G7: Biarritz, Macron il seduttore, Trump si lascia adescare
Tutto sembrava annunciare il clamoroso fallimento del G7 di Biarritz, o quanto meno la ripetizione della disgraziata conclusione del precedente Vertice tenutosi in Canada, quando Donald Trump rifiutò di firmare il comunicato finale che era stato faticosamente concordato. Un secondo fallimento di fila avrebbe avuto conseguenze disastrose, in particolare per i rapporti euro-americani, ma forse anche per la pace mondiale.
Invece abbiamo assistito a un incredibile pezzo di bravura da parte di un grandissimo attore, degno di ogni Oscar, Leone o Palma d’oro. Il presidente francese Emmanuel Macron ha impiegato tutte le sue arti per condurre una decisa, quasi spietata, campagna di seduzione del presidente Trump, ottenendo infine, se non la sua resa, quanto meno la sua acquiescenza.
Protagonisti mal messi e/o mal disposti
Questo Vertice nasceva al momento sbagliato. Tra i suoi protagonisti, la cancelliera Angela Merkel è sul viale dell’addio, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk è giunto al termine del suo mandato. Il Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si era appena dimesso ed era giunto a Biarritz in visita turistica con il figlio (anche se, mai dire mai, durante il Vertice è tornato di nuovo in corsa per succedere a se stesso). Il premier britannico Boris Johnson pensava solo alla sua Brexit, sperando di spuntare qualche sconticino qua e là.
Trump infine, appena prima di prendere l’aereo per la Francia, aveva definito queste riunioni come delle inutili perdite di tempo, lamentando l’assenza di Vladimir Putin: l’unico europeo che sembra veramente interessarlo. E, infine, gli incendi dell’Amazzonia contribuivano a sconvolgere l’agenda del Vertice, quanto meno sulle questioni ambientali, mettendo a nudo le divergenze tra i governi e la incapacità di agire efficacemente.
Tuttavia Macron non si è perso d’animo ed ha guidato con coraggio, grande abilità diplomatica e una notevole (ma necessaria) dose di cinismo, questa riunione verso un successo, o quanto meno l’apparenza di un successo, del tutto inatteso.
Un successo forse presto ridotto in cenere
Naturalmente è possibile, anzi è probabile che questo successo venga rapidamente ridotto in cenere nelle prossime settimane, quando il peso dei problemi interni ed internazionali renderà molto difficile tradurre i buoni propositi in realtà. Tuttavia Macron segna comunque dei punti a suo favore e si consolida come nuova guida della politica internazionale europea, nonché stratega di un maggiore impegno in Africa e Medio Oriente e massimo rappresentante di quel che resta del multilateralismo occidentale.
Tutto ciò è stato raggiunto per vie a dir poco ambigue. Malgrado alcune sedute e svariati pranzi collettivi, il vero cuore di questo Vertice del G7 sono stati i molteplici incontri bilaterali, in particolare quelli che tutti i leader presenti hanno avuto con Trump: con buona pace dello spirito multilaterale. Al termine, come previsto, Macron non ha neanche tentato di produrre un comunicato finale congiunto, evitando così prudentemente una ripetizione del fallimento canadese. Ha invece concluso i lavori con una conferenza stampa a sorpresa, del tutto inusuale per queste occasioni: un duetto tra Macron e Trump, a sottolineare chi erano stati i veri protagonisti del Vertice (anche per annunciare il prossimo Vertice negli Usa, a ridosso delle elezioni presidenziali americane: forse una delle ragioni per cui Trump sembra avere riscoperto qualcosa di buono nel G7).
Le conclusioni personali del presidente Macron
In questa occasione, Macron ha tirato fuori dalla tasca un foglietto con un rapido elenco di pochi punti, annunciando che queste erano le sue personali conclusioni, ma che le aveva comunicate anche agli altri partecipanti, senza ricevere obiezioni. Chi tace acconsente, oppure chi tace non dice niente?
Queste conclusioni del Vertice di Biarritz, molto generiche, riguardano il commercio internazionale con maggiore attenzione alla proprietà intellettuale e una possibile riforma dell’Organizzazione del commercio mondiale, l’Iran, l’Ucraina con un rilancio diplomatico del “gruppo Normandia” (Francia, Germania, Ucraina e Russia), la Libia e Hong Kong. A margine Macron ha anche annunciato un aiuto per gli incendi in Amazzonia di 20 milioni di dollari, e un accordo di massima con Trump sulla necessità di migliorare la tassazione delle grandi multinazionali, che dovrebbe avere sterilizzato la minaccia del presidente americano di imporre forti dazi sui vini francesi.
Le premesse per una svolta con l’Iran?
Ma certamente il successo più significativo di Macron, figlio del suo colpo di scena finale, quando ha fatto arrivare in fretta e furia a Biarritz il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, è stato l’annuncio che Trump, forse addirittura nelle prossime settimane, potrebbe accettare un incontro con il presidente iraniano Hassan Rohani (che a sua volta si è subito detto disponibile). A questo annuncio Trump ha fatto una smorfia bonaria di scetticismo e condiscendenza e ha detto che va bene, solo però se gli iraniani si comporteranno come dico io.
Non è in nessun modo la premessa di un accordo, e forse neanche di un vero negoziato, tuttavia è marginalmente meglio dei venti di guerra che in questi giorni soffiano sul Medio Oriente e sul Golfo, e, se saremo fortunati, potrebbe essere la premessa per una svolta positiva.
In altri termini, questo G7 di Biarritz, come molti degli altri che lo hanno preceduto, è stata una riunione interlocutoria, il cui successo o insuccesso si vedrà solo nei prossimi mesi. Tuttavia non è stato il fallimento che sembrava annunciato e che avrebbe ulteriormente aggravato le prospettive globali.
Il suo effetto più significativo potrebbe essere in Europa, perché Macron, e con lui la Francia, ha ancora una volta dimostrato la sua capacità di risorgere dalle ceneri e di affascinare il resto del mondo. Il presidente francese ci ha dato una grandissima lezione di stile, riuscendo a gestire con eleganza anche i più rozzi campioni del neo-sovranismo populista. Macron ha così posto la candidatura della Francia alla guida della politica estera dell’Europa. Forse i suoi oppositori, quelli francesi in primo luogo, e poi quelli europei alla Orban, Johnson o Salvini, riusciranno in ultima analisi a bloccarne le ambizioni e la politica. Ma sarebbe un peccato, perché, con tutti i suoi difetti, in questo campo di rovine sembra ancora una delle poche speranze rimaste.