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Le elezioni anticipate del 29 settembre

Austria: analogie italiane, Kurz al voto con gamma opzioni

26 Set 2019 - Francesco Bascone - Francesco Bascone

La vicenda politica italiana dello scorso agosto presenta punti di contatto con quella che in Austria ha portato ad indire elezioni anticipate al 29 settembre. In entrambi i casi, infatti, il partito che aveva vinto le elezioni ha deciso di allearsi con la destra nazionalista invece che con i socialdemocratici, per poi ritornare sui propri passi dopo poco più di un anno di convivenza, cogliendo l’occasione di una cantonata del leader alleato per svincolarsi dal suo imbarazzante abbraccio.

Analogie e differenze
Naturalmente il partito di maggioranza relativa austriaco ha assai poco in comune con il M5S, salvo l’ultimo risultato elettorale, intorno al 33%: è lo storico Partito Popolare (democristiano) che tradizionalmente s’alternava o alleava al governo con i socialisti, ma rinnovato, riverniciato (color turchese al posto del nero) e leggermente spostato a destra dal suo nuovo leader, Sebastian Kurz.

Anche fra i rispettivi capi le somiglianze sono poche: la giovane età (31 anni al momento dell’avvento al potere), l’abbigliamento sempre corretto, l’aria sicura di sé e rassicurante, la mancanza di una laurea e di un curriculum professionale. Ma Kurz è un politico esperto, con una già lunga esperienza come dirigente giovanile, poi sottosegretario e ministro degli Esteri. Inoltre non ha rivali nel suo partito, e non è soggetto all’autorità di un fondatore né del titolare di una società di informatica. E’ un animale politico che sa adattare la sua linea agli umori dell’elettorato, ad esempio in materia di immigrazione, e sa fare un uso efficace dei social media, ma non va classificato fra i politici populisti.

Il giovane viennese non è un fervente europeista, ma di certo non è un sovranista. Non si è mai messo in contrasto con la Commissione di Bruxelles, né  con i presidenti dei principali Paesi membri dell’Ue. Ha tenuto aperto il dialogo con i Paesi di Visegrad (non dimentichiamo che fino ad un secolo fa erano uniti all’Austria sotto la monarchia asburgica) senza però identificarsi con quel raggruppamento euroscettico.

La posizione in cui Kurz si è trovato nel maggio scorso è un po’ quella di Giuseppe Conte ad agosto: dopo aver dovuto ingoiare diversi rospi cucinatigli dal leader della destra, ha approfittato di un suo clamoroso passo falso per vuotare il sacco (“quando è troppo, è troppo!”) e mettere fine alla coalizione, respingendo poi i tentativi dell’ex partner di ricucire lo strappo.

Previsioni elettorali e possibili coalizioni
A differenza di Luigi Di Maio, Kurz non ha nulla da temere da elezioni anticipate. E a differenza della Lega, L’FPOe (il Partito della Libertà austriaco), già di Heinz-Christian Strache e ora di Norbert Hofer, avrebbe preferito evitarle. Si dà per scontata in Austria non solo la vittoria dei popolari, saliti al 35% circa, ma anche il sensibile aumento del distacco sui socialisti e sulla destra nazionalista, scesi rispettivamente al 22 e al 20% circa.

L’incognita verte sulle percentuali che otterranno i partiti minori e quindi sulla possibilità per Kurz di formare una inedita coalizione che escluda entrambi i grandi partiti dai quali il suo Partito popolare aveva divorziato nel 2017 e quattro mesi fa.

Si delinea infatti la prospettiva di una alleanza con i Verdi (il partito dal quale proviene il capo dello Stato), che ora sono in netta ripresa dopo una fase di crisi che li aveva visti fuori dal Parlamento perché scesi sotto la soglia del 4%. I sondaggi li danno al 12%. Nell’ipotesi più ottimistica, un leggero rafforzamento loro e dei popolari (in luglio-agosto avevano toccato il 13 e il 38%)  consentirebbe di raggiungere una sia pur risicata maggioranza.

Altrimenti, Kurz dovrebbe cercare di allargare la coalizione ai Neos (liberali, sul 9%), applicando la formula detta Giamaica – con riferimento ai colori di quella bandiera – che Angela Merkel aveva tentato di varare prima di rassegnarsi ad una riedizione della “grosse Koalition” – i liberali avevano silurato l’intesa -. Nel caso dell’Austria i colori non sarebbero quelli giamaicani: a seguito della sostituzione del nero con il turchese, voluta da Kurz per marcare la svolta del 2017, l’ipotetica coalizione sarebbe “turchese-verde-rosa”.

Un tocco di verde?
Se non si trovasse l’accordo su questa alleanza a tre, e se il duo turchese-verde non avesse i numeri, l’alternativa per l’Austria sarebbe il ritorno a una coalizione con uno dei due partiti maggiori.

E’ possibile un rilancio della alleanza turchese-blu a pochi mesi dal naufragio, dovuto non solo all’Ibizagate, ma anche alla incompatibilità fra Kurz e l’allora ministro dell’Interno Herbert Kickl? E’ questo l’obiettivo di Norbert Hofer, che sta cercando di mostrarsi moderato e di consolidare la sua leadership nell’FPOe; ma Kickl è ancora forte nel partito, e persino Strache è tentato dalla prospettiva di un comeback. Sarebbe per Kurz una bruciante perdita della faccia, ma in politica mai dire mai (Governo Conte bis insegna).

Se, invece, si tornasse alla coalizione con i socialisti, il cui abbandono due anni fa rappresentò la quintessenza della svolta guidata da Kurz perché produceva consociativismo, sprechi di denaro pubblico e stagnazione politica? Anche questa opzione non si può escludere, ma sarebbe una altrettanto imbarazzante inversione di rotta; anche se questa volta i socialisti sarebbero i junior partners.

A rigor di logica dovrebbe dunque essere data la preferenza ad una coalizione fra popolari e Verdi, con o senza i Neos (liberali). Come in Italia, anche in Austria le istanze ambientaliste troverebbero  maggiore spazio che in passato nel programma di governo, in linea con l’orientamento annunciato a livello comunitario da Ursula von der Leyen. Sarebbe una buona notizia. Anche se bisognerà attendere di vedere quanto dei buoni propositi in materia di ecologia sarà effettivamente realizzato: Kurz, come del resto Di Maio e i governi italiani guidati dal Partito Democratico, non si è sinora distinto per zelo ambientalista.