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Scenari di crisi marittimi

Golfo: Usa, Iran e non solo, ritorno al passato ad Hormuz

20 Mag 2019 - Fabio Caffio - Fabio Caffio

La marea di una nuova crisi marittima nell’area dello Stretto di Hormuz sembra inesorabilmente montare. Gli scenari ipotizzabili sono quelli già visti negli Anni Ottanta del Novecento. Gli attori, anche, sono più o meno gli stessi.

Sul piano politico l’Unione europea si è sinora impegnata nel mantenimento di un dialogo con l’Iran, relativamente all’accordo sul nucleare osteggiato dall’Amministrazione Trump. Manca tuttavia all’Ue una prospettiva marittima dedicata alla libertà di navigazione nel Golfo Persico.

La  chiusura di Hormuz da parte iraniana rappresenterebbe una violazione della legalità internazionale, stante il regime di libertà di transito stabilito dalla Convenzione del diritto del mare per gli stretti adibiti alla navigazione internazionale. Il Consiglio di sicurezza potrebbe quindi intervenire.

Nulla impedirebbe tuttavia all’Iran o agli Stati Uniti e ai loro alleati di agire unilateralmente in legittima difesa in ipotesi di casus belli reciproci. Anche in un simile contesto, andrebbero garantiti i diritti dei Paesi terzi, proprio come avvenne trent’anni or sono.

Golfo in fiamme
Non si è ancora spenta la memoria della Guerra del Golfo che vide l’Iran confrontarsi con l’Iraq ed i suoi alleati statunitensi e kuwaitiani in un conflitto armato sul mare [1] che riguardò anche i mercantili dei Paesi non partecipanti alle ostilità.

L’Italia fu costretta ad affidare alla Marina la missione di proteggere il traffico mercantile nazionale, dopo l’attacco – ad opera di pasdaran (Guardie armate rivoluzionarie) iraniani – subito dalla nostra nave portacontainer “Jolly Rubino” il 2 settembre 1987.

Analoga iniziativa fu assunta da altre Marine europee – il cui intervento fu coordinato dall’Unione dell’Europa occidentale (Ueo) – le quali, oltre a scortare in convoglio il naviglio di bandiera nel transito attraverso lo Stretto, provvidero a sminare le rotte di accesso.

L’arma del petrolio
I Paesi non coinvolti nelle ostilità (e quindi neutrali) dovettero affrontare due problemi: da un lato le minacce iraniane alla libertà di passaggio nello Stretto; dall’altro, l’esercizio dei diritti di belligeranza delle Forze navali di Teheran (che includevano gruppi ‘irregolari’ di Pasdaran) con il  controllo dei carichi dei  mercantili stranieri, stante la lotta al commercio marittimo di Bagdad, in seguito sanzionato da embargo navale Onu.

Al tempo si palesarono le mire di Teheran sull’uso strategico di Hormuz.  La minaccia dell’Iran di fermare il traffico petrolifero via mare (in percentuale, non meno del 20% di quello mondiale e con valori superiori per Cina, Giappone ed India) si è ripetuta a più riprese negli Anni Duemila, in risposta alle politiche statunitensi contro la proliferazione nucleare.

Ora che gli Stati Uniti hanno decretato il blocco delle esportazioni petrolifere di Teheran, è Israele ad ipotizzare il fermo di navi cisterna trasportanti greggio iraniano “di contrabbando”.

Rischi potenziali
Quando si parla di effettivo blocco di Hormuz bisogna considerare che la realtà è diversa dalla propaganda. La strategia di interdizione si baserebbe su azioni occasionali di disturbo tramite barchini esplosivi, droni armati o mine navali, più che su impiego di unità in pattugliamento o batterie missilistiche terrestri.

Questo è già successo in passato, anche nel corso di ‘incontri ravvicinati’ tra unità statunitensi ed imbarcazioni iraniane dei Pasdaran (ad aprile designati da Washington come gruppi terroristici), non sfociati in atti ostili per puro caso. Un nuovo assaggio si è avuto qualche settimana fa quando mercantili sauditi sono stati danneggiati da esplosioni.

In effetti, l’Iran non controlla tutte le rotte che fanno capo allo Stretto: i corridoi di traffico nella parte centrale di Hormuz ricadono, ad esempio, in acque territoriali omanite perché i fondali del versante iraniano non sono adeguati. Per il restoil  traffico marittimo dell’area è equamente distribuito nelle acque territoriali di Iran ed Oman, a seconda delle rotte seguite dai mercantili.

Rilevante è perciò il ruolo dell’Oman, sorta di custode neutrale della libertà di navigazione, anche se Mascate ha concesso agli Stati Uniti una base militare. Ben difficilmente il Sultanato tollererebbe quindi interferenze iraniane nei propri spazi marittimi.

Impegno atlantico ed europeo
La posta in gioco nel Golfo è ancora una volta molto alta. Ne va di mezzo l’ordine mondiale ed il funzionamento di intere economie legate ai flussi energetici via mare. L’area di crisi rischia di allargarsi ad altri choke-point internazionali come lo Stretto di Bab el Mandeb, ove le milizie yemenite huthi hanno già attaccato nel 2018 una petroliera saudita.

Il confronto militare che oppone a livello regionale l’Iran agli Stati Uniti ed ai loro alleati è generato da un’insanabile rivalità. Ma, come insegna la Guerra del Golfo del secolo scorso, l’Occidente (compreso il Giappone) e in particolare l’Europa, non potrebbero a lungo reggere l’urto di un conflitto che, in modo non dissimile dalla pirateria, insidi la libertà dei traffici marittimi.

L’interruzione dei rifornimenti energetici ai Paesi Nato da parte  delle Monarchie del Golfo, ove attuato con la forza dall’Iran, potrebbe mettere a repentaglio la loro energy security in modo tale da giustificare un intervento dell’Alleanza a difesa delle vie di comunicazione passanti per Hormuz.

L’Ue, per parte sua,  seguendo la linea della vecchia Ueo,  non potrebbe non  mettere in atto misure navali di protezione del traffico commerciale nell’ambito della propria Politica di sicurezza e  difesa comune.

In ogni caso, mantenere la libertà di navigazione nel Golfo è questione che, interessando la comunità internazionale nel suo complesso, richiede chiare prese di posizioni, anche a livello di monito preventivo, come del resto accade per la contesa del Mar della Cina.

[1] I risvolti giuridici di quella che segnò lo sviluppo di nuove prassi di diritto internazionale marittimo sono stati analizzati approfonditamente nell’opera  The Iran-Iraq War (1980-1988) and the Law of Naval Warfare (Edited by Andrea de Guttry and Natalino Ronzitti), Cambridge, 1993.