Ue ora: brutta storta, problema non Istituzioni ma Paesi
Il Parlamento europeo vede una forte crescita dei partiti nazionalisti e di estrema destra, ma rimane largamente dominato dalle formazioni ‘europeiste’. Dopo le elezioni europee, il problema non è tanto nelle Istituzioni europee quanto nei Paesi membri; e ciò crea una estrema debolezza, quasi un’assenza di leadership. Le maggiori potenze europee, quelle che in passato, nel bene e nel male, hanno indirizzato le scelte dell’Unione e ne hanno facilitato la realizzazione, stanno tutte vivendo un periodo di crisi.
I grandi Paesi, ciascuno una storia diversa
Saltiamo pure a pie’ pari il caso del Regno Unito: le elezioni europee hanno dimostrato che non c’è alternativa possibile alla Brexit, quale che sarà la sua forma. Solo la definitiva chiusura di questa pratica consentirà, forse, alla classe politica britannica di ricominciare a pensare. Ma allora sarà fuori dall’Unione.
La Germania ha visto un arretramento dei nazionalisti, il che è positivo, ma anche l’indebolimento dei partiti al governo e un forte balzo in avanti dei Verdi. Nulla di preoccupante in tutto questo, salvo il fatto che sarà necessario elaborare una nuova e diversa sintesi politica: questo richiederà tempi piuttosto lunghi e non favorirà il varo di nuove grandi iniziative europee.
Molto più preoccupanti sono invece la Francia e l’Italia (anche se le loro vicende non sono facilmente comparabili). Tra i grandi Paesi, queste sono le due maggiori eccezioni. Essi hanno visto ambedue il successo della destra nazionalista, di misura in Francia, massiccio in Italia.
Antitesi tra ridislocazione del potere nella globalizzazione e nell’Ue
Cosa potrebbe significare questo per l’Unione? È in atto una importante ridislocazione del potere all’interno della globalizzazione, che vede le grandi potenze (Usa, Cina, buona terza la Russia, e altre ancora) aggirare o persino smantellare i grandi accordi multilaterali e indebolire o svuotare le maggiori organizzazioni internazionali. Di conseguenza il mutamento in atto diviene meno controllabile, più aspro, e i rapporti tra le grandi potenze si tingono di mercantilismo e si esercitano a colpi di minacce ed ultimatum. L’interesse generale, vedi il caso della protezione dell’ambiente, viene ignorato.
L’equilibrio che si delinea all’interno del Parlamento europeo, con l’apporto necessario dei Liberali e forse anche dei Verdi, grazie alla tenuta dei Popolari e dei Socialisti (che perdono voti e seggi, ma restano i due più forti gruppi parlamentari), è del tutto contrario a questi sviluppi nel quadro globale. Questa maggioranza, e questa Europa, con le sue Istituzioni, è multilateralista, per il controllo degli armamenti, a favore di regole più stringenti che permettano di controllare lo spazio cibernetico e quello extra-atmosferico, vuole proteggere l’ambiente, i diritti umani, e così di seguito. In altri termini, questa Europa oggi è all’opposizione nel mondo. Non è certo da sola, ma la sua posizione può facilmente farsi precaria.
Un’Europa all’opposizione nel Mondo
In effetti, se stessimo solo ai numeri e alle Istituzioni, questa Europa è una realtà economica, e potrebbe divenire rapidamente anche una realtà militare di tutto rispetto, comparabile con Cina e Usa. Politicamente, però, è tutta un’altra cosa, perché la sua grave frammentazione interna indebolisce ogni forma di leadership e rende lento ed inefficace il processo di presa delle decisioni. In tal modo l’influenza e l’efficacia delle posizioni europee si riducono ai minimi termini.
Il più grave è che le pressioni esterne si accoppiano alle divisioni interne, aggravandole. La politica americana, quella cinese e quella russa puntano direttamente ad influenzare i singoli governi nazionali, molto più fragili e malleabili delle Istituzioni europee. Si favorisce così il formarsi di raggruppamenti anomali, che vedono negli altri partner europei e nelle stesse Istituzioni più degli avversari che dei compagni di cordata. Paradossalmente il Parlamento europeo sembra oggi meno esposto del Consiglio dei Ministri (dove siedono i governi) a questi giochi di influenza, ma il buon funzionamento dell’Ue richiede il raggiungimento di una linea consensuale.
Una doppia minaccia, interna ed esterna
Il futuro è incerto. Queste elezioni, viste le premesse, sono andate piuttosto bene. Il Parlamento ha la possibilità, e il dovere, di svolgere un ruolo importante, forse decisivo, per il futuro dell’Unione. Ma molto dipenderà da come le varie leadership nazionali leggeranno i risultati elettorali. La doppia minaccia, assicurata all’interno dalla forza dei nazionalisti di destra e all’esterno dalle politiche delle grandi potenze, è di carattere esistenziale.
Difficilmente potrà essere manovrata e assorbita in modo indolore, salvo forse in qualche caso marginale. I maggiori governi europeisti possono scegliere di affrontare la crisi con misure avanzate e coraggiose, attuando ad esempio politiche comuni per l’ambiente, per la protezione sociale, per la difesa, oppure potranno rinchiudersi in un limitato tatticismo che, inevitabilmente, porterà a misure diverse a seconda dei Paesi, accrescendo la cacofonia, ed in ultima analisi la frammentazione. Un cuore di leone o un cuore di pecora?
L’Italia tra l’isolamento nel rilancio o la partecipazione nello sfascio
Altri contributi parleranno più dettagliatamente dell’Italia. Qui però devo notare che il nostro Paese, fra i grandi europei (fatta sempre eccezione del Regno Unito), è un problema a parte, la cui singolarità indebolisce gravemente le prospettive europee. Assieme alla Polonia e all’Ungheria, l’Italia è il Paese dove sono più forti, e al governo, le formazioni nazionaliste (per di più essendo noi, a differenza degli altri due, membri dell’area Euro).
Questa nostra eccezione indebolisce la Francia e la Germania e rende più difficile un accordo tra quei governi. Rischiamo l’isolamento in un’Europa al rilancio, o la partecipazione a un’Europa allo sfascio. Non sono alternative incoraggianti, e richiederebbero una maggiore attenzione da parte di tutti.