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Verso le elezioni di ottobre

Argentina: Macri in caduta libera, Francesco guarda da lontano

10 Giu 2019 - Pietro Mattonai - Pietro Mattonai

Le recenti elezioni provinciali di San Juan e Misiones, in Argentina, hanno riconfermato il trend che, ormai da mesi, vede Cambiemos – la coalizione governativa del presidente Mauricio Macri – in grande affanno in vista della decisiva tornata elettorale per le legislative di ottobre. Una vera e propria emorragia di voti per lo schieramento liberale e market-friendly.

Prima la batosta nelle urne della provincia di Neuquén, dove in cinque anni sono stati persi oltre sedicimila voti, quindi doppia sconfitta a Río Negro e La Pampa, dove ha trionfato il candidato dell’opposizione peronista. Ultime, ma solo in ordine cronologico, San Juan e Misiones, che si tingono nuovamente di azzurro, colore del Partido justicialista.

Bergoglio convitato di pietra
Il voto, in Argentina, è assai volatile, ma è difficile non intravvedere in questi risultati un preciso indirizzo per quanto riguarda le elezioni del prossimo 27 ottobre. In palio non ci sono solo altri governatori locali, ma anche i deputati del congresso nazionale e, soprattutto, l’inquilino della Casa Rosada. Principale sfidante di Macri, che corre per la riconferma alla presidenza, è Alberto Fernández, ex capo di gabinetto durante la presidenza del peronista Néstor Kirchner e, successivamente, di sua moglie Cristina. Proprio quest’ultima sarà l’altra metà del ticket elettorale, in corsa per la vicepresidenza.

Il tutto mentre, dall’altra parte del mondo, c’è un cittadino argentino sul soglio papale. Jorge Mario Bergoglio, ex arcivescovo di Buenos Aires che continua ad avere in tasca il proprio passaporto della República, è il vero convitato di pietra di questa contesa elettorale. Pur avendo compiuto vari viaggi apostolici in America Latina in questi anni (dal Brasile alla Colombia, dall’Ecuador al Perù), Papa Francesco, dalla sua elezione, non ha mai fatto visita al suo Paese natio, scatenando per questo polemiche e destando grandi curiosità, in patria e all’estero. Dietro la scelta del successore di Pietro, però, c’è una logica comprensibile: non interferire, soprattutto in un anno così delicato, nella vita politica argentina.

Politica e religione in America Latina
Non si può valutare correttamente il peso di un Papa argentino nella vita pubblica del Paese senza specificare l’intenso e intricato rapporto tra politica e religione nel Paese e, in generale, nell’America Latina. Il continente, per mano della colonizzazione spagnola e portoghese, si è retto per secoli su un ordine sociale e politico che affondava le proprie radici su un sistema profondamente religioso e, va da sé, cattolico. Un intreccio talmente forte che la Chiesa di Roma concesse alle Corone di Spagna e Portogallo il patronato regio, un regime giuridico che garantiva un’unione quasi indistinguibile tra potere temporale e potere spirituale nelle terre latinoamericane. Divenuti Stati indipendenti, i Paesi sudamericani non vollero rinunciare al mito della nazione cattolica.

Ormai mezzo millennio più tardi, le cose non sono poi così cambiate. Nonostante i travagli e gli sconquassamenti portati dall’immaginario napoleonico – arrivato anche oltreoceano – e dalla secolarizzazione – anch’essa prodotto importato direttamente dall’Europa – il sostrato ideale dell’Argentina, così come di molti altri Paesi latinoamericani, è quello della civiltà cattolica. Qualsiasi tipo di modernizzazione istituzionale o costituzionale, così come la democrazia stessa, deve aderire all’ordine stabilito dalla morale cattolica, che vede nel popolo – e, in particolare, nei poveri – il depositario della verità.

Da questo assunto, è facile capire dove si posizionino rispetto al concetto di nazione cattolica la tradizione peronista, fondata sull’esaltazione del popolo e dell’eredità cristiana, e quella liberaldemocratica, di matrice laica: la prima  vi si sovrappone, la seconda è diametralmente opposta.

In quest’accezione, Papa Francesco è peronista. Non solo perché da giovane ha frequentato l’ambiente politico nato e cresciuto con Juan Domingo Perón a cavallo tra gli anni Cinquanta e Settanta, ma perché il peronismo riflette le convinzioni di Bergoglio. L’unità cristiana al di sopra – o, comunque, anteriore – a quella politica, il ruolo centrale del popolo e il contrasto alla debordante secolarizzazione della vita umana: sono questi i principi che muovono il pontefice e che innervano l’ideologia peronista.

Il rebus del viaggio apostolico
Non stupisca, dunque, se la foto con il presidente statunitense Donald Trump non è quella dove papa Francesco sfoggia il broncio più marcato. O almeno, non l’unico. Ormai tre anni fa, quando Mauricio Macri ha fatto visita a Bergoglio in Vaticano, il pontefice argentino ha posato con lo stesso scarso entusiasmo. Macri è alfiere della secolarizzazione in Argentina, della sopraffazione della religione da parte della politica, dell’istituzione, del governo. Certo, da par suo Cristina Kirchner non è una peronista della prima ora, non è una descamisadas: il peronismo di oggi, naturalmente, è meno radicale di quello delle origini. Ma ne conserva l’afflato, contrapponendosi al liberalismo e al liberismo di Macri.

Per questo, nei sei anni e più di pontificato, papa Francesco ha sistematicamente e consciamente evitato un viaggio in Argentina. Da molti, in patria, è visto come uno dei principali leader dell’opposizione peronista al governo di Macri, se non il più importante. Una situazione imbarazzante che sconsiglia a Bergoglio di tornare in Argentina. Se ciò avverrà, sicuramente sarà dopo il prossimo ottobre, quando il mito della nazione cattolica potrebbe essere, finalmente, tornato in vita.