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Budapest tra Ue e Usa

Ungheria: Orbán tra la gogna del Ppe e la gloria di Trump

13 Mag 2019 - Massimo Congiu - Massimo Congiu

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán sostiene di non potere facilmente immaginare il suo futuro in un Ppe (Partito popolare europeo) egemonizzato da tendenze politiche pro-immigrazione, ma questo non significa che voglia la rottura con i popolari. Lo ha anche precisato, del resto, e ha aggiunto che l’Unione dovrebbe imitare il modello austriaco, in cui i popolari collaborano con la destra sovranista. La dichiarazione è stata fatta al giornale austriaco Kleine Zeitung prima della visita a Budapest del vice-cancelliere Heinz-Christian Strache, leader del partito Fpoe.

Il rischio di una rottura tra Fidesz e Partito popolare europeo
Per Orbán esistono, sì, la possibilità e il rischio di una rottura definitiva con il Ppe, in quanto il Partito popolare europeo, a suo avviso, sta andando sempre più a sinistra e perdendo i valori cristiani, che invece sono “conservati dai partiti europei definiti estremisti”. Per il premier danubiano, che precisa di non volere e di non cercare lo scontro col Ppe, purtroppo, “l’élite europea non crede nel ruolo dei dirigenti politici forti, capaci di infiammare le masse”.

La scelta di Orbán di non partecipare al raduno sovranista a Milano il prossimo 18 maggio, sa di attendismo. Come già detto, il premier ungherese non considera ancora definitivamente chiuso il rapporto con il Ppe e probabilmente spera ancora in una ricomposizione e in una ripresa del legame tra il suo Fidesz e i popolari europei, cui, va detto, farebbero comodo i voti ungheresi e quindi i seggi spettanti allo Stato danubiano.

Le carte in mano a Orbán
Orbán sa di avere delle carte da giocare, tanto più che, secondo gli ultimi sondaggi, il suo partito si è ulteriormente rafforzato. È vero che i dirigenti del Ppe si sono pronunciati in modo negativo rispetto all’eventualità di un’alleanza con forze cosiddette sovraniste, ma per il premier di Budapest non è detta l’ultima parola e se un domani dovesse avvenire la rottura definitiva dirà ai suoi connazionali e sostenitori che sarà stato piuttosto Fidesz a non volere cooperare con una forza politica che si è spostata a sinistra.

Hans-Gert Pöttering, figura di spicco del Ppe, ex presidente del Parlamento europeo e membro della commissione insediata dai popolari per valutare l’eventuale applicazione di sanzioni all’Ungheria di Orbán, ha mostrato grande scetticismo rispetto alla possibilità di un’alleanza con i sovranisti. Pöttering ha fatto notare che le differenze tra le parti sono troppo evidenti e che partiti come il Fidesz sono antieuropei. Chiusura su questo fronte anche da parte di Manfred Weber, il quale avrebbe anche affermato di recente di non volere diventare presidente della Commissione europea con i voti ungheresi. Cosa che ha portato Orbán e i suoi a ritirare il sostegno a Weber, lo spitzenkandidat del Ppe, perché avrebbe offeso gli ungheresi.

Il premier magiaro ha impostato la campagna per le europee confermando il ruolo centrale del problema immigrazione. Nelle città e nelle strade dell’Ungheria ci sono manifesti giganti che invitano la popolazione a sostenere il programma governativo volto a fermare l’immigrazione verso l’Europa. La sua posizione continua a essere ispirata alla linea dura, ma il premier si dà un margine di manovra per ricomporre possibilmente i rapporti con quel Ppe che vorrebbe cambiare dall’interno spostandone l’asse politico a destra.

L’incontro con Trump alla Casa Bianca
Lunedì 13 maggio, c’è stata una visita di Orbán alla Casa Bianca: il premier ungherese è stato ricevuto dal presidente Usa Donald Trump. Sono stati discussi temi riguardanti la sicurezza, i problemi energetici e regionali. Orbán ha atteso a lungo questo invito: nel 2016 aveva accolto con soddisfazione la vittoria di Trump senza però essere ricambiato nella simpatia dal magnate, che non gradisce i buoni rapporti dell’Ungheria di oggi con la Russia e la Cina. Secondo la stampa magiara, il presidente statunitense avrebbe parlato anche di questo, ma, per i media governativi, l’invito di Washington vuole essere soprattutto un incoraggiamento alla linea sovranista che Orbán incarna da tempo.