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Per la sicurezza e contro i migranti

Sudafrica: fermenti di protesta ed episodi di xenofobia

5 Set 2019 - Serena Rosadini - Serena Rosadini

Da una settimana, Johannesburg è teatro di proteste politiche, vandalismi e episodi di violenta xenofobia. La capitale economica del Sudafrica è paralizzata da momenti di guerriglia urbana, razzie e scontri con la polizia.

L’innesco delle tensioni
Inizia tutto il 27 agosto, quando un tassista, Jabu Baloyi, viene ucciso a nord di Pretoria. Secondo le ricostruzioni dell’omicidio, il tassista stava cercando di allontanare alcuni spacciatori, che lo avrebbero colpito con un’arma da fuoco. Nella notte di sabato 31 agosto, un incendio doloso uccide tre persone a Jeppestown.

Alla reazione dei residenti del centro di Johannesburg, che da anni vivono una situazione di disagio e di insicurezza, seguono rivolte a Pretoria e in tutto il Sudafrica. I due incidenti mettono velocemente in moto una serie di eventi, con la folla che invade le strade del centro, vandalizzando negozi, facendo razzia e bruciando automobili. Il centro di Jo’burg, un tempo zona tranquilla e moderna, da circa vent’anni è un ghetto di criminalità e povertà, che si potrebbe definire una township centrale.

Oltre 90 persone vengono arrestate in due giorni, mentre il conto delle vittime sale a cinque. “Siamo in guerra”, commenta un tassista di Pretoria.

Un contesto socio-economico in via di deterioramento
Il Sudafrica è profondamente diviso da conflitti interni, che vedono la popolazione bianca e nera ancora nettamente separate da un’ineguaglianza sociale ed economica che si trascina dall’abolizione dell’apartheid negli Anni 90. Dopo la grande ondata di speranza e integrazione che ha caratterizzato la presidenza di Mandela, la situazione economico-sociale del Paese è andata deteriorandosi. Nonostante sia uno dei Brics – i cinque Paesi in via di sviluppo con economia particolarmente emergente – l’andamento economico sudafricano va peggiorando.

Questo è dovuto in parte al declino dei settori economici e commerciali sui quali il Sudafrica poggiava: l’attività mineraria e l’agricoltura. Ai giacimenti di oro e diamanti, iniziale richiamo per i colonizzatori, si affiancano altre risorse minerarie come argento, platino, uranio e carbone. Grazie a ciò si è sviluppata anche un’importante industria pesante, ma il settore vive un periodo difficile per la costante e veloce innovazione con la quale è difficile tenere il passo e la transizione ecologica globale che mal si coniuga con l’utilizzo e l’estrazione di risorse dal sottosuolo. L’agricoltura è tra le più sviluppate dell’Africa, ma molto squilibrata tra aziende agricole che attuano un’agricoltura di piantagione altamente specializzata e agricolture di sussistenza, praticate nei villaggi con metodi tradizionali.

Il livello relativamente alto di sviluppo economico del paese non impedisce una larga diffusione della povertà (il 40% della popolazione vive con meno di 2 dollari Usa al giorno) e la disoccupazione giovanile sfiora il 30%, un picco mai registrato prima. Il Rand sudafricano è stato progressivamente svalutato, mentre collassano le infrastrutture e i servizi pubblici, rendendo il mantenimento di certe condizioni di vita particolarmente costoso. Tutti segnali di forte difficoltà economica che inevitabilmente si riflette sul piano sociale, aggravando il disagio nel quale già versa una gran parte della popolazione.

Difatti l’incremento della povertà e dell’immigrazione hanno contribuito ad aumentare la disoccupazione e il tasso di criminalità, specialmente per quanto riguarda la parte di popolazione che era in procinto di uscire finalmente dalla segregazione razziale. La classe benestante bianca, infatti, è rimasta meno esposta ai rischi di insicurezza economica e sociale: così quelli che ne sono stati investiti si sono ritrovati intrappolati da una segregazione tacita, omertosa e quasi congenita, innata in una società vissuta legalmente separata per secoli, anche dopo l’abolizione del regime.

Su piano nazionale, sono stati attivati programmi di integrazione nel mondo del lavoro della popolazione una volta segregata, specialmente il programma Broad-Based Black Economic Empowerment (B-Bbee) che prevede un sistema di quote di impiegati per azienda che favorisce l’assunzione di personale di etnie in precedenza discriminate e svantaggiate, mirando a una ridistribuzione economica. Ciononostante, i risultati sono inferiori alle aspettative e la popolazione non percepisce abbastanza benefici, sollecitando maggiori sforzi alla classe dirigente.

La questione dei migranti e le reazioni
Tutto ciò appare innaturalmente regolare e spontaneo, mentre la xenofobia dilaga non solo tra connazionali di estrazione sociale diversa, ma anche e soprattutto nei confronti degli immigrati (legali e non) da altri Paesi africani –in particolare dalla Nigeria – verso il più sviluppato e fiorente Sudafrica. L’astio nei confronti dei migranti è incrementato negli ultimi tempi, anche a causa della crisi economica e sociale che infuria ormai da anni.

Il sindaco di Johannesburg Herman Mashaba e il neo-eletto presidente Cyril Ramaphosa condannanno le violenze e vandalismi di questi giorni e promettono soluzioni democratiche. Nel frattempo dalla Nigeria arriva una dura condanna. “I continui attacchi contro cittadini e imprese nigeriani in Sudafrica sono inaccettabili”, ha scritto il governo nigeriano su Twitter. “La Nigeria prenderà tutte le misure necessarie per assicurare la sicurezza e protezione dei propri cittadini”. Dal canto suo, il Sudafrica ha deciso di chiudere temporaneamente l’ambasciata di Abuja e il consolato di Lagos in Nigeria dopo l’ondata xonofoba sviluppatasi in quel Paese contro i sudafricani.