Argentina: i Fernández uniti contro Macri, divisi dalla storia
Con un distacco di oltre quindici punti percentuali, il candidato presidente del Frente de Todos Alberto Fernández ha dominato le primarias abiertas, simultáneas y obligatorias (Paso) di domenica 11 agosto. Il presidente uscente Mauricio Macri ha pagato, almeno in questa prima fase, le conseguenze di quattro anni di scelte economiche che hanno visto l’inflazione salire dal 27% al 56%, la povertà passare dal 30% del 2015 all’attuale 34% e chiusura di oltre 23 mila aziende.
Il giorno dopo le elezioni primarie – una sorta di prova generale del voto del 27 ottobre prossimo -, il dollaro ha subito un’impennata nel cambio col peso argentino, segno evidente della paura dei mercati finanziari che con la vittoria di Fernández le politiche imposte da Macri possano cessare. Nonostante la vittoria alle Paso, con un gap che difficilmente verrà colmato nelle elezioni di ottobre, Alberto Fernández non può dormire sonni tranquilli. La sua lista, infatti, è stata costruita con la dichiarata volontà di porre fino al governo di Macri, ma le anime che la percorrono abbracciano quasi tutto l’arco ideologico argentino. Ed è bene analizzare la composizione del Frente de Todos proprio partendo dalla scelta del suo candidato presidente.
Cristina no, Alberto sì
Contro l’aspettativa di molti esperti della politica argentina, Cristina Fernández de Kirchner – già first lady del Paese dal 2003 al 2007 e quindi presidente dal 2007 al 2015 – non sarà la candidata della coalizione peronista. Il passo indietro fatto nei confronti di Alberto Fernández, di cui comunque sarebbe la vicepresidente in caso di vittoria, nasce dalla consapevolezza della percezione pubblica della sua figura.
Se da una parte, infatti, moltissimi elettori argentini la idolatrano e sarebbero pronti a votarla a prescindere da tutto, un’altra enorme fetta di popolazione è convinta che il suo governo sia stato tra i più corrotti e, se lei si fosse candidata, non avrebbero aspettato un secondo a garantire la preferenza a Macri. Alberto Fernandez, al contrario, è una figura capace di unire nonostante la sua ambigua storia politica. Già capo di gabinetto nella presidenza di Nestor Kirchner, fu lasciato in questo ruolo da Cristina, per poi dimettersi nel 2008 a causa di posizioni divergenti con l’allora presidente. Da quel momento, il professore universiario si allontanò dal kirchnerismo e criticò spesso l’operato di Cristina. Alle elezioni del 2015 appoggiò la candidatura presidenziale di Sergio Massa, ma nel 2018 è tornato sui suoi passi riavvicinandosi al kirchnerismo in funzione anti-macrista.
Alberto Fernández è capace di evitare la polarizzazione del dibattito pubblico, che non avrebbe giovato al Frente de Todos. Inoltre, da politico navigato qual è, Alberto è capace di comunicare con il variegato elettorato peronista ed è in grado di sviare l’attenzione su tematiche divisive, come recentemente ha fatto a proposito del tema dell’aborto.
Un fronte multicolore
Il peronismo, come tutti i populismi che si rispettino, mira a includere all’interno del suo popolo le categorie più trasversali. Il Frente de Todos, coalizione che in queste elezioni ne rappresenta il braccio politico, non è da meno. Per rendersi conto di ciò basta scorrere la lista dei partiti e i candidati al Congreso che si trovano al suo interno.
In cima alla lista bloccata dei deputati per la provincia di Buenos Aires figura Sergio Massa, figliol prodigo del peronismo. Candidatosi contro Cristina Kirchner nelle elezioni del 2015, è stato la stampella parlamentare di Macri nella sua politica economica. Tornato a bordo grazie alla grande capacità di raccogliere consensi nell’elettorato, se vincesse il Frente de Todos assumerebbe con ogni probabilità la carica di presidente della Camera dei deputati. Subito dopo Massa, a riequilibrare la bilancia, il peronismo candida Luana Volnovich, del gruppo politico La Campora. Alla fine del primo mandato, la Volnovich ha “scalzato” dalle prime posizioni il leader del suo movimento Máximo Kirchner, candidato come quinto nella provincia di Buenos Aires. La deputata di origini brasiliane condivide con Massa le lotte a favore dei pensionati, ma si distacca da lui su aborto, lavoro e risanamento economico. Metterli d’accordo non sarà facile.
La lista continua con il deputato Leonardo Grosso, del Movimiento Evita. Con i kirchneristi nelle elezioni del 2015, il Movimiento Evita ha preso le distanze dal partito di Nestor e Cristina nel 2016 per poi correrein autonomia alle elezioni parlamentari del 2017. Nel 2018, dopo una lunga trattativa, il passo indietro in funzione anti-macrista, con la clausola della non candidatura di Cristina Kircnher alla presidenza.
A sinistra, nel Frente de Todos, troveranno spazio tra gli altri il Partido Comunista, Frente Grande e Unidad Popular, completando così i 16 partiti che sostengono la coalizione.
Il nodo del debito con l’Fmi
Per ottenere il trionfo alle Paso – e verosimilmente alle elezioni di ottobre – il Frente de Todos ha dovuto livellare di molto il piano della proposta politica, partendo dalla candidatura di un moderato come Alberto Fernández per continuare evitando temi divisivi durante la campagna elettorale. Per fare ciò, il peronismo ha messo in piedi una colazione con deputati e governatori conservatori, nonostante la Kirchner sia riuscita a mettere una figura chiave della sua politica, Alex Kicillof, come candidato alla provincia di Buenos Aires.
Tra tutte le questioni da affrontare, peserà in ogni caso la spada di Damocle del debito con il Fondo monetario internazionale (Fmi). Fernández, subito dopo l’11 agosto, ha tentato di tranquillizzare i mercati sostenendo che non è in discussione il pagamento del debito, anche se ha postulato una sua rinegoziazione. In questa direzione vanno ancora le sue dichiarazioni a proposito di Roberto Lavagna – “quale presidente non vorrebbe averlo come ministro dell’Economia?” -, già braccio destro di Nestor Kirchner durante il periodo post-crisi del 2001 e terza forza elettorale con il suo Consenso Federal. Allo stesso modo deve essere letta l’apertura di Massa verso Emilio Monzó, attuale presidente della Camera, e Nicolás Massot, deputato che sostenuto la gestione Macri.
Il Frente de Todos, dunque, difficilmente replicherà le misure adottate da Cristina Kirchner durante i suoi anni di governo. La parte più “a sinistra” della coalizione questo già lo sa, ma per il momento tace. A ottobre, quando Macri sarà stato mandato via dalla Casa Rosada, dove prenderà posto Alberto Fernández, gli eredi del peronismo potranno tornare a litigare.
Foto di copertina © Roberto Almeida Aveledo/ZUMA Wire