Cina: il cyberspionaggio che non cambia le carte in tavola
Secondo una recente analisi interna della Marina statunitense, quest’ultima sarebbe obiettivo di un cyber-assedio da parte della Cina e sia fornitori sia produttori avrebbero difficoltà nel contenere queste violazioni di sicurezza all’interno della catena di fornitura. Altri esperti ritengono che, negli ultimi 15 anni, Pechino abbia sottratto l’equivalente di più di 50 terabyte di dati relativi a caccia di quinta generazione (“stealth”), radar, missili e motori.
La domanda che molti analisti e osservatori si pongono è dunque se rubando dai Paesi più avanzati, la Cina possa farsi strada nel campo delle tecnologie militari così da raggiungere la supremazia americana. Pechino ha messo in campo tecnologie che, all’apparenza, ricordano gli avanzati sistemi d’arma statunitensi , alcuni prototipi di sistemi futuri e altre tecnologie militari.
I risultati ottenuti dalla Cina in campo militare richiamano i toni allarmisti di alcuni analisti della difesa come Richard Clarke, per il quale gli Stati Uniti potrebbero vedere i successi di anni in ricerca e sviluppo “rubati dai cinesi”. Dello stesso avviso Keith Alexander, ex direttore della National Security Agency, il quale teme che il cyberspionaggio potrebbe portare al “più grande trasferimento di potenza/ricchezza della storia”, privando Washington del suo vantaggio industriale, scientifico e tecnologico. Nel nostro ultimo articolo su International Security, “Why Has China Not Caught Up Yet”, spieghiamo come rubare informazioni all’estero porti benefici molto più limitati rispetto a quanto generalmente riconosciuto.
Free-riding e know-how
In primo luogo, gli Stati non possono sfruttare segreti industriali sul design, sullo sviluppo e sulla produzione di sistemi d’arma avanzati senza dover sostenere alcun costo. Per comprendere e applicare questo tipo di informazioni, devono prima sviluppare una solida base industriale, scientifica e tecnologica, inclusi laboratori specifici, impianti di prova e personale altamente qualificato.
Ad esempio, il potere aereo statunitense si basa su impianti come il McKinley Climatic Laboratory (base aeronautica di Eglin), il Nevada Test and Training Range (base di Nellis) e l’Avionics Laboratory (base Wright-Patterson). Gli avversari degli Stati Uniti necessitano di simili strutture per comprendere e applicare le informazioni che hanno sottratto.
L’Unione sovietica incontrò questo tipo di problemi negli anni Sessanta e Settanta, mentre cercava di replicare il Concorde, il jet commerciale supersonico anglo-francese. Mosca ottenne disegni e progetti tramite lo spionaggio industriale, ma non andò lontano. Secondo un analista dell’intelligence, “la tecnologia sovietica o la metallurgia non erano all’altezza di interpretare o ricostruire la tecnologia occidentale.”
In secondo luogo, è improbabile che hackerare server stranieri fornisca tutte le informazioni necessarie a riprodurre una data tecnologia. Dettagli cruciali potrebbero mancare da progetti e disegni, dato che gli ingegneri non mettono sempre per iscritto tutto ciò che è importante.
È successo, infatti, che le stesse forze armate statunitensi si siano trovate ad avere difficoltà a replicare le proprie tecnologie. Per esempio, quando la Marina americana cominciò a ristrutturare le testate nucleari sui missili balistici Trident negli anni Novanta, scoprì che non riusciva a riprodurre un materiale creato negli anni Ottanta, dal nome in codice “Fogbank”. Il personale che aveva lavorato su “Fogbank” era andato in pensione o altrove, non lasciando alcuna traccia scritta o dettagli rilevanti. La Marina spese 69 milioni di dollari e impiegò più di una decade per riprodurre questo materiale essenziale.
I costi della fase finale
I sistemi d’arma moderni hanno infatti miriadi di componenti che, se non prodotti o integrati in maniera precisa, possono causare seri problemi. Senza tutte le informazioni, far andare le cose nel modo giusto è estremamente difficile. I risultati della nostra ricerca suggeriscono che l’accesso a informazioni straniere è più d’aiuto quando il Paese che le sta sottraendo è ormai quasi arrivato al traguardo – ovvero quando vi è solo ormai uno o un numero limitato di ostacoli a trattenerlo dal riprodurre una determinata tecnologia.
Infatti, più un progetto è ormai prossimo al suo completamento, più diventa difficile e costoso risolvere gli ultimi ostacoli, i perfezionamenti fondamentali per un sistema d’arma avanzato. Gli ingegneri impegnati nella costruzione del F-117 Nighthawk, per esempio, stimarono che il 10 percento finale del lavoro arrivi a costare circa il 40% del progetto totale. Quindi se una nazione si trova in quelle battute finali, l’informazione su come produrre un dato materiale, ad esempio, potrebbe rappresentare il momento di svolta.
Pechino rincorre Washington con difficoltà
Su International Security abbiamo esposto nel dettaglio la quantità di difficoltà che la Cina ha incontrato nell’imitare, copiare e riprodurre i sistemi d’arma occidentali. Ad esempio, Pechino ha finora fallito nel riprodurre motori a turbofan affidabili e potenti, necessari ai propri caccia di quarta generazione per operare dalle portaerei, così come per i caccia di quinta generazione.
Tali problemi derivano dal fatto che la Cina non padroneggia ancora i processi e i materiali necessari a produrre motori di aerei altamente sofisticati, dove le più piccole deviazioni dagli standard ottimali (imperfezioni di 1/10 di millimetro) possono essere sufficienti a far bloccare il motore. Il motore che la Cina sta sviluppando per il suo caccia più avanzato ha subìto infatti esplosioni durante test a terra, e gli ingegneri cinesi non sembrano aver ancora trovato una soluzione. Finché la Cina non svilupperà motori potenti ed affidabili, il suo potere aereo rimarrà fortemente limitato.
Ovviamente, rubare tecnologia da altre nazioni può portare dei vantaggi, ma questa strategia non è una scorciatoia che magicamente permette di eguagliare le tecnologie più avanzate. Per diventare un produttore di armi di prim’ordine, un paese deve prima sviluppare tutte le capacità industriali, scientifiche e tecnologiche necessarie, e in seguito dovrà attraversare un lungo e costoso processo di prove ed errori nel sistema di suo interesse.
Questo articolo è una traduzione di “Is China’s cyberespionage a military game-changer?” pubblicato su The Washington Post – Monkey Cage Blog il 14 marzo 2019). Traduzione a cura di Ilaria Latorre.
Le opinioni espresso in questo articolo sono quelle degli autori e non rappresentano quelle della NATO o del NATO Defense College.