Migranti: soccorso in mare, l’Italia in lotta con se stessa
Nel disperato tentativo di uscire dall’isolamento in cui si è confinata in anni di continue emergenze migratorie vissute in simbiosi con un Paese altrettanto instabile come la Libia, l’Italia prova a ripercorrere la strada dell’interdizione marittima contro le Ong, alleandosi con Malta. Nei fatti, si tratta di quell’asse nel soccorso in mare (Sar) con Valletta e Tripoli che si va profilando come possibile.
Sullo sfondo si intravedono le mosse che la nuova legislatura Ue dovrà necessariamente mettere in campo in materia di sorveglianza marittima e ricollocamenti e che esponenti politici tedeschi hanno già cominciato a discutere ipotizzando un paradossale lancio di un’operazione modello Eunavformed.
Interno vs Ong
Il ruolo delle Ong nel soccorso in mare (Sar) è stato riconosciuto dall’Italia sin dal 2016 per fronteggiare le emergenze migratorie seguire all’Operazione Mare Nostrum. Si è così aperta una falla nel sistema del Sar basato su assetti pubblici ed episodicamente su mercantili in transito.
Il Codice di condotta dell’Interno del 2017 ha cercato di arginare il fenomeno anche con il pretendere il rispetto delle competenze libiche, ma non è sopravvissuto al cambiamento di governo del 2018 né ha mai assunto valenza in ambito Ue. In esso si affermava con forza la giurisdizione degli Stati di bandiera sulla nave pur ammettendo l’ingresso in porti italiani.
Sulla scia di tali iniziative l’Interno, con varie direttive e col DL ‘Sicurezza Bis’, ha affermato il rispetto della sovranità italiana nelle acque territoriali: si assume che il passaggio di navi con migranti in posizione irregolare configuri una violazione dell’ordine e della sicurezza pubblica oltre che, nel caso di imbarcazioni straniere, dei principi internazionali del transito inoffensivo.
Da parte delle Ong, come noto, si contestano tali poteri nazionali sostenendo, sulla base del principio di necessità, di aver diritto di far sbarcare immediatamente le persone salvate in un luogo sicuro (Pos) di loro scelta.
Nodo del Pos
I mercantili dovrebbero attenersi, nella definizione del Pos, alle istruzioni della competente zona Sar o, quanto meno, se agiscono autonomamente in emergenza, avrebbero il diritto/dovere di fare scalo al “porto più vicino” in modo da minimizzare i disagi ai naufraghi e ridurre i costi del trasporto. Ai mercantili delle Ong l’interno ha chiesto di rispettare la responsabilità libica di indicare il Pos. Anche la nostra Guardia costiera ha cessato di operare nella Sar libica riconoscendo la piena competenza di Tripoli.
Varie sono le opinioni in proposito e non sempre concordanti a cominciare dalle decisioni della magistratura italiana e dalle Agenzie delle NU che da tempo lanciano allarmi sulla violazione dei diritti umani: il Consiglio Ue, nella riunione del 28 giugno 2018, ha riconosciuto la competenza della Guardia costiera libica ad operare nella sua Sar e quindi a fare sbarcare i migranti salvati, mentre invece la Commissione e l’Alto rappresentante hanno negato che Tripoli possa essere un Pos. Anche il nostro Ministro degli esteri ha rilasciato dichiarazioni di questo segno, pur in mancanza di una presa di posizione ufficiale del Governo. Per la Tunisia non vi sono invece riscontri ufficiali alle opinioni delle Ong che la escludono dai possibili Pos.
Da non dimenticare infine che la mossa di Tripoli di preannunciare la chiusura dei centri di raccolta dopo il loro bombardamento da parte delle Forze di Bengasi, potrebbe indicare la volontà di uscire dall’imbarazzante sospetto di un coinvolgimento nella violazione dei diritti umani.
Preteso blocco navale
È ricorrente il richiamo ad un preteso blocco navale inteso come misura interdittiva delle partenze dalle coste libiche. Varie sono le controindicazioni operative e legali visto che il potere di disporlo spetterebbe solo allo Stato costiero il quale non potrebbe però violare i diritti umani delle persone che intendono espatriare.
L’impossibilità di attuare un tale blocco navale è tra le cause del fallimento dell’operazione Eunavformed Sophia che l’aveva prevista come “fase 3”: l’interdizione delle partenze dalla Libia avrebbe peraltro reso necessario quel consenso che Tripoli ha sempre negato.
Il richiamo dell’Interno all’impiego della nostra Marina per impedire ingressi irregolari in acque italiane è stato più volte causa di contrasti con la Difesa. Da ultimo, parrebbe essere stato concordato un ritorno al dispositivo navale di presenza e sorveglianza avanti a coste di Libia e Tunisia per agevolare l’intervento Sar di quei Paesi.
Fatto sta che l’impiego della Marina in tali funzioni rientranti nell’attività di “polizia dell’alto mare” non è una novità, in quanto previsto da varie norme. Oltretutto, da anni la Marina impegnata a proteggere i rifornimenti energetici dalla Libia con l’ Operazione Mare Sicuro (Oms).
Cooperazione italo-maltese
Sembra si stia consolidando, alla luce delle vicende delle navi Ong Alex e Alan Curdi, la tanto attesa cooperazione italo-maltese nel Sar e nella definizione del Pos.
La Valletta persegue in realtà proprie finalità che in parte coincidono con le esigenze sicuritarie del nostro Ministero dell’Interno ma che probabilmente guardano lontano, magari verso il consolidamento di un ruolo guida nell’ambito dell’Ue o anche nella direzione dell’avvicendamento del commissario all’immigrazione Dimitris Avramopoulos.
Malta non rinuncia, nemmeno nell’accogliere le Ong, a ribadire di farlo per cosi dire ex gratia escludendo ogni responsabilità relativa alla propria competenza Sar. Proprio questo dovrebbe però indurci a pretendere da Valletta un impegno scritto che sanzioni in modo duraturo la facile politica delle intese verbali caso per caso.
Quadro multilaterale Ue
Il quadro Ue risultante dalle nuove elezioni comincia ad animarsi. Le prese di posizioni contro le inadempienze italiane sono ancora ricorrenti ma presto potrebbero assumere una valenza positiva, magari con l’aiuto dei nostri vicini maltesi. A breve l’Ue potrebbe tornare a confrontarsi con le proposte di modifica del Regolamento di Dublino abbandonando il criterio dello Stato di primo ingresso in favore di una suddivisione dei richiedenti asilo tra i Paesi membri in base a quote prefissate.
Il nostro Paese vuol mantenere la rotta verso la Libia in sostegno delle capacità e competenze della Guardia costiera di Tripoli, manifestando quella fermezza negli orientamenti di politica estera che invece fa difetto in altri quadranti geopolitici.
Sorprendentemente, rappresentanti politici tedeschi ci hanno anche teso una mano facendo balenare la possibilità dell’avvio di operazioni Sar comuni. E’ chiaro che questo non significa il riavvio dell’Operazione Sophia, ma quanto meno indica la disponibilità a trattare con noi e con gli altri Partner europei il tema del Sar libico ed ovviamente il connesso problema del Pos ora che il nostro Paese non è più disponibile a garantire l’indiscriminata accoglienza dei migranti salvati.