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Presentate le linee programmatiche

Difesa: le scelte del ministro Guerini, quando il gioco si fa duro

2 Nov 2019 - Alessandro Marrone - Alessandro Marrone

Un debutto all’altezza di tempi difficili e complicati. Così appaiono le linee programmatiche presentate dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini pochi giorni fa in Parlamento, che tracciano la sua visione su una serie di importanti dossier dal Sahel alla Cina passando per Libia, Balcani e Russia, avendo Nato ed Ue come punti di riferimento e le risorse come problema prioritario.

Il riconoscimento della specificità militare
Il punto di partenza di Guerini è il riconoscimento politico-culturale della specificità del mondo militare. Una discontinuità netta con la priorità data dal predecessore Elisabetta Trenta alla funzione concorsuale di sostegno alle autorità civili, portata all’eccesso di impegnare l’Esercito sullo stato delle strade di Roma.

Di conseguenza, le linee guida prevedono la revisione dell’operazione Strade Sicure, in corso ormai da 11 anni e che impegna sul territorio nazionale più uomini (7.000) di quanti siano attivi nelle missioni all’estero. Un compito “gravoso” in termini di risorse, che, soprattutto, può essere meglio svolto da Carabinieri e Polizia il cui mandato e addestramento rispondonko esattamente alle esigenze di sicurezza interna. Bisognerà ora vedere se l’impegno a ‘rivedere’ la missione porterà come sarebbe logico alla sua chiusura, e in che tempi.

Russia, Cina e Nato sempre più interconnesse
Tutto il focus dello strumento militare che si riposiziona più in linea con il contesto globale. Guerini prende esplicitamente atto della “assertività” russa che si è posta in “diretto confronto” con Nato e Ue, riaffermando la tradizionale linea italiana del “doppio binario” basato sulla deterrenza ad Est e il dialogo per distendere i rapporti con Mosca ed arrivare a “un confronto su basi meno competitive”.

Più innovativa l’affermazione che “il ritmo della crescita cinese, anche militare, rappresenta una sfida anche per la nostra sicurezza”. Una valutazione già espressa non solo dagli Stati Uniti, che stanno perseguendo una strategia di contenimento a tutto campo della Cina, ma anche dall’Ue che nella strategia del 2019 definisce Pechino un “rivale sistemico” che promuove modelli di governance autoritari e alternativi a quello europeo.

Non a caso, nel 2019 le preoccupazioni verso la Cina sono state spesso dibattute anche in ambito Nato. Un dibattito che non ha ancora affrontato adeguatamente una questione cruciale, che l’Italia potrebbe e dovrebbe porre: se la Cina è un rivale sistemico, non diventa prioritario trovare con la Russia una soluzione per l’Ucraina che riavvicini Mosca all’Occidente, staccandola dall’abbraccio con Pechino?

‘Mediterraneo allargato’e dialogo con Parigi
Tale confronto geopolitico, in un mondo multipolare dove è più frequente l’uso della forza armata, si somma alla minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamica e all’instabilità della regione del ‘Mediterraneo allargato’ – che nella tradizionale visione italiana va dall’Atlantico all’Oceano Indiano, abbracciando Nord Africa e Sahel, Medio Oriente e Corno d’Africa. In questa regione, per Guerini la “priorità strategica nazionale” è la Libia, dove una soluzione politica prima che militare non può prescindere dal quadro regionale, dalla Tunisia al Niger. In particolare nel Sahel si intende “rafforzare le sinergie con la Francia”.

Gli interessi e l’approccio francesi sono in parte convergenti e in parte divergenti rispetto a quelli italiani, ed è quindi necessario un dialogo strategico con Parigi che porti a un compromesso e a una posizione comune per la stabilizzazione della regione. Anche perché il disimpegno americano dal Mediterraneo ha aperto la porta alla penetrazione russa e cinese, quest’ultima già ben avanzata in Africa, e i contrasti tra europei assomigliano sempre di più ad una guerra tra poveri a tutto vantaggio delle vere potenze mondiali.

