Eurovision: Israele, il concorso possibile obiettivo Hamas
All’indomani della designazione ricevuta per formare il nuovo esecutivo, e alla vigilia dello Eurovision Song Contest, è la questione sicurezza ad impegnare Benjamin Netanyahu nei primi giorni del suo quinto mandato (quarto consecutivo) in qualità di primo ministro israeliano. Infatti, lo scorso fine settimana, Hamas ed altre cellule terroristiche operative nella Striscia di Gaza hanno lanciato circa 600 razzi, colpendo il sud di Israele e causando morti, feriti e danni.
Venerdì 3 maggio, le Forze di Difesa israeliane avevano diffuso i dati sul numero dei morti civili e militari che Israele ricorda il 7 maggio per Yom HaZikaron, la giornata dedicata alla memoria: 23.741 soldati caduti dal 1880 (anno di inizio della moderna comunità ebraica sionista) e 3.146 civili vittime del terrorismo. Ma ce ne sono già altre quattro ad allungare la lista, assassinate dai razzi lanciati da Hamas.
La tempistica di quest’ultimo attacco condotto dagli islamisti di Gaza non è casuale. Il giorno seguente lo Yom HaZikaron, Israele celebra Yom HaAtzmaut, la Giornata dell’Indipendenza, quando gli israeliani in tutto il Paese hanno festeggiato il 71° anniversario della fondazione dello Stato ebraico. Non che Hamas attacchi Israele ogni anno in occasione di queste giornate. Ma quest’anno è diverso.
L’Eurovision song contest, un fatto nuovo
Subito dopo, infatti, si celebra un evento capitato solo una volta ogni vent’anni (nel 1979, nel 1999 ed ora nel 2019: una ciclicità casuale): il festival internazionale della canzone Eurovision Song Contest, in programma a Tel Aviv dal 14 al 18 maggio. Delegazioni e musicisti provenienti da tutta Europa ed oltre sono già arrivati in Israele e hanno iniziato le prove, oltre a girare per il Paese e condividere le proprie esperienze con i loro fan tramite i social network. Ed il 4 maggio, la Jihad Islamica palestinese (Jip) ha esplicitamente minacciato di far piovere razzi sulla manifestazione e su Tel Aviv e di colpire l’aeroporto internazionale Ben Gurion.
In questi ultimi giorni la cosiddetta ‘bolla di Tel Aviv’ è stata risparmiata e nella ‘Città Bianca’ residenti e turisti – pop star e non – hanno potuto continuare, apparentemente, la loro vita normale.
Ma appena due mesi fa, anche gli abitanti di Tel Aviv dovettero scappare da bar, club, teatri, e i genitori precipitarsi a strappare i bambini dai letti per correre nei rifugi antiaerei al suono delle sirene d’allarme. La European Broadcasting Union, cioè l’Eurovisione, che organizza lo Eurovision Song Contest, ha affermato che “…the show must go on…” (lo show deve continuare) e che devono continuare le prove, rinfrancati dalle rassicurazioni provenienti dal premier Netanyahu.
Anche per Israele, le cose vanno avanti “come di norma”
Il problema è che la norma in Israele comprende Hamas e Jihad Islamica che sparano razzi contro civili da oltre un decennio. Vi sono diciottenni originari del sud del Paese, che iniziano ora il loro servizio di leva nelle Forze di Difesa israeliane, avendo avuto tutta la loro vita scandita da periodiche sirene d’allarme, e corse al riparo, e preghiere che i propri cari abbiano fatto in tempo a trovare un rifugio (secondo le statistiche, l’85% dei ragazzi israeliani fra i 4 ed i 18 anni cresciuti al suono dell’allarme Tzeva Adom – colore rosso – soffre di disturbi da stress post-traumatico).
Tutto questo, secondo il governo israeliano, è assolutamente inaccettabile. Netanyahu intende fermare i razzi da Gaza una volta per tutte ed il comando delle Idf avrebbe già elaborato una chiara strategia su cosa fare: se si dovrà usare la forza militare per cercare di risolvere la minaccia di Hamas, allora che la forza questa volta sia schiacciante, così da piegarlo il più a lungo possibile; non come dopo l’ultimo round di violenze che risale a solo cinque settimane fa.
Il Governo si sta adoperando per raggiungere un nuovo accordo con Hamas grazie alla mediazione egiziana: anche questa è un’opzione, ma deve essere fatta in modo che funzioni e che non vada in pezzi ogni volta che è un po’ in ritardo il carico d’aiuti, denaro e finanziamenti proveniente dal Qatar a sostegno della popolazione civile e, soprattutto, di quadri e vertici di Hamas (gli stipendi pubblici, a rigor di norma, dovrebbe corrisponderli Fatah, che è però alle prese con una pesante crisi interna nella West Bank e non riesce a coprire le spese).
Il diritto a una vita normale
Hamas e gli altri gruppi terroristici palestinesi ritengono, apparentemente, di potere stabilire l’agenda e decidere quando combattere e quando non combattere, in base alle loro convenienze. Uno degli scopi del terrorismo, per definizione, è quello di continuare a seminare paura nelle popolazioni civili e tenere la loro vita sotto la continua spada di Damocle della violenza.
Ma gli israeliani in tutto il Paese, compresi quelli che stanno a sud della ‘bolla di Tel Aviv’, hanno diritto a una vita normale che non comporti missili e guerre.
Israele dovrebbe poter celebrare la Giornata dell’Indipendenza senza che i riservisti siano richiamati in servizio lontano da casa. E dovrebbe potere tenere con dignità e sicurezza un importante evento musicale internazionale. È chiaro che la Jihad islamica, la seconda maggiore fazione terroristica palestinese a Gaza, sostenuta dall’Iran, è responsabile dell’ultima escalation. L’obiettivo era verosimilmente quello di sabotare gli sforzi guidati dall’Egitto per stabilizzare Gaza. Mentre sembra, almeno per il momento, che quello di Israele sia quello di costringere Hamas a tenere sotto controllo la Jihad Islamica, prima di prendere in considerazione eventuali passi ulteriori.
Allo stato attuale, è impossibile prevedere come evolverà la situazione ma è certo che Israele reagirà a qualsiasi tentativo di attacco contro i propri interessi nazionali. E anche contro lo Eurovision Song Contest.