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La decisione di Trump e l'attacco curdo

Siria: Gibson, ritiro Usa “una sconfitta morale e strategica”

27 Ott 2019 - Francesca Caruso - Francesca Caruso

Il ritiro degli Stati Uniti dal nord della Siria è un disastro morale e strategico. Perché invia il terribile messaggio che l’America non sostiene i suoi alleati; e la rende terribilmente debole in un momento in cui vi è una sorta di rinascita russa nella regione”.  Per Bryan Gibson, autore del libro “Sold Out? US Foreign Policy, Iraq, the Kurds, and the Cold War”, professore di Storia all’Università delle Hawai del Pacifico, la decisione di Donald Trump di abbandonare il territorio siriano è una sorta di punto di non ritorno nella storia delle relazioni tra Washington e il Medio Oriente. AffarInternazionali ha raccolto le sue dichiarazioni prima della notizia dell’uccisione di Abu Bakr al-Baghdadi ad opera di un commando americano.

Bryan GibsonProfessor Gibson, il 24 ottobre il Parlamento europeo ha fermamente condannato l’intervento del presidente turco Tayyip Recep Erdogan e ha chiesto il ritiro di tutte le truppe turche dal territorio siriano. È un buon segno, ma cosa deve fare l’Europa per riavere dell’influenza nella regione…
Bryan Gibson – Il fatto che l’Ue condanni la Turchia e avverta che l’operazione militare è una violazione del diritto internazionale è un buon segno perché sottolinea la serietà della situazione. Detto questo, l’Europa può esercitare delle vere e proprie pressioni sulla Turchia solo attraverso le sanzioni economiche. Purtroppo, la decisione del 23 ottobre dell’amministrazione Trump di ritirare le sue ‘sanzioni’ contro la Turchia mina qualsiasi ripercussione che una qualsivoglia sanzione europea possa avere, in attesa che si adottino azioni più dure. Ma l’Europa deve essere molto chiara con Erdogan nel dichiarare che non lo premierà per ciò che sta facendo.

Il ritiro americano dal nord della Siria, che ha de facto dato il via libera a Erdogan, segna un punto di non ritorno nella storia delle relazioni tra gli Usa e il Medio Oriente?
Gibson – Il ritiro dalla Siria invia, a tutti gli alleati americani nella regione, il terribile messaggio che gli Stati Uniti non sostengono i loro alleati. Tutti sanno che i curdi hanno avuto un ruolo centrale nella sconfitta dello Stato islamico, eppure Trump ha loro voltato le spalle. Peggio ancora: tutto questo rende gli Stati Uniti incredibilmente deboli, in un momento di rinascita russa, in una regione in cui gli l’America ha trascorso quasi 75 anni nel tentativo di tenerne lontani i russi. È un disastro morale e strategico.

Le relazioni tra Stati Uniti e curdi hanno avuto alti e bassi per decenni però… Per quale motivo Washington è sempre stato reticente nel sostenere l’indipendenza curda?
Gibson – I curdi sono un gruppo di persone senza sbocco sul mare, circondati da tutte le parti da potenze ostili come la Turchia, l’Iran, l’Iraq e la Siria. Il problema è che il Kurdistan, per potere sviluppare attività economiche, dovrà sempre fare affidamento sulla carità di poteri esterni dal momento che non avrà mai uno sbocco al mare.

Per più di un decennio gli Stati Uniti, insieme all’Iran e a Israele, hanno sostenuto i curdi in Iraq. Qual era la loro strategia?
Gibson – Gli Stati Uniti, Israele e l’Iran hanno aiutato i curdi durante tutta una fase della loro ribellione contro vari regimi nazionalisti arabi di Baghdad che è andata dal ’61 al ’75. Questo sostegno riposava su una strategia ben precisa, che mirava a tenere impegnato l’esercito iracheno a gestire i problemi interni – in questo caso i curdi – per evitare che fosse schierato su altri fronti esterni come quello iraniano, israeliano e di altri alleati americani nella regione, come il Kuwait.

Dopo il ’75 cosa è successo?
Gibson – Nel 1974, scoppiarono importanti combattimenti tra l’esercito iracheno e i curdi, portando a importanti interventi iraniani e israeliani nel nord dell’Iraq. Tuttavia, a differenza dei precedenti round di combattimenti, l’esercito iracheno fu in grado di avanzare anche durante i mesi invernali, portando lo Scià iraniano a concludere che i curdi “non avevano più il fegato per combattere”. Questo condusse lo scià a siglare un accordo, noto come ‘Accordo di Algeri’, con Saddam Hussein, a margine di una conferenza dell’Opec nel marzo 1975.

Quali sono state le conseguenze dell’Accordo di Algeri?
Gibson – In breve, l’accordo ha eliminato il sostegno iraniano (e quindi americano e israeliano) ai curdi, in cambio di una concessione di frontiera minore lungo la via navigabile dello Shatt al-Arab (che va da Bassora al Golfo), da sempre desiderato dallo Scià. Questo ha permesso all’Iraq di scatenare il suo esercito contro i curdi, che sono stati massacrati, sono fuggiti in Iran o sono stati presi in ostaggio e infine giustiziati dal regime di Saddam Hussein.