Inoltre, il ministro preannuncia una maggiore presenza militare navale nel Mediterraneo orientale, assolutamente necessaria viste le tensioni con la Turchia e l’importanza degli interessi energetici italiani nell’area, e un’attenzione alle iniziative europee nel Golfo – che potrebbero includere anche una missione navale Ue a favore della libertà di navigazione.

La modernizzazione di forze armate full spectrum…
Nel complesso, lo strumento militare italiano è quindi chiamato a continuare le missioni di stabilizzazione in corso, dalla Libia al Kosovo, dal Libano all’Afghanistan, preparandosi al tempo stesso per le crescenti tensioni geopolitiche e per un confronto diretto dell’Occidente, in modi e misure diverse, sia con la Cina che con la Russia. Se questa è la premessa, la logica conseguenza è una modernizzazione delle capacità militari italiane per assolvere tutto lo spettro delle operazioni, incluso il dominio cibernetico.

Modernizzazione vuol dire investimenti, tasto dolente per ogni ministro della Difesa che trova nella legge di bilancio sempre una coperta troppo corta. Nelle linee programmatiche vi è l’impegno ad aumentare il budget della difesa in linea con la media dei Paesi europei, che a differenza dell’Italia stanno tutti tendendo, a diverse velocità, verso l’obiettivo del 2% da loro stessi fissato nel vertice Nato del 2014. Impegno quantitativo che deve realizzarsi assieme a un altro impegno qualitativo, espresso nel documento, ovvero l’aumento delle spese nell’esercizio – addestramento, esercitazioni, manutenzione dei mezzi, ecc – razionalizzando il patrimonio immobiliare della difesa.

…e la stabilità degli investimenti necessari
Altrettanto importante è per Guerini l’impegno sulla stabilità dei finanziamenti, con l’intenzione di istituire uno strumento triennale di investimenti. Ciò darebbe la possibilità alla difesa di programmare in modo più efficiente l’acquisizione degli equipaggiamenti e all’industria di fare meglio la propria parte quanto a investimenti, ottenendo quindi migliori risultati anche a parità di fondi. Inoltre, la certezza finanziaria è cruciale sia per porsi in maniera credibile nei programmi internazionali, ottenendo quindi migliori ritorni tecnologici ed industriali, sia per accedere ai co-finanziamenti del European Defence Fund (Edf) – 13,5 miliardi di euro in 7 anni.

Co-finanziamenti fondamentali per una politica industriale che, secondo le linee guida, riconosce nell’industria dell’aerospazio, sicurezza e difesa una “componente strategica della nostra sovranità nazionale, perché ci consente di non dipendere da tecnologia e prodotti esteri”.

Una sovranità nazionale declinata nel campo della difesa, stavolta in continuità con tutti i precedenti governi, nel quadro europeo e transatlantico. In particolare, si fa proprio l’obiettivo per l’Ue di raggiungere, “in prospettiva ed in sinergia con la Nato, una maggiore autonomia strategica, sia tecnologico-industriale sia in termini di capacità di intervento”. Le linee guida ddi Guerini indicano una chiara prospettiva europeista, politica prima che operativa e finanziaria, all’interno della quale si collocano la Permanent Structured Cooperation (Pesco) e l’Edf.

Proprio la dimensione europea richiederà un forte lavoro di adeguamento di struttura e modus operandi del Ministero della Difesa, perché sempre di più le capacità militari del futuro saranno pensate, sviluppate e finanziate in ambito europeo e in particolare Ue, con una cascata di conseguenze militari, industriali, e politiche. Il gioco si fa duro in termini di cooperazione rafforzata e competizione costruttiva con i partner europei, nel quadro di un Occidente che deve confrontarsi con Russia e Cina. La ricreazione è finita.