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250°anniversario dalla nascita

Napoleone Bonaparte e dintorni: tra memoria e strategia

1 Set 2019 - Diego Bolchini - Diego Bolchini

Il 15 agosto la Francia ha celebrato il 250° anniversario della nascita di Napoleone Bonaparte, nato ad Ajaccio nel 1769. Francese “per poco” e con ascendenze italiane, osservano gli storici, visto che la Corsica era stata ceduta dalla Repubblica di Genova alla Francia solo l’anno prima (per debiti di guerra) con il trattato di Versailles del 1768. Significativamente, parte delle attività di ricorrenza e di studio coinvolgeranno anche la Toscana, dove è previsto un convegno internazionale a Lucca il 4-5 ottobre.

Napoleone è generalmente ricordato nei manuali di storia per le sue innovazioni civilistiche (codice civile), amministrative e di strategia militare, al punto che la Prussia del generale Sharnhorst – maestro di Clausewitz -, dopo la sconfitta di Jena (1806), dovette elaborare un nuovo concetto di “pensiero collettivo” personificato dallo Stato Maggiore per arginare e contrastare le ideazioni non convenzionali del genio francese.

Geografia della memoria bi-direzionale e strategia militare a-lineare
Quanto al rapporto specifico con l’Italia, proprio il sopra menzionato convegno di Lucca dal titolo “Radici e destino italiano dei Bonaparte” pone alla ribalta la questione di una memoria potenzialmente bi-polare,  inclusiva e per certi versi divisiva allo stesso tempo, ruotante attorno alla figura del grande condottiero. Tra lati positivi (contaminazione virtuosa su processi organizzativi e strutturazione delle amministrazioni) e altri forse meno positivi (depauperazione artistica secondo il principio della spoliazione delle nazioni vinte, che – è bene ricordare al di là di ogni retro-pensiero ‘peruggista’ – non contempla il caso della Gioconda, legittimamente francese dal 1516 in quanto venduta dallo stesso Leonardo da’ Vinci a Francesco I di Francia).

Passando invece agli aspetti interni qualificanti l’arte operativa militare napoleonica, essa si caratterizzò per assenza di sistematizzazione organica, imprevedibilità e non convenzionalità. Piani di inganno sono di sovente attuati sui campi di battaglia, ove Napoleone operava spesso in condizioni di inferiorità numerica. Così come tipica fu la tecnica della dispersione delle forze per una successiva ri-concentrazione in punti critici dell’opponente. Ma non sempre un concetto di operazioni vincente rimane tale se si ignora il contesto in cui esso è applicato: è questo il caso dell’impresa di Russia con il suo ‘generale inverno’, ad esempio. O anche al confronto ‘bagnato’ di Waterloo con il Duca di Wellington e al fallimento della contro-guerriglia francese in Spagna negli anni 1807-1812.

Il pensiero sulla strategia in Francia dopo Napoleone
Venendo alla più stretta attualità, all’inizio di questo anno dedicato all’anniversario bonapartiano ha destato un certo clamore un articolo apparso a febbraio su una rivista della difesa francese (Revue de Defense Nationale) a firma del Colonnello François-Régis Legrier, dal titolo emblematico: La bataille d’Hajin: victoire tactique, défaite stratégique?.In sintesi, nell’articolo vengono esposte talune perplessità in relazione alle modalità di gestione ed intervento nel contesto del contrasto all’Isis, il sedicente califfato islamico.

In ottica comparativa, nella gestione del caso Legrier pare emergere una sorta di discontinuità rispetto a taluni approcci di pensiero ‘eterodosso’ manifestatisi nei decenni precedenti.  Il riferimento va ad esempio ai libri minori apparsi fra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso a firma dell’allora quarantenne maggiore Charles de Gaulle. Lo storico e diplomatico Sergio Romano ricordava in particolare dalle pagine del Corriere della Sera nel 2011 il libro Le fil de l’épée (il filo della spada), apparso nel 1934, e altri scritti ove l’autore non esitava a porre in discussione, attraverso un esame critico, talune concezioni strategiche del proprio tempo.

O si pensi al caso di David Galula (1919-1967), militare e scrittore francese di origine tunisine, teorico della contro-insurrezione in Algeri,a divenuto poi ricercatore associato presso l’università statunitense di Harvard. Oggi viene trasversalmente riconosciuto come padre putativo di alcune moderne concezioni di contro-guerriglia.