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Riluttanti, ma incostanti

Difesa: quanti italiani disposti a spendere di più e perché

9 Set 2019 - Pierangelo Isernia - Pierangelo Isernia

Cresce in Europa il desiderio di rafforzare il processo di integrazione in materia di difesa e, parallelamente, la richiesta, soprattutto in sede Nato, di aumentare le nostre spese militari. L’Italia è tra i Paesi che spendono meno in questo settore, solamente l’1,15% del Pil, una percentuale inferiore alla media dei paesi Nato europei (1,48%), anch’essa ben al di sotto della soglia del 2% fissata dalla Nato. A fronte delle crescenti pressioni americane per incrementare lo sforzo finanziario europeo e di quelle Ue per rafforzare l’integrazione in ambito militare, quanti italiani sono disposti a sostenere un aumento delle spese per la difesa?

Gli italiani: contrari a più spese per la difesa, ma altalenanti
Una serie di indagini, nel corso di più di sessant’anni, hanno rilevato le opinioni degli italiani su questo tema, fornendoci due tipi di informazioni.

La prima informazione, meno sorprendente, è che gli italiani sono poco disposti ad aumentare le spese militari. In media, meno di un quinto degli intervistati ritiene che le spese militari siano troppo basse, confermando quanto segnalato periodicamente da commentatori e politici (Nones 2019; Coticchia 2010)[1]. La seconda informazione, forse più interessante, è che il sostegno per le spese militari in Italia non è immutabile, ma anzi varia in maniera considerevole. I favorevoli a un aumento delle spese militari, infatti, vanno da un minimo del 5% ad un massimo del 44%.

Le possibili spiegazioni di un’opinione ondeggiante
Due sono le possibili spiegazioni per questo tipo di variazione. La prima riconduce simili mutamenti ad eventi specifici. Ad esempio, il numero di italiani favorevoli ad un aumento delle spese militari è diminuito dal 12% al 6% tra il 1988 e il 1989, presumibilmente per effetto della fine della Guerra Fredda. Parimenti, l’aumento di questa percentuale al 23% nel 2003 è stato probabilmente un effetto dell’11 Settembre 2001.

La seconda spiegazione fa invece riferimento al modo in cui sono state formulate le domande per capire le motivazioni alla base delle risposte degli intervistati.

Dovendo sintetizzare i diversi approcci che nel corso degli anni sono stati utilizzati per valutare gli argomenti che hanno un effetto, sia esso positivo o negativo, sulla disponibilità degli italiani ad aumentare le spese militari, emergono due conclusioni.

La difesa è meglio multilaterale e conoscere i problemi non aiuta
Da un lato, gli italiani sembrano, in generale, più disponibili ad aumentare le spese militari, e perciò a ritenere che si spenda troppo poco, quando si tratta di farlo in un contesto multilaterale e per specifici obiettivi politici. Ad esempio, nel 2002-2004 (Transatlantic Trend Survey) i favorevoli ad un aumento delle spese militari crescevano in media di almeno 30 punti percentuali se tale aumento era legato alla trasformazione dell’Ue in “una superpotenza come gli Stati Uniti” (fonte: Transatlantic Trends Survey). Nel 2017, una indagine IAI-LAPS segnalava che l’opposizione ad un aumento delle spese militari diminuiva quando la domanda conteneva un esplicito riferimento all’impegno Nato di portare queste al 2% del Pil entro il 2024.

Dall’altro lato, l’avversione a un aumento delle spese militari non sembra essere influenzata dalle informazioni in possesso degli intervistati. Un argomento spesso addotto per spiegare la riluttanza dell’opinione pubblica a spendere di più per la difesa è la sua ignoranza su questi temi. In almeno due circostanze si è misurato l’impatto che l’informazione ha sugli atteggiamenti degli italiani su questo tema ed in entrambi i casi non sembra avere l’effetto – immaginato da alcuni – di aumentare il sostegno per le spese militari. Fornire un’informazione su quanto si spendesse per la difesa rispetto ad altri settori del bilancio pubblico non produceva alcun effetto sul sostegno per un aumento delle spese per la difesa nel 2008 (fonte: indagine MAE-LAPS). A distanza di dieci anni, il sostegno per un aumento delle spese militari diminuisce, anziché aumentare, quando vengono fornite informazioni più dettagliate circa l’entità delle spese militarei dei nostri principali alleati Nato rispetto a quelle italiane (indagine IAI-LAPS Difesa 2018).

Quando elettori ed eletti la pensano allo stesso modo
In sintesi, sebbene la reazione largamente maggioritaria degli italiani alla richiesta di un aumento delle spese in un settore scarsamente saliente quale la difesa sia generalmente negativa, un certo numero di italiani sono disposti a (ri)considerare le loro preferenze a certe condizioni e in certi contesti. In quest’ottica, non è tanto un problema di informazione (“se solo gli italiani sapessero…”), ma di “narrazione.” In altre parole, gli italiani non sono tanto impressionati da quanto (poco) spendiamo rispetto ad altri settori del bilancio pubblico o ad altri Paesi, quanto dallo scopo per il quale si chiede un aumento delle spese militari.

Concludo sottolineando come in questo settore i governi repubblicani – di qualsiasi colore politico – si siano generalmente allineati alle preferenze del pubblico, riducendo al minimo la spesa militare. A cosa è dovuta questa sostanziale responsiveness in tema di difesa? Al timore per il giudizio del pubblico oppure, e più semplicemente, ad una sostanziale congruenza tra le preferenze della nostra classe politica e quelle dei cittadini italiani?

Non ci sono molte occasioni per comparare pubblico ed élite politiche su questo tema. Una di queste ci è offerta dalla United States Information Agency, che, nel 2004, chiese ad un campione di cittadini e ad uno di élite se fossero favorevoli o contrari a un aumento delle spese militari per rafforzare una forza europea di difesa comune. In Italia, le percentuali di favorevoli nei due gruppi erano sostanzialmente identiche: 53% per le élite e 52% per il pubblico. Un secondo caso è quello dell’European Elite Survey, condotto dall’Università di Siena con la Compagnia di San Paolo nel 2008, in concomitanza con il Transatlantic Trends Survey. Il 47% degli europarlamentari italiani intervistati riteneva che il governo stesse spendendo troppo poco nel settore (nel pubblico, il 38% la pensava allo stesso modo), mentre il 53% che si spendesse il giusto.

Questi dati, seppure limitati, suggeriscono che i governi italiani spendono poco non perché vincolati dalle attese reazioni negative della propria opinione pubblica, ma semplicemente perché opinione pubblica ed élite politiche la pensano allo stesso modo.

[1] Michele Nones (2019). “Difesa: spesa militare italiana all’1%, scherzando col fuoco.” AffarInternazionali, 16 Febbraio 2019 [https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2019/02/difesa-spesa-italiana-fuoco/]

Fabrizio Coticchia (2010). “Opinione Pubblica e Politica di Difesa: Il Caso Italiano.” Il Politico. LXXV (1): 169-205.