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Nuovi scenari per Seul e Pyongyang

Corea: Nord/Sud, via Bolton il futuro resta incerto

26 Set 2019 - Pierfrancesco Moscuzza - Pierfrancesco Moscuzza

La situazione politica della penisola coreana continua a generare preoccupazioni per la sicurezza della regione e per la stabilità del sistema internazionale. Dopo l’incontro a sorpresa tra Kim Jong-un e Donald Trump, avvenuto nella zona demilitarizzata di Panmunjon lungo il 38° parallelo, sono emersi nuovi dettagli sui retroscena legati alla destituzione di John Bolton dal ruolo di consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Lo strappo Bolton-Trump

In uno dei suoi tweet Trump ha dichiarato di avere licenziato Bolton perchPé “in forte disaccordo con molti dei suggerimenti di Bolton, così come altri nell’Amministrazione”. Apparentemente, Bolton, notoriamente un falco della politica estera americana, che proviene dal circolo dei neocons di George W. Bush, si è scontrato con Trump su alcuni punti chiave della politica estera degli Stati Uniti, in particolare sull’Iran, l’Afghanistan e la Corea del Nord.

Per quello che riguarda la Corea del Nord, sembra che Bolton non abbia mai apprezzato l’ avvicinamento diplomatico di Trump verso Pyongyang né tanto meno i suoi incontri con il leader nordcoreano. Secondo fonti vicine a Washington, pare che il suo atteggiamento sia stato una delle cause concatenanti che hanno portato al fallimento del summit di Hanoi. In quel frangente la goccia che fece traboccare il vaso sarebbe stata una dichiarazione pubblica di Bolton, nella quale proponeva di applicare la “soluzione libica” al processo di denuclearizzazione della Corea del Nord. Pyongyang avrebbe dovuto dismettere in maniera unilaterale l’intero programma nucleare, che secondo le stime statunitensi include un numero di testate nucleari che va da 30 a 60, per poter ottenere la riduzione delle sanzioni Onu e l’ apertura delle relazioni politiche ed economiche con Washington.

Conseguenze del disarmo nucleare
Il problema con questa proposta è duplice. Il primo è strategico. Come è stato osservato più volte, la sopravvivenza del regime di Pyongyang dipende quasi esclusivamente dalla sua capacità bellica. Rinunciarvi significherebbe perdere quasi tutte le garanzie di sopravvivenza, esponendosi a rischi di un cambio di regime o addirittura ad un’ invasione nemica. Una soluzione improponibile se si tiene in considerazione che Kim ha finora agito secondo i parametri della realpolitik, anteponendo la sicurezza nazionale e la sopravvivenza del regime a tutto il resto.

Il secondo aspetto controverso della “soluzione libica” avanzata da Bolton è di tipo diplomatico, perché richiama alla memoria il tragico epilogo di Mu’Ammar Gheddafi e del suo regime. Sebbene la Corea del Nord non sia la Libia, ragion per cui le due situazioni non possono essere paragonate, evocare quell’immagine come risultato di una trattativa non aiuta né dal punto di vista semantico né da quello diplomatico. Inoltre, Pyongyang ha più volte ribadito che il motivo per cui ha bisogno di armi nucleari sono proprio gli interventi statunitensi in Paesi come la Libia.

L’indebolimento Usa
Durante lo storico incontro di Panmunjon tra Trump e Kim era emersa in maniera drammatica la rottura tra il presidente e il suo Consigliere per la Sicurezza, assente perché inviato in missione in Mongolia, lontano dai riflettori dei media. L’epilogo è stato l’uscita di scena di Bolton, il terzo consigliere della Sicurezza nazionale di questa Amministrazione. Ovviamente la colpa di questa situazione non può essere data interamente a Bolton, il quale dal canto suo ha ribadito di non essere stato licenziato ma di avere rinunciato di sua volontà alla carica.

Quello che invece è emerso finora dal bilancio dell’operato dell’Amministrazione Trump è la mancanza di una leadership forte e di una visione chiara. Fin dall’inizio del proprio mandato Trump si è distinto per i colpi di scena e gli improvvisi cambi di rotta, come nella trattativa sulla denuclearizzazione della penisola coreana. Il risultato di tale comportamento è stato l’indebolimento della posizione statunitense, aggravata anche dalla frattura creata con gli alleati storici, in particolare la Nato, l’ Unione Europea e i partner americani dell’ormai defunto Nafta.

Nuove forze in campo
L’indebolimento della posizione statunitense ha però avuto anche delle conseguenze importanti nella regione Asia-Pacifico. Difatti, dalla fine del summit di Hanoi fino al 10 settembre, la Corea del Nord ha continuato i test missilistici nel Pacifico nonostante Kim abbia espresso l’ intenzione di riprendere i negoziati con gli Stati Uniti. Inoltre, la Cina e la Russia procedono nello sviluppo di un piano di cooperazione militare nel contesto della Shanghai Cooperation Organization che ormai si profila come la controparte della Nato nella regione euroasiatica.

Già nel mese di luglio, tre aeroplani russi e due cinesi che effettuavano delle esercitazioni militari congiunte erano entrati nello spazio aereo sudcoreano, facendo scattare la reazione degli apparati della sicurezza militare di Seul, i quali avevano risposto facendo decollare i propri jet militari e sparando 360 colpi di avvertimento nei loro confronti. Mosca ha negato di avere violato lo spazio aereo sudcoreano, mentre il ministro degli Esteri cinese ha dichiarato che tutti i Paesi hanno libertà di movimento nella zona di identificazione dello spazio aereo di Seul.

Come se ciò non bastasse, si è creata una nuova frattura nelle relazioni diplomatiche tra Seul e Tokyo sfociata in una mini guerra commerciale. La tensione tra i due Paesi è in aumento da mesi, in parte dovuto ad una sentenza della Corte Suprema della Corea del Sud che ha recentemente dichiarato che i suoi cittadini possono intentare causa alle compagnie giapponesi per aver utilizzato il lavoro forzato coreano durante la Seconda Guerra Mondiale. Dal canto suo, il governo di Tokyo ha inizialmente posto delle limitazioni sulle esportazioni di poliammidi fluorurati, foto-resistenti e fluoruro di idrogeno verso la Corea del Sud, principalmente usati per produrre processori per computer, uno dei settori chiave dell’ economia sudcoreana. La situazione si è aggravata all’inizio di agosto, quando il governo di Tokyo ha deciso di rimuovere la Corea del Sud dalla lista bianca dei propri partner commerciali per assicurarsi che le esportazioni giapponesi non venissero utilizzate per armi e applicazioni militari.

Le responsabilità di Trump
L’escalation di questa situazione a nostro avviso è da imputarsi alla mancanza di una forte leadership statunitense che finora era servita come collante tra gli alleati nella regione e come argine alle tendenze egemoniche ed espansioniste di Cina e Russia. Resta da vedere se l’ultimo rimpasto del governo Trump riuscirà a portare quella coesione necessaria per poter garantire una politica estera efficace per controbattere le sfide future.