Corea: l’incontro a sorpresa tra Trump e Kim a Panmunjom
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ci ha abituati alle sorprese e ai colpi di scena improvvisi, ma bisogna dire che la sua inventiva non conosce limiti e onestamente continua a stupirci. Il suo modus operandi non convenzionale ha in un certo senso rivoluzionato la prassi diplomatica tradizionale. L’ ultimo colpo di scena è stato il tweet pubblicato da Trump durante il G20 tenutosi ad Osaka, con il quale ha invitato il presidente nordcoreano Kim Jong-un ad un incontro lampo nella zona demilitarizzata di Panmunjom al confine tra le due Coree.
La scena e il significato, il contesto e i precedenti
Panmunjom era già stato teatro di un primo storico summit tra il presidente sudcoreano Moon Jae-in e Kim, nell’aprile del 2018. L’ incontro era stato celebrato per la sua importanza politica e per il suo alto valore simbolico. Il nuovo meeting tra Trump e Kim a Panmunjom ha sicuramente entrambe le caratteristiche con l’ aggiunta dell’ elemento sorpresa che ha lasciato tutti di stucco, considerato che tra il tweet e l’ incontro sono passate più o meno 24 ore. Trump è così diventato il primo presidente statunitense della storia ad entrare in territorio nordcoreano, anche se solo per circa un minuto, durante il quale ha stretto la mano di Kim prima di posare per la foto rituale parte del protocollo diplomatico degli incontri bilaterali tra capi di Stato.
Politicamente, l’ incontro di Panmunjom ha pure un alto valore perché rilancia i negoziati tra Stati Uniti e Corea del Nord sul processo di denuclearizzazione della penisola coreana, i quali erano naufragati dopo il Vertice di Hanoi tenutosi a fine febbraio 2019. Il precedente incontro era stato offuscato dalle tensioni politiche interne con le quali si era dovuto confrontare Trump, in seguito alla testimonianza del suo ex avvocato Michael Cohen nell’inchiesta condotta dal procuratore speciale Robert Mueller sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016, il cosiddetto Russiagate; e dalle tensioni interne al regime nordcoreano, per via di alcuni incidenti internazionali avvenuti poco prima dell’ incontro, che avevano messo a dura prova l’autorità di Kim e la buona fede della controparte americana.
Un passo avanti, in attesa di fatti concreti
Nonostante da quest’ ultimo incontro di Panmunjom non sia scaturito nulla di concreto, se non l’ intenzione di ricominciare i negoziati tra i due Paesi, esso rappresenta comunque un passo avanti verso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche nella regione dell’Asia orientale che erano deteriorate dopo il fallimento del Vertice di Hanoi.
Infatti, Kim aveva ripreso le esercitazioni missilistiche, in contravvenzione alle sanzioni internazionali, causando la preoccupazioni dei vicini Corea del Sud e Giappone e la reazione degli Stati Uniti, i quali avevano ricominciato la campagna di “massima pressione” contro il regime nordcoreano.
Comunque, il vero nodo da sciogliere resta sempre quello della denuclearizzazione della penisola coreana, obiettivo molto difficile da raggiungere, considerato che gran parte dell’ autorità politica di Kim dipende dalla sua capacità di mantenere il deterrente atomico, unica assicurazione per la sovranità nordcoreana e la sopravvivenza del regime. Difatti, se Kim dovesse rinunciare al proprio arsenale nucleare, l’unica garanzia di sopravvivenza che gli rimarrebbe sarebbe la protezione cinese che, come la storia ci insegna, viene sempre a caro prezzo.
L’evoluzione della geo-politica dell’Estremo Oriente
Il regime nordcoreano si trova in una regione geo-politica la cui funzione è cambiata drasticamente negli ultimi venti anni. Se durante la Guerra Fredda l’Estremo Oriente asiatico rappresentava una delle periferie dello scenario internazionale, oggi ne è diventata il centro per via dell’ espansione economica cinese, della presenza nella regione del Giappone, della Corea del Sud e della Russia, tutti membri del G20; nonché per il ruolo rivestito dalle economie emergenti del sud-est asiatico.
In questo nuovo contesto politico ed economico mondiale, la Corea del Nord rappresenta una distorsione anacronistica, un retaggio della Guerra Fredda che mette a repentaglio interessi economici enormi. Kim è cosciente di questa nuova realtà ed ha capito che la sua sopravvivenza e legata a doppio filo all’appoggio cinese ed alla sua integrazione nella logica politico-economica della regione.
Se uno di questi due elementi dovesse venire a mancare, la durata del regime nordcoreano sarebbe messa seriamente in discussione. Al contrario, l’integrazione di Pyongyang nella dinamica regionale gli permetterebbe di fare crescere la propria economia, riducendo il livello di dissenso politico interno e allo stesso tempo evitando rischi di un scontro militare con gli Stati Uniti e i suoi alleati. Per questa ragione Kim ha accettato l’ invito a sorpresa di Trump. Realpolitik pura.
Un bel risultato per il presidente statunitense
Dal canto suo, Trump ha portato a casa una bel risultato, sebbene non rappresenti una vittoria, che si inquadra nel contesto della riapertura dei negoziati commerciali con la Cina in occasione del G20 di Osaka. Difatti, gli eventi internazionali degli ultimi mesi avevano messo l’Amministrazione statunitense sotto pressione, eliminando il vantaggio che le poteva venire per arginare i problemi sul fronte politico domestico.
La guerra commerciale con la Cina, lo scontro con l’ Iran, il fallito vertice di Hanoi con Kim e le polemiche con gli alleati tradizionali, quali Messico, Canada e Unione europea, avevano messo in discussione la capacità di Trump di condurre una politica estera che servisse l’ interesse nazionale statunitense. La riapertura delle negoziazioni con Cina e Corea del Nord ha sicuramente cambiato l’ ottica con la quale il mondo, e soprattutto l’ opinione pubblica americana, guarda all’operato del presidente.
Quest’ ultima ha molta importanza in vista delle prossime elezioni presidenziali che si terranno il 3 novembre 2020. Trump ha deciso di ricandidarsi per il suo secondo e ultimo mandato. Finora appare favorito rispetto agli avversari democratici, per via dei dati positivi sull’andamento dell’economia e dell’occupazione, nonché per la mancanza di una nomination forte sul fronte democratico che finora ha prodotto 24 candidati, il numero più alto dai tempi della riforma elettorale del 1972.
In conclusione, il meeting di Panmunjom tra Trump e Kim ha sicuramente un alto valore simbolico, soprattutto perché Trump è stato il primo presidente Usa ad attraversare il confine con la Corea del Nord. Tuttavia, rimane da vedere quanto Trump sarà capace di ottenere dall’amico-nemico Kim, il quale dal canto suo si trova in una situazione altrettanto difficile, stretto tra la morsa dell’ opposizione interna e delle pressioni geopolitiche che provengono dai suoi vicini impazienti per un cambiamento che faccia decollare definitivamente la ricrescita economica della regione.