Elezioni europee: clima, al voto per il futuro del pianeta
Il voto del 23-26 maggio per il rinnovo del Parlamento europeo rappresenta un momento fondamentale per il futuro dell’Unione e del suo progetto di integrazione politica, economica e sociale. La sfida proveniente dal campo sovranista – seppur eterogeneo e diviso al suo interno – rappresenta una minaccia concreta per quelli che sono i valori di integrazione e prosperità incarnati dalle istituzioni europee, Parlamento in primis.
Nonostante, numeri alla mano, il fronte euroscettico difficilmente riuscirà a impensierire la maggioranza espressa dalle tradizionali famiglie politiche europeiste in seno all’emiciclo, le elezioni saranno un banco di prova per il futuro dell’Ue e del suo ruolo nello scacchiere internazionale. Puntare – già da domenica – su un’Europa ambiziosa su temi chiave come la transizione energetica e lotta ai cambiamenti climatici potrebbe essere la ricetta per scongiurare una deriva sovranista.
Leader globale nella transizione energetica
Checché ne dicano i suoi detrattori, l’Unione europea continua a essere un’incredibile storia di successo che riunisce sotto un unico tetto 28 Paesi (in attesa di scoprire il destino del Regno Unito), e garantisce a oltre 500 milioni di persone di convivere, muoversi, studiare e lavorare liberamente in ogni angolo del continente. Per quanto indebolita dai postumi della crisi economico-finanziaria, da Brexit e dagli screzi intra-nazionali sulla questione dei migranti, grazie a un Pil di quasi 19 trilioni di euro (pari a quasi un quarto del totale globale) l’Unione rimane la seconda economia a livello mondiale e la leader indiscussa in settori chiave quali la ricerca, l’innovazione tecnologia e la trasformazione industriale.
Ma è sui temi della transizione energetica, della decarbonizzazione dell’economia e della lotta ai cambiamenti climatici che – più di ogni altro attore – l’Unione europea è in grado di giocare un ruolo da leader nello scacchiere globale. A partire dal 2006, infatti, l’Ue ha elaborato la sua prima politica energetica e climatica comune, che prevede il raggiungimenti di alcuni target per la riduzione delle emissioni di CO2, la crescita delle energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica al 2020, con l’ambizioso obiettivo della quasi totale decarbonizzazione dei consumi nel 2050. Grazie a queste politiche pubbliche, dal 1990 a oggi l’Ue ha sperimentato una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 23% a fronte di una un crescita dell’economia del 53%, posizionandosi in modo incontrovertibile alla guida degli sforzi globali contro i cambiamenti climatici.
La sfida dei cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici determinati dall’innalzamento dalle temperature globali rappresentano una delle più serie e complesse minacce su scala planetaria, con implicazioni irreversibili su un numero elevato di ecosistemi, nonché sulla vita di gran parte degli esseri umani. Calotte polari in scioglimento e crescita del livello dei mari, aumento di fenomeni meteorologici estremi e inondazioni, progressiva desertificazione e ondate di calore senza precedenti caratterizzeranno il futuro del pianeta terra se l’aumento delle temperature non verrà mantenuto sotto 1,5° entro la fine del secolo. Con implicazioni dirette e indirette sull’uomo, dall’accesso alle risorse alimentari e idriche, alla necessità di migrare per far fronte a condizioni di vita resesi insostenibili.
La dimensione globale di questa minaccia impone alla comunità internazionale la necessità di elaborare una risposta congiunta e coordinata, della quale solo l’Ue – in virtù del suo ruolo di leader globale – può effettivamente prendersi carico. Questo implica, da un lato, continuare in modo deciso la propria azione sul fronte interno, e dall’altro, favorire un approccio multilaterale e cooperativo, che non sempre i partner internazionali sono disposti a sottoscrivere. Sul piano interno ciò significa continuare con la drastica riduzione delle emissioni di CO2 senza però andare inficiare le performance economiche e il benessere dei cittadini europei, grazie a una trasformazione dell’economia in senso low-carbon, sostenibile e circolare. Un lotta contro i cambiamenti climatici in grado di spingere e incoraggiare processi di innovazione e trasformazione industriale su diversi fronti: dallo sviluppo delle rinnovabili alle bio-energie, dall’idrogeno alle smart-grids, passando per i sistemi di demand-response e di accumulo ai veicoli elettrici.
Oltre ai “compiti a casa”, sarà tuttavia necessario intraprendere un coraggioso sforzo sul piano internazionale, dove le scelte energetico-climatiche di attori come Cina e Stati Uniti (in aggregato 43% delle emissioni globali, contro l’8% dell’UE) hanno un impatto dirimente sulla salute del pianeta. Partendo da loro Bruxelles, sulla scia del successo della Cop21 a Parigi nel 2015, dovrà riuscire a mobilitare un nuovo, più ambizioso, sforzo multilaterale nella lotta per il clima.
Occasione da non perdere
Quindici anni fa l’Unione europea ha deciso, in modo audace e unilaterale, di affrontare per prima le grandi sfide introdotto dai cambiamenti climatici, pagandone talvolta le conseguenze in termini socio-economici e di competitività industriale. Nonostante questi rischi, l’Ue è riuscita a limitare il proprio impatto sull’aumento delle temperature globali e a posizionarsi in anticipo in alcuni settori tecnologico-industriali abilitanti per la transizione energetica e climatica, attorno ai quali si gioca la crescita dell’economia del presente e del futuro, sia nel continente sia su scala mondiale.
Di fronte ai crescenti investimenti delle grandi potenze internazionali nella transizione energetica, le istituzioni e l’industria europee dovranno riuscire a valorizzare e massimizzare questo vantaggio comparato, pur senza limitare gli sforzi cooperativi su scala globale. Sia il benessere dei cittadini europei che la sostenibilità dell’intero pianeta dipendono da un approccio ambizioso e coerente ai temi della trasformazione energetica e della lotta ai cambiamenti climatici, un approccio che soltanto un’Unione europea forte e coesa sarà in grado di portare avanti nei prossimi cinque anni.
Foto di copertina © Manuela Ricci/IPA via ZUMA Press