure ancora il grande tema della digitalizzazione, con uno sguardo di particolare attenzione sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e le sue conseguenze sul piano etico e del lavoro. Difficile quindi dire no a questi capisaldi della politica dell’Unione, cui si aggiungono naturalmente una grande lista di dettagliate promesse, dalla revisione del Trattato di Dublino sui temi dell’immigrazione al rilancio massiccio delle politiche di cooperazione allo sviluppo, in particolare nei confronti dell’Africa, dalla volontà di dare impulso al ruolo internazionale dell’Unione alle proposte di una reale politica di difesa comune.
Insomma un libro dei sogni sicuramente attraente ma di difficilissima attuazione.
Il peso della realtà
In effetti, già da subito la Commissione von der Leyen sarà costretta a confrontarsi con una realtà che lascia pochi dubbi sui limiti che questa politica riformista finirà per incontrare fin dal primo giorno. La questione centrale sarà quella del futuro bilancio pluriennale 2021-2027 che dovrebbe essere drasticamente modificato se si vorranno accogliere le proposte della Commissione.
Già il Consiglio europeo del 12 dicembre dovrà cercare di concordare le linee del negoziato di bilancio da sviluppare nel corso del prossimo anno. Sembra davvero irrealistico pensare che si decida in quella sede di aumentare il bilancio dell’Ue oltre i modesti limiti attuali, anche perché molto probabilmente si dovrà colmare il minore contributo risultante dall’uscita definitiva del Regno Unito. Parimenti complicato potrà poi essere il tentativo di fare approvare un ridimensionamento di alcune voci di bilancio, ad esempio quelle agricole, a favore di altre più innovative, come la digitalizzazione o il 30% di aumento dei fondi di sviluppo come indicato da Ursula von der Leyen.
A complicare poi la promettente agenda della Commissione potrà essere proprio lo shock, il 31 gennaio, dell’addio di Londra e la necessità di aprire un difficile negoziato per regolare i futuri rapporti con l’Unione con tutte le conseguenze finanziarie e commerciali che ciò potrà comportare.
Né si potranno facilmente accantonare le difficoltà che il rifiuto dell’apertura dei negoziati di adesione per Albania e Macedonia del Nord da parte di Emmanuel Macron e di alcuni altri leader hanno creato alle politiche europee nei confronti dei Balcani occidentali: il tempo per formulare nuove proposte è davvero breve, poiché a maggio è previsto a Zagabria, sotto la presidenza di turno croata del Consiglio, un summit Ue- Balcani su eventuali nuove idee in materia di allargamento.
Un’agenda per il futuro dell’Europa
Insomma l’agenda della realtà, che non si limita davvero ai pochi argomenti appena ricordati, rischia già da subito di allontanare dai propri ambiziosi obiettivi di fondo la nuova Commissione. Forse ad aiutarla nel suo cammino verso orizzonti più elevati potrà intervenire la proposta inizialmente formulata dalla stessa von der Leyen di una Conferenza sul futuro dell’Europa.
Proposta che nelle stesse ore del voto è stata raccolta dal tradizionale duo Francia/Germania in un documento informale che tratteggia i caratteri di questa iniziativa con due novità importanti: la prima che fissa un cronoprogramma dettagliato, da gennaio 2020 a giugno 2022, e la seconda che arriva addirittura ad accennare a possibili revisioni dei Trattati per rendere effettive le eventuali novità nell’assetto istituzionale dell’Ue. Bisognerà ora vedere se gli sforzi combinati di Parlamento europeo, Commissione e di alcuni Stati membri potranno davvero aprire questa stagione di riforme. Ma non bisogna dimenticare che l’attore principale di questa iniziativa continuerà ad essere il Consiglio europeo, al cui interno come è noto vale la regola dell’unanimità.
Viste le prime caute e scettiche reazioni a queste proposte è da dubitare che si stia davvero aprendo un luminoso futuro per l’Unione europea. Una continua pressione in questa direzione della Commissione, assieme al Parlamento europeo, potrà fare la differenza. Ma la loro debolezza politica lascia davvero poche illusioni sul fatto che ciò potrà bastare.
Foto di copertina © Isopix/Isopix via ZUMA Press