Francia: Breton commissario europeo, la posta in gioco
Dopo la bocciatura della candidatura dell’ex eurodeputata e ministra Sylvie Goulard da parte del Parlamento europeo, la Francia ha designato Thierry Breton come nuovo candidato commissario europeo.
Breton, presidente e ceo della società Atos, era stato ministro dell’Economia dal 2005 al 2007 negli ultimi anni della presidenza di Jacques Chirac. Ha un curriculum piuttosto eclettico, che va dagli studi in Ingegneria elettronica fino alla presidenza di Atos, passando per la creazione di start-up tecnologiche. Con questo profilo aziendale e politico, la Francia dà chiaramente la priorità al mantenimento del portafoglio di commissario europeo già attribuito a Sylvie Goulard: una responsabilità che include la politica industriale, il rafforzamento del mercato interno, il digitale, la difesa e lo spazio .
Va ricordato che già nel 2016, Breton si fece promotore della creazione di un fondo europeo per la sicurezza e la difesa, iniziativa nell’ambito della quale potè avvicinarsi alla ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen. Anche se il progetto che prevedeva un regime di favore per gli investimenti pubblici già compiuti nel settore della difesa non fu poi adottato, il Fondo europeo per la Difesa è rimasto e rappresenta uno dei risultati più rilevanti ottenuti dalla Commissione uscente.
La carriera di Thierry Breton lo ha portato al vertice di aziende tecnologiche come Bull, Thomson multimedia, France Telecom, per finire con Atos. Breton ha quindi una notevole esperienza nel campo delle politiche industriali del digitale e delle telecomunicazioni, competenza che ben corrisponde al portafoglio in gioco.
Il gruppo Atos era piuttosto modesto quando Breton ne prese le redini nel 2008. Oggi, Atos è cresciuta, quintuplicando il suo valore in Borsa. L’integrazione delle attività di Information Technology di Siemens dentro ATOS ha fatto compiere all’azienda un balzo in avanti e rappresenta anche la principale operazione di fusione industriale franco-tedesca dopo Airbus. ATOS è oggi un’azienda di tecnologia di avanguardia per la creazione di capacità europee di supercalcolatori e l’unica impresa europea a sviluppare la tecnologia quantistica.
La priorità di una sovranità tecnologica
Altro aspetto interessante del profilo di Thierry Breton è il suo canale privilegiato con la Germania, che passa anche tramite la sua fama di serietà finanziaria, dovuta alla riduzione del debito da lui condotta quando era ministro dell’Economia di Chirac. Risale anche a questo periodo l’ottimo rapporto con Wolfgang Schäuble.
Possiamo quindi delineare i tratti di una personalità con un bagaglio industriale e politico di primissimo livello, che può vantare risultati importanti e capacità di gestione di strutture multinazionali. All’età di 64 anni, con la presidenza di Atos garantita, Breton si trova inoltre nella posizione di non dover ulteriormente progredire nella carriera ma di potersi dedicare a un mandato sul quale ha già espresso posizioni chiari. Tra queste, la necessità di rafforzare gli strumenti digitali europei, non soltanto da un punto di vista di sviluppo tecnologico, ma anche nella capacità di promuovere un indirizzo di politica industriale in grado di tenere conto delle problematiche di sovranità tecnologica, con al centro il controllo dei dati. Si tratta di un approccio che ben si inserisce nell’azione della Commissione in materia regolamentare, ma che viene rinforzata e prolungata con la volontà di investire in infrastrutture digitali europee che possano arginare il controllo esercitato da aziende americane o cinesi.
Va ricordato che Atos si è fatto il promotore di vari progetti di sviluppo di un “cloud europeo”, cioè un’ infrastruttura di stoccaggio e gestione dei dati autonoma nei confronti dalle grandi piattaforme tipo Aws o Alphabet, progetti che hanno anche vinto il sostegno della Commissione europea nell’ambito del programma pluriennale Horizon 2020. Breton dovrà scrupolosamente rispondere alle domande legate a potenziali conflitti di interesse, ma può vantare una vera competenza in materia di uso dei fondi europei per la ricerca e lo sviluppo.
