Fincantieri – Chantiers de l’Atlantique: Ue apre indagine su acquisizione
Un diffuso stupore ha suscitato in questi giorni la decisione della Commissione europea di avviare un’indagine approfondita sull’acquisizione da parte di Fincantieri della maggioranza dei Chantiers de l’Atlantique (ex-STX France), a valle di quella già sviluppata a partire da gennaio.
Quattro dubbi
Innanzi tutto vi sarà un ulteriore allungamento dei tempi dell’operazione: l’ultimo accordo fra il Governo francese e Fincantieri, con l’appoggio del Governo italiano, risale al settembre 2017 e prevedeva il trasferimento dell’1% che avrebbe dato al gruppo italiano la maggioranza assoluta (seppure limitata al 51% con un 1% ‘prestato’ dal Governo francese per 12 anni) o, meglio, l’avrebbe ‘ridata’ (per di più ridotta), visto che Fincantieri se ne era aggiudicato nel gennaio precedente il 66% dalla procedura di fallimento di STX (il precedente proprietario sud-coreano) presso il Tribunale di Seul.
Per inciso in quell’occasione non vi erano state altre proposte industriali e Fincantieri aveva previsto un investimento di soli 80 milioni di euro, a conferma che, comunque, i cantieri francesi non erano e non sono la ‘gallina dalle uova d’oro’. Come ha osservato il Ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire a Cernobbio lo scorso settembre (quindi ad un anno dall’accordo e prima del nuovo rinvio della decisione della Commissione europea), “in Europa tutto si muove troppo lentamente e ci si deve rendere conto di questo. Non possiamo aspettare 6 mesi, 12 mesi, 18 mesi per una decisione della Commissione”. Purtroppo, in questo caso, abbiamo già oltrepassato anche l’ultimo limite.
In secondo luogo non si capisce che cosa resti da approfondire: il mercato crocieristico e il settore cantieristico sono stati oggetto di molteplici studi. Trattandosi di attività civili, non vi sono dati ‘sensibili’. Perché, quindi, i tempi si sono dilatati e non si arriva a una decisione?
In terzo luogo, non sembra esservi una corretta scala di priorità nell’attenzione che la Commissione pone giustamente al tema della concorrenza: non tutti i settori hanno la stessa rilevanza sul piano strategico e nemmeno su quello della tutela dei consumatori. L’attività crocieristica ha una grande importanza sociale per i Paesi coinvolti nella produzione (alta intensità di manodopera e lunga e ampia catena di sub-fornitori) e ha una caratteristica peculiare nella distribuzione del reddito generato: le navi sostano in moltissimi Paesi favorendo le economie locali sia con i consumi dei turisti (che, per altro, in gran parte non sono cittadini europei) sia con gli approvvigionamenti delle navi da crociera. Contano più le tecnologie di processo che di prodotto: bisogna saper programmare il lavoro di migliaia di addetti in spazi ristretti e la produzione delle migliaia di parti che compongono una nave da crociera che devono arrivare in cantiere al momento giusto, né un giorno prima né un giorno dopo. Conta il design sia strutturale sia nella distribuzione degli spazi e negli arredi. Detto questo, però, non si può enfatizzarne il valore strategico.
In quarto luogo, l’integrazione fra Fincantieri e Chantiers de l’Atlantique serve ad ambedue i gruppi: il primo potrebbe completare la sua offerta con le super-navi realizzate a Saint-Nazaire, il secondo potrebbe avvalersi della maggiore esperienza maturata dal gruppo italiano nella contemporanea gestione di un elevato numero di costruzione navali (con una posizione di forza nei confronti dei sub-fornitori): sulla carta, quindi, un matrimonio perfetto. Non a caso è stato perseguito fa Fincantieri in un’ottica industriale, finanziaria e commerciale. Se non ci fosse stato l’intervento ‘politico’ del Governo francese, avrebbe già potuto essere concluso (a questo proposito ci si potrebbe domandare come mai la Commissione non abbia avuto niente da ridire sulla nazionalizzazione decisa dal Governo francese per bloccare l’acquisto da parte di Fincantieri dei Chantiers de l’Atlantique: ci si è dimenticati del rischio di un occulto aiuto di Stato e di un’effettiva alterazione dei principi della concorrenza?).
Concorrenza e globalizzazione
Infine, il settore cantieristico presenta dei bassissimi margini, anche a causa del lungo ciclo di lavorazione. Per questo, in fondo, dietro ai due principali attori internazionali, Fincantieri e i Chantiers de l’Atlantique, ci sono e ci resteranno lo Stato italiano e quello francese (con gli inevitabili rischi per il mito della concorrenza). La verità è che se la Commissione dovesse vietare la prevista integrazione italo-francese, la concorrenza non sarebbe affatto garantita. Se poi si considera l’interesse per il settore manifestato dalla Cina, la riflessione dovrebbe, caso mai, spingere proprio verso la creazione di un campione europeo che possa sostenere la sfida. E poiché non vi sono alte barriere tecnologiche e industriali all’accesso, bisogna farlo velocemente, saturando ancora di più il mercato e fidelizzando le compagnie che gestiscono le crociere. Non è un problema di concorrenza europea, ma globale.
È possibile che l’attuale Commissione abbia preferito lasciare alla nuova che sta per insediarsi una decisione che, se positiva, potrebbe risultare in contrasto con quella assunta lo scorso febbraio contro l’acquisizione della francese Alsthon da parte della tedesca Siemens per realizzare un campione europeo in campo ferroviario.
La speranza è che il Governo italiano riesca a far comprendere alle Istituzioni europee che questa concentrazione industriale fra Fincantieri e Chantiers de l’Atlantique va approvata non tanto e non solo nell’interesse dell’Italia (e della Francia), ma anche in quello dell’Europa, favorendo un suo nuovo e più efficace approccio alle sfide della globalizzazione. Una mano in questa direzione la potranno dare tre politici italiani, sul cui europeismo non vi possono essere dubbi: il nuovo commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (che è anche, seppure indirettamente, l’azionista di riferimento di Fincantieri).