Ceuta e Melilla: anomalie ‘europee’ dal futuro incerto
Ceuta e Melilla, exclaves spagnole delimitate dal Mediterraneo, da un lato, e dal Marocco, dall’altro, sono rimasti gli unici territori non insulari del continente africano appartenenti a uno Stato europeo: i loro controversi recinti sono diventati il paradigma della sicurezza delle frontiere europee; i loro confini sono considerati i più protetti dell’Unione europea. Mentre sono tanti (troppi) i tentativi di saltare quei muri metallici, che spesso attirano l’attenzione dei media internazionali, all’interno di queste città incontriamo una realtà specifica e preoccupante.
La loro particolarità, se vogliamo singolarità, geografica ha favorito la costituzione di un aspetto eccezionale nella sfera politica, militare, legale, economica e sociale che ha portato a un equilibrio complesso e di difficile gestione. Tuttavia, questo equilibrio risulta sempre più fragile di fronte alle sfide che si presentano in questa fase storica: garantire la sicurezza dei confini fino al limite della legalità internazionale, un’economia debole, la crescita esponenziale della comunità islamica, la precarietà e l’emarginazione di alcune fasce sociali, per non dimenticare il pericolo della radicalizzazione jihadista, tutte sfide che potrebbero cambiare la realtà delle due città nei prossimi anni.
Sicurezza e migrazioni
Economicamente dipendenti e privi del peso strategico di cui godevano nel passato, Ceuta e Melilla possiedono ancora parte del loro prestigio storico e simbolico. La loro sovranità è una questione non negoziabile per la Spagna, che le considera parte della sua integrità territoriale, così come le Isole Canarie, le Isole Chafarinas e Alhucemas e gli scogli di Velez de la Gomera. Con l’adesione di Madrid alla Comunità europea nel 1986, Ceuta e Melilla sono diventati gli unici territori della successiva Unione europea sul suolo africano.
Tuttavia, la loro particolarità geografica ha comportato anomalie giuridiche, dato che entrambe le città sono al di fuori del regime tributario dell’Ue e fanno formalmente parte dell’area Schengen, la cui applicazione è però limitata, poiché i controlli alle frontiere vengono effettuati anche per chi lascia le città per dirigersi in Spagna. L’ingresso prima nell’Ue e poi nello spazio Schengen ha avuto l’effetto, da una parte, di avvicinare queste città al continente europeo e di farle riconoscere da Bruxelles come territori speciali, ma, dall’altra parte, ha portato ad un significativo rafforzamento della sicurezza di un confine la cui impenetrabilità continua ad aumentare (sulla carta).
La sicurezza di queste frontiere è un modello paradigmatico della ‘Fortezza Europea’: libertà di movimento all’interno del continente a spese di un controllo sempre più duro alle frontiere esterne. A Ceuta e Melilla, inoltre, diverse Ong ed istituzioni internazionali hanno denunciato la violazione sistematica dei diritti umani collegata, anche, alle modalità di gestione dei flussi migratori. I rimpatri immediati, per chi cerca di oltrepassare le recinzioni metalliche, sono la pratica più diffusa, nonostante la Corte europei dei diritti dell’uomo abbia condannato la Spagna nel 2017. Chi riesce nel tentativo di oltrepassare i ‘confini’, accedendo al territorio europeo, è destinato a dei centri di accoglienza sovraffollati dove l’attesa è eterna. Tuttavia, i tentativi non si fermano, continuano.
Relazioni diplomatiche col Marocco
Anche se la cordialità sembra prevalere e le pretese territoriali di Rabat mantengono un profilo basso, in alcuni momenti la dimensione di tali pretese ha acquisito una misura rilevante ed è diventata motivo di controversie, come successo nei primi anni 2000: ritiro dell’ambasciatore marocchino da Madrid, dispiegamento di gendarmi marocchini sull’Isola di Perejil e intervento dell’esercito spagnolo.
La questione di fondo è l’interdipendenza non solo tra i due Paesi, ma tra le exclaves spagnole e gli adiacenti territori marocchini. L’attività di contrabbando è uno dei principali mezzi di sostentamento economico sia delle due città che delle povere regioni marocchine confinanti, in particolar modo nel caso di Melilla. Nonostante sia illecita, questa attività è tollerata e persino ‘incoraggiata’ da entrambi i governi, attraverso privilegi fiscali.
Nell’agosto 2018, il governo marocchino ha deciso unilateralmente di chiudere le dogane commerciali con la città di Melilla, regolate da un accordo firmato nel 1956 (a differenza di Ceuta che non era parte di nessun accordo). Di conseguenza, c’è stata un’interruzione del commercio legale, secondo alcuni con l’obiettivo di favorire lo sviluppo commerciale del porto di Nador. La decisione marocchina è servita ad evidenziare la vulnerabilità dell’economia di Melilla, riaprendo il dibattito sulla tenuta socioeconomica delle exclaves.
Problemi di crescita e futuro
Ceuta e Melilla sono le autonomie spagnole con il più alto tasso di disoccupazione, e più della metà dei lavoratori sono dipendenti pubblici. Ma non solo l’economia presenta un futuro incerto. La coesistenza sociale e la stabilità politica potrebbero essere sostanzialmente modificate nei prossimi anni visto il crescente peso demografico dell’islam. Naturalmente, la maggior parte dei musulmani sono di origine marocchina, quindi è prevedibile l’aumento del loro peso politico ( e di conseguenza di quello del Marocco) finora marginale a scapito dei cittadini ‘spagnoli’. Tra le due comunità, il modello fino ad oggi è stato la coesistenza piuttosto che la convivenza, con una marcata segregazione spaziale e sociale: non sorprende che nelle due città siano state rilevate negli ultimi anni parecchi episodi di attività jihadista.
Le tendenze attuali ci consentono di prevedere un cambiamento nell’identità politica, economica e sociale di questi territori a medio lungo termine. Nelle mani dei leader politici sta la responsabilità di rendere pacifica questa transizione.