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Dopo le elezioni europee

Ue ora: quale ruolo economico globale fra Usa e Cina

28 Mag 2019 - Paolo Guerrieri - Paolo Guerrieri

La spallata sovranista e populista non si è verificata. Nelle elezioni europee, l’avanzata di liberali e verdi – questi ultimi sorretti soprattutto dal voto dei giovani – ha arginato la perdita di voti e seggi delle due forze politiche tradizionali, il Partito popolare europeo (Ppe) e i socialisti e democratici (S&D), da decenni al governo dellEuropa. La guida della Ue verrà probabilmente assicurata da un variegato insieme di forze europeiste, una maggioranza più frammentata  di prima ma comunque ampia.

Ma non è vero che tutto potrà proseguire come prima. La richiesta chiara venuta dagli elettori è a favore di cambiamenti importanti nei contenuti e nelle politiche dell’Europa unita. A cominciare dai temi e problemi economici, alla base del malessere sociale oggi così diffuso in Europa e del successo dei sovranisti in molti Paesi dell’Unione. Ciò richiederà una serie di risposte su temi rilevanti che vanno dal governo dell’euro, al mercato unico fino alle politiche sociali europee. Ma è sul fronte esterno all’Europa che si giocherà la partita più importante. Riguarda la ridefinizione del ruolo dell’Ue nel contesto economico globale. Perché quest’ultimo è profondamente mutato in questi anni.

Ridefinire il ruolo della Ue nel contesto globale
L’economia mondiale è ormai un sistema multipolare senza più la chiara leadership di un Paese, poiché gli Stati Uniti non vogliono più esercitarla e la Cina non è ancora in grado o è restia a farlo. Tutto ciò fa sì che la scena globale sia animata da tensioni crescenti e aspri conflitti. Come la guerra commerciale e tecnologica che è in corso tra Washington e Pechino.  Naturalmente, nessuno è oggi in grado di prevedere come andrà a finire. Ma si può già intravedere un’economia globale sempre più dominata da grandi aree-poli, con relazioni ispirate alla più stretta reciprocità e in cui i rapporti di forza contano quanto, e, forse, più delle regole.

Se vorrà contare e rappresentare una potenza globale in questo contesto – come le hanno chiesto i cittadini elettori europei – l’Ue dovrà saper ridefinire nei prossimi anni una sua posizione e un suo ruolo. Se ne dovrà occupare, innanzitutto, molto più attivamente di quanto abbia fatto in quest’ultimo decennio, in cui tutta l’attenzione è stata rivolta prevalentemente ai problemi economici interni.

In estrema sintesi, ciò significherà definire nei cinque anni della nuova legislatura una strategia comune europea nei confronti innanzitutto dei due maggiori attori economici globali, Stati Uniti e Cina. Non si potrà restare semplicemente a guardare lo scontro in atto tra i due giganti, pensando magari di lucrarne anche un beneficio. Sarebbe a dir poco esiziale per le sorti dell’Europa. E una fonte sicura di maggiori costi futuri.

Una strategia verso Stati Uniti e Cina
Nei confronti degli Stati Uniti, nella consapevolezza che il legame atlantico in tema di difesa (LINK) e sicurezza resta per noi fondamentale e da salvaguardare, sul piano più strettamente economico le due sfide più rilevanti da gestire saranno, da un lato, il negoziato commerciale bilaterale con l’Amministrazione Trump, che si presenta sulla carta molto difficile per i contrastanti interessi europei in gioco; dall’altro, una più lungimirante gestione delle politiche macroeconomiche, riducendo l’enorme avanzo commerciale europeo, in primis ma non solo tedesco. È un problema che ci trasciniamo da tempo. Potranno essere d’aiuto a questo riguardo l’insieme di interventi previsti – e di cui si è già cominciato a discutere in sede comunitaria – in tema di completamento dell’Unione economica e monetaria (Uem) e riforma della governance dell’area euro.

