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Dopo la nomina di Qu a direttore

Fao: Mukiibi (Slow Food), povertà non viene da sola, ma da ingiustizie

5 Lug 2019 - Francesca Caruso - Francesca Caruso

“L’eliminazione della povertà è un buon punto di partenza, ma bisogna approfondire le ragioni per cui la povertà persiste. Penso alla crisi climatica, alla legge sulle proprietà terriere o alle questioni relative alla privatizzazione delle zone di pesca che lasciano molte comunità di pescatori vivere in una povertà intrinseca. La povertà non viene da sola, ma piuttosto da una combinazione di ingiustizie sistemiche e strutturali”. Edie Mukiibi è un agronomo ugandese, membro del comitato esecutivo di Slow Food Internazionale, ovvero il board politico che affianca il fondatore Carlo Petrini. Vive e lavora in Uganda, dove ha creato orti agro-ecologici, presìdi Slow Food, Mercati della Terra e una vasta rete di comunità del cibo. In questa intervista, commenta la nomina del nuovo direttore della Fao Qu Dongyu e le sfide che l’agenzia delle Nazioni Unite dovrebbe vincere.

Il discorso pronunciato da Qu Dongyu, durante la 41a conferenza della Fao che lo ha eletto nuovo direttore, fa ben sperare?
Mukiibi
– Durante il suo discorso, Qu Donguy ha affrontato molti argomenti importanti con un gran numero di impegni, esprimendo il dinamismo che spera che la Fao possa avere. Dalle sue parole, voglio credere che il dottor Qu sia impegnato a portare la Fao vicino ai piccoli agricoltori, continuando a sostenere in particolare gli agricoltori familiari. L’impegno a concentrarsi su giovani e donne è molto importante per sradicare la povertà e la fame, ma è anche importante concentrarsi sulla tutela dei diritti e della sovranità delle popolazioni indigene.

Edie MukiibiOggi non possiamo parlare di trasformare il sistema alimentare, sradicare la fame, la povertà e affrontare la crisi dei cambiamenti climatici senza dare un riferimento specifico al ruolo dell’agro-ecologia e della biodiversità: nel suo discorso, non ho sentito affermazioni chiare in merito. Un’altra cosa importante è che l’obiettivo della fame zero e l’eliminazione della povertà non può essere raggiunto solo dalla Fao, ma da una stretta relazione con la società civile e movimenti dal basso come Slow Food, istituzioni finanziarie e sistemi più vicini ai produttori e ai consumatori più poveri.

Oltre all’eliminazione della povertà, quali sono quindi le priorità sulle quali l’agenzia delle Nazioni Unite dovrebbe concentrarsi?
Mukiibi
– L’eliminazione della povertà è un buon punto di partenza, ma credo che sia necessario approfondire le ragioni per cui la povertà persiste. Tra queste ragioni vedo la crisi climatica, la legge sulla proprietà terriera, gli accordi poco chiari sulla gestione delle terre seminative che provocano le migrazioni,e le questioni relative alla privatizzazione delle zone di pesca che lasciano molte comunità di pescatori a vivere in una povertà intrinseca. Dovrebbe inoltre essere data priorità allo sviluppo delle economie locali, unitamente a programmi e politiche che mirano a sostenere le attività di base, le imprese e le iniziative di donne, giovani e popolazioni indigene. La povertà non viene da sola, ma piuttosto da una combinazione di ingiustizie sistemiche e strutturali.

Tra le altre sfide il nuovo direttore ha parlato della modernizzazione dell’agricoltura e in particolare della digitalizzazione. Cosa ne pensa?
Mukiibi
– La modernizzazione dell’agricoltura è un argomento molto importante. É vero che c’è bisogno di metodi e tecniche di produzione e di gestione degli alimenti più efficienti, ma dobbiamo gestire la rivoluzione digitale con cura e cautela. Mentre la digitalizzazione potrebbe essere utile e applicabile in alcune parti del mondo, la sua adattabilità e applicazione potrebbero rivelarsi un incubo in altre parti. Vorrei che la Fao continuasse a rispondere alla necessità di distribuire tecnologie appropriate meno eccezionali, piuttosto che creare un terreno fertile per imporre tecnologie digitali altamente sofisticate e controllate che potrebbero essere fuori dalla portata di molti piccoli agricoltori rurali. Bisogna porre più enfasi sul cibo locale, sulle innovazioni agricole pensate dai più giovani e sulla promozione di sistemi di comunicazione e startup che valorizzino i sistemi alimentari locali e su piccola scala.

Lei è ugandese: cosa dovrebbe fare la Fao in Africa?
Mukiibi
– Prima di tutto dovrebbe essere più orientata al raggiungimento della sovranità alimentare, partendo dalle più piccole comunità rurali fino ad arrivare alle società più complesse delle aree urbane. I sistemi agricoli africani sono costruiti sulla ricca diversità di specie, conoscenza e rispetto delle zone agricole ecologiche. Ci dovrebbe essere più enfasi sul sostegno ai sistemi di agricoltura su piccola scala che integrano la sussistenza e l’agricoltura commerciale, un forte impegno per soluzioni agro-ecologiche alle questioni alimentari africane e garanzie d’uso e d’accesso illimitato a risorse come semi, acqua, terra e pascoli che sono vitali per il sostentamento delle comunità africane. In alcuni Paesi, gli uffici della Fao sono molto vicini ai governi nazionali ma lontani dalle persone con cui, invece, dovrebbero lavorare a stretto contatto.

Per molti, l’elezione di Qu è l’affermazione definitiva della supremazia cinese e la terza gamba del progetto di egemonia che Pechino ha sull’Africa. È d’accordo?
Mukiibi
– Il ruolo che la Cina sta giocando in Africa è visibile, e fa sorgere molte domande circa l’acquisizione e l’utilizzo ingiusto di terre e di risorse. Credo che alla Fao il dottor Qu ha il compito di preservare i valori dell’istituzione, proteggere la terra e i diritti sulle risorse di milioni di agricoltori. È anche un’opportunità per mostrare l’impegno verso un sistema alimentare equo, specialmente nei casi in cui gli investitori stranieri trattano con governi nazionali a scapito delle vite dei piccoli agricoltori rurali. Questa è una sfida futura, per distinguersi dalle ingiustizie come l’accaparramento della terra e concentrarsi sullo sviluppo di professionisti e metodi che possano valorizzare gli africani e creare le condizioni per una vita più prospera delle comunità.