Usa/Gb: Darroch, l’ambasciatore motivo e pretesto del contendere
Il presidente Usa Donald Trump avrebbe potuto benissimo ignorare la fuga di notizie su alcuni rapporti confidenziali inviati nel passato a Londra dall’attuale ambasciatore britannico a Washington Sir Kim Darroch che contenevano propositi critici nei confronti dell’operato di Trump e della sua Amministrazione. Egli avrebbe dovuto soprattutto astenersi dal qualificare l’inviato di Londra “a very stupid guy”. Con tale esternazione Trump ha offeso non solo il diplomatico ma soprattutto lo Stato che lo ha nominato mettendo in grande imbarazzo il suo principale alleato. L’ira di Trump si sarebbe giustificata qualora i propositi dell’ambasciatore, che aveva fatto solo il suo mestiere, fossero stati esternati e divulgati pubblicamente. Ma così non era stato.
La tendenza a compiacere
L’episodio va visto nel quadro più ampio dello storico rapporto preferenziale tra gli Stati Uniti ed il Regno Unito che negli anni ha condotto Londra a farsi portatore degli interessi americani in seno all’ Unione europea e nella Nato. Basti ricordare il ruolo di Londra nel fare da spalla all’America nell’invasione dell’Iraq avvenuta nel 2003 sulla base di ”fake news” circa il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Bagdad.
La tendenza si è accentuata nei tempi più recenti. Theresa May si era affrettata ad essere la prima a rendersi a Washington per incontrare il neo-eletto Trump e si è trovata in prima linea nel sostenere l’ attuale inquilino della Casa Bianca. Nonostante ciò, Londra ha dovuto subire : le interferenze sulla Brexit, la richiesta di inviare Nigel Farrage quale ambasciatore a Washington, le offese personali al sindaco di Londra e da ultimo quelle all’ambasciatore Darroch successivamente estese persino all’operato della premier in Europa (“foolish”).
In occasione della sua recente visita di Stato, avvenuta con un governo britannico dimissionario e nel mezzo di una crisi politica senza precedenti, Trump si comportò più da padrone di casa che da ospite, entrando a gamba tesa nelle più delicate decisioni di Londra e schierandosi apertamente a favore di un’uscita radicale del Regno Unito dall’Unione europea.
Le complicazioni della Brexit
Una certa riverenza nei confronti dell’ “azionista di maggioranza” del Mondo occidentale non è solo una prerogativa britannica. È divenuta una prassi per alcuni dirigenti europei quella di effettuare un pellegrinaggio a Washington per ricevere una legitimazione simile a quella che il Papa conferiva in passato a regnanti cattolici. Ma nel caso Darroch si è andati oltre la semplice legittimazione. Stando alla stampa americana, vi sarebbe stata a Londra, in occasione della recente visita di Trump, una sfilata di candidati britannici alla poltrona di Downing Street volta ad ottenere un benestare degli Usa. Trump non ha esitato ad esprimere la sua preferenza per Boris Johnson, un candidato controverso che appare ora trovarsi in pole position. Per ricambiare e per non deludere la Casa Bianca, quest’ultimo si è astenuto dall’unirsi al coro di critiche sul modo in cui Trump ha apostrofato l’ambasciatore Darroch.
L’isolamento in cui si ritrova il Regno Unito a seguito della Brexit lo costringere ad aggrapparsi maggiormente al carro americano nella ricerca di un’identità alternativa a quella della costruzione europea. Come si evince dall’ esempio britannico, la ricerca di una maggiore libertà di azione e di agganci internazionali alternativi all’Europa -che lo si faccia con l’ America o con un’altra potenza-si paga a caro prezzo in termini di cessione di sovranità e persino di dignità. Questa è una lezione per tutti, che si tratti di Londra o di altri che vogliano seguirne l’esempio. La sovranità quale concepita dai trattati di Westfalia appartiene al passato. Nel futuro non potrà che prevalere quanto si sta sperimentando in Europa e cioè una cessione volontaria di sovranità negoziata e consensuale, il che è di per se l’espressione di uno stato sovrano.