Nei confronti dell’altro grande attore, la Cina, dopo la lunga fase dominata dall’approccio “business first”, che ha permesso a ogni Paese europeo soprattutto di fare affari con Pechino, vi è oggi una maggiore consapevolezza da parte europea – soprattutto franco-tedesca – che la Cina rappresenti, oltre che un partner commerciale assai importante, anche un rivale strategico con cui misurarsi. L’Europa dovrà però continuare a differenziarsi dalla crociata condotta unilateralmente dagli americani a colpi di dazi, e saper distinguere nel confronto con la Cina tra dimensione globale, da un lato, dove c’è comunanza di interessi con Pechino nella difesa del sistema commerciale multilaterale (anche se con molti caveat); e dimensione bilaterale, dall’altro,  dove invece va posto fine a un’ asimmetria di relazioni a favore della Cina non più sostenibile, reclamando e imponendo una maggiore reciprocità, ad esempio in tema di acquisti pubblici e trattamento delle imprese europee.

Un rinnovato multilateralismo
Allo stesso tempo l’Ue dovrà continuare a tessere relazioni sempre più intense con il resto del mondo, a partire dal Giappone e dagli altri Paesi dell’Asia, intensificando la politica di accordi commerciali già sperimentata con successo in questi ultimi due anni. È evidente che per l’Europa il rafforzamento di un sistema commerciale multilaterale aperto abbia rappresentato in passato e continui a rappresentare oggi un interesse vitale, dal punto di vista economico e strategico. Ma il contesto multilaterale andrà rivisitato e adattato al nuovo contesto multipolare e alle logiche di potere che lo animano. La riforma e modernizzazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) va in questa direzione.

Politiche comuni per lo sviluppo produttivo europeo
È evidente che una maggiore presenza unitaria dell’Ue sulla scena internazionale, del tipo fin qui delineato, necessiterà di strumenti adeguati. Il che imporrà di intervenire anche a livello interno su un ventaglio di politiche comunitarie, quali quelle commerciali, industriali e tecnologiche per modernizzarle e meglio coordinarle a livello europeo. In altre parole, servirà formulare un approccio comune allo sviluppo produttivo dell’Ue, che continui a difendere la nostra apertura e integrazione nel mondo, ma in modo da promuovere la crescita della tecnologia e della produttività europea con più reciprocità da affermare nelle relazioni con i nostri principali partner commerciali.

In questa prospettiva il problema più spinoso da affrontare resterà quello dei nazionalismi europei e della mancanza di fiducia reciproca tra Paesi. È da qui – va ricordato – che sono venuti in questi anni gli ostacoli maggiori alla nascita e sviluppo in molti settori di grandi imprese europee, veri campioni europei in grado di competere a livello globale con gli oligopoli americani e cinesi.

C’è comunque una maggiore consapevolezza oggi in Europa sul fatto che si possa e debba fare di più a livello comune europeo rispetto al poco fatto in passato, se si vorrà veramente affermare un ruolo più attivo dell’Ue nel nuovo mondo multipolare. Servono impegni concreti che dovranno figurare tra le priorità dell’agenda della nuova Commissione europea. Staremo a vedere.

In conclusione, non si può non osservare che rispetto a questi possibili sviluppi delle politiche della Ue nella nuova legislatura l’Italia rischia molto concretamente di rimanere fuori. Alla luce dei risultati delle elezioni europee è pressoché scontato che la maggioranza dei nostri parlamentari farà parte della minoranza del futuro Parlamento. Rischiamo così di non essere presenti là dove si decideranno le più rilevanti politiche e interventi europei. E pensare che con la Brexit si era immaginato che l’Italia sarebbe potuto divenire il terzo polo di un nuovo “triangolo” di guida dell’Unione. Ma non sarà così. Gli equilibri oggi che si stanno formando ci spingono ai margini delle scelte europee. Con effetti e ripercussioni negative tutte ancora da valutare.

Foto di copertina © Geovien So/SOPA Images via ZUMA Wire