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Amministrazione Usa e diritto internazionale

Disarmo: Att, la decisione di Trump e il valore di una firma

6 Mag 2019 - Natalino Ronzitti - Natalino Ronzitti

Il 26 aprile, parlando ad Indianapolis di fronte alla National Rifle Association, la Nra, la la lobby delle armi, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato testualmente che le Nazioni Unite riceveranno presto una nota formale  di rigetto da parte degli Usa del Trattato sul commercio delle armi (Att, nell’acronimo inglese).

L’affermazione si colloca nel quadro di una “policy” intrapresa dall’Amministrazione Trump, con lo svincolo dall’accordo sul nucleare iraniano, la denuncia del Trattato Inf e l’assenza di una decisione finale sul rinnovo del New Start, che scade nel 2021. Si direbbe che il disarmo stia entrando in una transizione non felice.

Ma di questo non intendiamo parlare. Vogliamo invece soffermarci sugli aspetti tecnico-formali della decisione di non ratificare l’Att (quelli sostanziali sono già stati affrontati da Carlo Trezza nel suo articolo su questo webzine).

Lo stato del Trattato
L’Att, concluso nel 2013, è entrato in vigore nel 2014, ed ha già ottenuto 101 ratifiche, tra cui quelle degli Stati dell’Unione europea. Gli Stati Uniti lo hanno solo firmato, ma non ratificato. Cina e Russia non l’hanno neppure firmato.

L’Att non è quindi uno strumento obbligatorio per gli Stati Uniti e pertanto si dice cosa imprecisa quando si afferma che essi, dopo l’annuncio di Trump, intendono recedere dall’Att. Il recesso, infatti, si esercita nei confronti di un trattato in vigore per lo Stato che intende effettuarlo.

Il valore della firma
Trump ha quindi fatto un’affermazione di solo valore politico-mediatico? No! La statuizione del presidente americano ha anche effetti giuridici. Infatti, l’apposizione della firma non obbliga lo Stato ad osservare il trattato, ma un effetto lo produce: l’obbligo del firmatario di astenersi dal compiere atti che priverebbero il trattato del suo oggetto e scopo. Ad esempio, porre in essere una condotta che renderebbe impossibile o più difficile l’adempimento degli obblighi del trattato, una volta entrato in vigore per lo Stato.

Come è possibile per uno Stato privare di effetti giuridici la firma? Semplicemente dichiarando che non intende ratificare il trattato.  A tal fine è necessaria una formale notifica al depositario del trattato (nel caso dell’Att il segretariato generale delle Nazioni Unite). Si possono citare un paio di precedenti.

Negli ultimi giorni di presidenza, Clinton firmò il Trattato relativo allo statuto della Corte penale internazionale. L’Amministrazione Bush, che era intenzionata a concludere accordi per impedire la consegna di cittadini americani alla Corte, notificò al depositario che gli Stati Uniti non avrebbero ratificato lo statuto: un atto necessario perché la stipulazione di accordi del genere sarebbe stata contraria all’obbligo di privare lo statuto del suo oggetto e scopo gravante sullo Stato firmatario.

Anche la Russia, recentemente, ha notificato al depositario che non avrebbe ratificato lo statuto, citando espressamente la disposizione della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che attribuisce tale facoltà.

Il destino della firma
Una volta apposta, la firma non viene “cancellata” o “ritirata”. Il depositario si limita ad inserire accanto alla firma la dichiarazione dello Stato che non intende ratificare il trattato. Tale dichiarazione appare pertanto nella tavola delle ratifiche, firme e riserve curata dal depositario. Tra l’altro questi non si può opporre alla dichiarazione dello Stato. Il depositario ha solo un compito notarile e dovrà limitarsi a fare circolare la dichiarazione tra gli Stati parti o semplicemente firmatari.

Conclusione
Il Regno Unito, dopo il discorso di Trump, si è espresso per un ripensamento degli Stati Uniti, essendo un passo che mette a rischio l’universalità dell’Att. Simile augurio è stato formulato dall’ambasciatore lettone J. Karklins, presidente della quinta Conferenza degli Stati parti dell’Att, che avrà luogo a Ginevra dal 26 al 30 agosto 2019.

Anche l’Unione europea, tramite Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, ha espresso un profondo disappunto per la decisione del presidente americano. Come si è detto, l’Att conta attualmente 101 ratifiche e 34 firme (59 Stati non l’anno neppure firmato). E’ però difficile pensare che l’attuale Amministrazione americana colga l’auspicio e torni indietro.

Ciò non toglie che, quantunque non esistano precedenti,  la ratifica dell’Att sia giuridicamente possibile, qualora in futuro gli Usa intendessero compiere tale passo, annullando la precedente dichiarazione di non divenire uno Stato parte.