Per una politica industriale digitale europea
L’obiettivo di sovranità digitale è stato espresso varie volte da Emmanuel Macron dopo la sua elezione e anche Berlino si è avvicinata a queste posizioni, soprattutto dopo le rivelazioni nell’ambito del caso Snowden che hanno incrinato la fiducia nei confronti del partner statunitense.
Assistiamo in Europa e anche negli Stati Uniti a prese di posizione critiche nei confronti delle piattaforme IT statunitensi, i giganti del web, in nome dell’Antitrust e della necessità di spezzare monopoli ingombranti. L’azione che Breton è chiamato ad incarnare si annovera quindi in un contesto particolare, dove vengono moltiplicate le critiche sulla gestione dei dati e sull’accelerazione tecnologica condotta dalle grandi aziende americane, mentre al contempo, la questione dei fornitori cinesi di tecnologia, Huawei o Zte, desta numerose perplessità.
Osserviamo quindi in Europa una convergenza a favore di una politica industriale digitale, con un forte investimento pubblico, sia nell’ambito delle infrastrutture (tipo cloud) sia delle tecnologie di processing dei dati (intelligenza artificiale, calcolatori quantistici). Questa convergenza viene espressa da settori tecnologici tradizionalmente forti in Europa (spazio, telecomunicazioni, elettronica, difesa) che si vedono minacciati dal carattere onnivoro delle piattaforme in grado di processare e trattare i dati.
Nel contesto italiano osserviamo anche dei segnali potenzialmente convergenti. Le recenti dichiarazioni di Alessandro Profumo per Leonardo e di Giuseppe Bono per Fincantieri sull’opportunità o meno di una fusione lasciano intravedere il carattere strategico del perimetro elettronico-sistemistico che queste aziende vogliono tutelare. D’altro canto un comparto di avanguardia come quello spaziale vede ormai gli attori porsi con insistenza il problema non soltanto della crescita dei sistemi prodotti, ad esempio i satelliti, ma soprattutto dei bisogni in materia di gestione dei dati prodotti, ormai completamente integrati in una catena di valore digitale. Questo rimanda all’insieme delle considerazioni sulle piattaforme e sul cloud europeo, necessarie non soltanto alla tutela dei dati ma anche alla definizione di modelli di business che possano crescere in modo autonomo.
Negli ultimi decenni l’Italia ha compiuto notevoli passi in avanti nella valorizzazione del comparto tecnologico industriale utilizzando le possibilità dei vari programmi quadri di ricerca e sviluppo fino all’ultimo Horizon 2020.
Le opportunità per l’Italia dal nuovo nome di Macron
L’eventuale nomina di Breton rappresenta uno dei tasselli di un’accelerazione in corso, dove non basta ragionare in materia di sviluppo di prodotto/filiera, ma bisogna affrontare il problema del controllo dei dati e della sovranità tecnologica a livello europeo, sia da un punto di vista regolamentare che di infrastrutture. Si tratta anche per l’Italia di un’opportunità da cogliere e far fruttare per mettere a sistema gli investimenti già compiuti. Ma si tratta soprattutto di una serie di scelte politiche che mettono al centro la questione del regime politico associato alla crescita tecnologica, ovvero della traduzione e il proseguimento delle forme democratiche anche nel contesto digitale.
Su Breton va fatto un ragionamento di interessi, quello non manca mai, ma va soprattutto fatto un ragionamento politico, per cogliere l’importanza di investimenti e tutele anche come ricerca di una via democratica europea. Le forze politiche italiane hanno spesso mostrato una grande sensibilità per questa visione etica, ci possiamo augurare che si compia la saldatura con un fortissimo comparto tecnologico-industriale per contribuire ad un’accelerazione che vada oltre il rapporto fra Parigi e Berlino.
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