Ue/Usa: aborto e non solo, diritti delle donne banco di prova
I diritti delle donne costituiranno uno dei banchi di prova più significativi dell’Europa così come è uscita dalle recenti elezioni. Si potrà misurare fino a che punto il maggior peso dei sovranisti conservatori, se non sarà in grado di imprimere una svolta per mancanza di numeri, potrà comunque causare una battuta d’arresto nel processo di affermazione di una democrazia che sia insieme normativo-giuridica e culturale-sociale.
I segnali che arrivano da oltre Oceano vanno nella direzione di ridurre i diritti delle donne riaffermandone un ruolo tutto casa, figli e, possibilmente, chiesa, ma anche in altri Paesi, tra cui l’Italia, si manifestano forti desideri di ritorno al passato.
Il vento anti-aborto dall’Alabama e da altri Stati Usa
Il vento che soffia dall’Alabama, dove è stata approvata una legge che vieta l’aborto anche in caso di incesto e stupro, potrebbe trovare un’atmosfera favorevole nel Vecchio Continente. Intanto gli effetti si sono già fatti sentire in altri Stati Usa come il Missouri, il cui Parlamento ha introdotto il limite delle otto settimane di gravidanza oltre il quale non è possibile l’interruzione, e la Louisiana che ha fissato il limite a sei settimane.
Nell’ultimo anno su questa materia 16 dei 50 Stati Usa hanno introdotto norme restrittive per non dire proibizioniste e altri sei, tra cui Georgia e Pennsylvania, hanno norme molto restrittive.
In tutti gli Stati Uniti si sono innescate aspre proteste, tra cui quelle di William Barber, pastore del Nord Carolina, membro del consiglio direttivo della National Association for the Advancement of Colored People (Naacp) e promotore di una campagna per i diritti civili e contro le povertà. “Ciò cui assistiamo in Alabama – ha twittato – sono politici estremisti e aggressivi che nel Sud stanno pesantemente limitando il nostro dibattito morale su argomenti come l’aborto, mentre restano in silenzio su questioni pro-vita come l’accesso a cure mediche a prezzi accessibili, salari di sussistenza e diritti di voto”.
L’amministrazione Trump ha senza dubbio galvanizzato gli Stati più conservatori e, più nello specifico, il mondo cristiano, protestante evangelici in primis, ma anche cattolico, che vede l’aborto al pari di un vero e proprio infanticidio. I ricorsi dei pro-choice, sostenitori dei diritti riproduttivi delle donne, ai Tribunali non faranno altro che favorire gli oppositori che intendono riaprire la questione aborto davanti alla Corte Suprema nella speranza di ribaltare la sentenza Roe/Wade che nel 1973 legalizzò l’interruzione volontaria della gravidanza.
Forti della nomina di Brett Kavanaugh a giudice della Corte Suprema, gli anti-abortisti possono contare su cinque giudici di orientamento conservatore su nove. L’ultimo pronunciamento sulla legge dell’Indiana (sì alla sepoltura o alla cremazione dei feti, ma nessun pronunciamento sulla legge nella sua totalità) dimostra, però, una certa cautela a volere riaprire una crociata dall’esito incerto, considerata la forza d’urto di cui le donne sono capaci nella società americana, basti pensare al caso Weinstein.
La forza delle donne dall’Argentina all’Irlanda alla Polonia
Non è un inedito storico che sul corpo delle donne si giochino le manovre di potere, ma è spesso sottovalutata la trasversalità, politica, sociale e di adesione religiosa, della reazione. Nella cattolica Argentina ancora in questi giorni centinaia e centinaia di donne sono scese in piazza per chiedere la legalizzazione dell’aborto, cosa che hanno ottenuto sei mesi fa le cittadine irlandesi. I tentativi di penalizzarlo in Polonia finora sono stati respinti dai movimenti femminili, ma la situazione è tutt’altro che pacificata.
Si farebbe torto a questi movimenti si pensasse che non vedano l’aborto come una delle esperienze più drammatiche della vita, ma vedono altrettanto bene che esso è un grimaldello per mettere in discussione non soltanto i diritti delle donne, la loro libertà di scelta, ma il loro ruolo sociale, la loro immagine culturale.
Nei mesi scorsi l’Epf, rete di parlamentari europei per la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle persone, ha pubblicato un dossier dove si portano le prove dell’esistenza di un movimento statunitense-europeo, dove la componente del cristianesimo oscurantista ed estremista è di non poco conto, per promuovere il ritorno a un mitico ‘ordine naturale’. I promotori brandiscono la Bibbia (o il crocifisso) come un’arma, ovviamente omettendo tutte le parti contraddittorie o, addirittura, dimostrative della tesi opposta.
Lotta di genere e impegno di democrazia
Jimmy Carter e sua moglie Roslyn nel 2000 pur restando battisti lasciarono la Southern Baptist Convention che escludevano il pastorato femminile sulla base di alcuni versetti della prima Lettera ai Corinzi, là dove l’apostolo Paolo intima alle donne di non parlare nelle assemblee di culto. Ma l’ex presidente americano replicò con i versetti della Lettera ai Galati dove lo stesso apostolo sostiene l’assoluta parità di genere e l’abolizione di ogni gerarchia sociale davanti a Dio.
Nel 1925 nel Tennessee si scatenò il cosiddetto ‘processo delle scimmie’ contro un professore reo di insegnare la teoria di Darwin. Solo dopo 40 anni la Corte Suprema stabilì che era incostituzionale impedire l’insegnamento della teoria evoluzionistica. Ma questo non impedisce che periodicamente in alcuni Stati si presentino disegni di legge proibizionistici.
Ecco perché il dibattito sull’aborto non è mai soltanto circoscritto all’aborto, ma porta con sé una visione della società, dei relazioni umane, della persona e dei suoi diritti, del rapporto tra Stato (laico o confessionale?) e cittadini (portatori personalmente di diritti inalienabili o no?). Il Parlamento europeo ante-26 maggio contava il 36,8% di donne, ma non sono sufficienti i sistemi elettorali a tutela delle quote rosa per rafforzare una presenza che sempre di più dovrà chiedersi se limitarsi ad essere di pura rappresentanza di genere in nome di una democrazia astratta o diventare una forza di progresso, propulsiva di un’ Europa realmente democratica nel riconosce pari dignità e diritti.