Migranti: sovranità del mare e Decreto Sicurezza-bis
Nelle settimane scorse il governo italiano ha adottato il Decreto Sicurezza-bis “recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”. Il Ministero dell’Interno potrà emanare, di concerto con i Ministeri dei Trasporti e della Difesa, provvedimenti atti a “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi private nel mare territoriale … per motivi di ordine e sicurezza pubblica”.
In sostanza, il Viminale dispone ora di un adeguato strumento per impedire l’accesso nelle acque territoriali italiane a navi responsabili di attività di soccorso in zone di competenza di altri Stati. Apparentemente tale normativa va a colmare quel vuoto che aveva animato molte discussioni circa la questione dei ‘porti chiusi’ alle navi Ong che abbiano agito nella zona Sar libica e quindi violando le competenze di Tripoli riconosciute sia dalle autorità italiane che dall’Unione europea.
Dubbi sul Decreto Sicurezza-bis
Tuttavia, il testo del Decreto, secondo molti esperti in materia, solleva alcuni dubbi e, tra questi, assume rilievo la questione della legalità delle misure nei confronti di navi che intendano entrare nel territorio nazionale, anche alla luce delle vicende degli ultimi giorni, come il caso della Sea Watch 3 o del veliero Alex appartenente alla Ong Mediterranea.
Le disposizioni rilevanti le incontriamo nei primi due articoli. Sinteticamente, si prevede il potere per il ministro dell’Interno di “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” e una sanzione per il comandante che non dovesse rispettare tale divieto. Alcuni hanno fatto notare che tali misure sono contrastanti con gli obblighi derivanti per l’Italia dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Cnudm).
La questione principale è quella relativa alla possibilità di vietare l’ingresso nelle acque territoriali. In base alla Convenzione Onu ogni Stato ha delle acque territoriali, che si estendono per 12 miglia marine. All’interno di tale aerea, lo Stato costiero gode di sovranità, limitata però al diritto di passaggio inoffensivo attribuito alle navi di altri Stati; di conseguenza, non si potrebbe impedire il passaggio di navi che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo, mentre si possono adottare misure necessarie negli altri casi.
La questione del passaggio inoffensivo
Occorre, tuttavia, considerare due aspetti. In primo luogo, cosa si intende per passaggio inoffensivo e in quali casi il passaggio di una nave non è più tale, autorizzando il governo di uno Stato ad adottare misure nei suoi confronti. In secondo luogo, in quali casi lo Stato costiero può adottare misure nei confronti di navi che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo.
Il passaggio consiste nella navigazione con il fine di attraversare semplicemente il mare territoriale, in maniera rapida e continua, tranne alcune eccezioni previste dalla Cnudm, come situazioni di forza maggiore, pericolo o necessità di prestare soccorso o assistenza ad altre navi in pericolo. Di conseguenza, l’ingresso, transito o sosta in acque territoriali di uno Stato al fine di prestare soccorso o assistenza a chi è in pericolo, o l’ingresso di una nave in situazione essa stessa di pericolo, non autorizza lo Stato costiero ad adottare misure contro tale nave.
Mentre per ciò che riguarda il carattere ‘inoffensivo’, questo si intende rispettato se non reca pregiudizio alla pace, buon ordine e sicurezza dello Stato costiero. Tra le attività che rendono il passaggio ‘offensivo’ troviamo “lo scarico o carico di persona in violazione alle norme in materia di immigrazione dello Stato costiero”: in tale caso lo Stato costiero può intervenire.
Soccorso in mare e violazione delle leggi sull’immigrazione
Tuttavia, l’ingresso di una nave che trasporta persone soccorse in mare rispettando l’obbligo internazionale di salvare vite umane in mare non può considerarsi come un’attività che viola le leggi sull’immigrazione di uno Stato, a condizione naturalmente che l’obiettivo sia semplicemente quello di portare a terra le persone soccorse. Non si può quindi vietare il passaggio inoffensivo ad una nave che abbia soccorso persone in pericolo, anche al di fuori delle acque territoriali, qualora questa intenda entrare per compiere il proprio obbligo di salvare vite umane.
In alcuni casi, lo Stato costiero può sospendere temporaneamente il passaggio inoffensivo in determinate zone delle sua acque territoriali. Questa norma ha delle condizioni, come la temporaneità, la specificità delle zone e la non discriminazione.
E’ opportuno evidenziare come queste norme non siano isolate, ma vadano lette insieme a tutte le altre norme del diritto del mare e del diritto internazionale, tra cui quelle sull’obbligo di prestare soccorso e di collaborare a tal fine, sulla tutela dei diritti umani e sui diritti dei rifugiati.
Tale analisi rileva una difformità tra il decreto sicurezza e il diritto internazionale del mare. In ogni caso dipenderà molto dall’applicazione del decreto. Le prime applicazioni sembrano segnalare la volontà del governo italiano di mettere da parte una serie di obblighi giuridici, prendendo di mira una sola categoria di navi, quelle delle Ong. Bisogna altresì ricordare che secondo il diritto internazionale qualsiasi nave che si trovi in pericolo ha la possibilità di entrare nei porti di qualsiasi Stato, a prescindere dal permesso concesso o meno.