Austria: terremoto politico, colpo di freno destra populista
L’avanzata della destra populista in Europa potrebbe subire una frenata (probabilmente non un arresto) dal naufragio della coalizione di destra nata alla fine del 2017 in Austria. I fatti sono noti: Heinz-Christian Strache, leader del Partito della Libertà (Fpoe) e Johann Gudenus, capogruppo alla Camera, vengono surrettiziamente filmati mentre, in una lussuosa villa a Ibiza, discutono con la finta nipote di un oligarca russo laute sovvenzioni al partito in cambio di appalti per costruzioni stradali e altro.
Il video, della durata di sette ore, risale al luglio 2017, tre mesi prima delle ultime elezioni parlamentari e cinque mesi prima dell’entrata di Strache al governo; alcuni brani sono stati resi noti venerdì 17 maggio da due prestigiosi organi di stampa tedeschi, che sostengono di aver ricevuto il documento solo nell’aprile scorso, in forma anonima.
Lo Strache intrappolato
Il vice-cancelliere Strache non ha potuto fare a meno di dimettersi, riconoscendo di avere commesso una “catastrofica imbarazzante stupidaggine”, complici abbondanti libagioni. Nega però ogni rilevanza penale e sostiene che l’unica azione criminale è la trappola che gli è stata tesa da ignoti, forse da qualche servizio segreto.
L’indagine ora annunciata dal cancelliere Sebastian Kurz dovrà chiarire se la mera promessa di assegnare cospicui appalti all’ipotetico partner russo, escludendo determinate imprese austriache, e l’invito a versare al partito sovvenzioni clandestine attraverso una apposita Onlus (canale già utilizzato in passato) costituiscano reati. La proposta di ‘take-over ostile’ del più diffuso quotidiano austriaco con i soldi russi, per poi cacciare quattro o cinque redattori e sostituirli con persone di fiducia, richiamando esplicitamente il modello ungherese, non è tecnicamente un delitto, ma politicamente è disastrosa.
Il Kurz furioso
Kurz ha reagito energicamente. Dicendosi “deluso e scioccato” è stato probabilmente sincero, ma ha anche seguito un lucido calcolo politico: sganciarsi in tempo dalla zavorra elettorale che ormai rappresenta l’Fpoe. Dopo avere giustificato la controversa decisione di allearsi nell’autunno 2017 con la destra nazionalista in quanto non esistevano allora alternative, e dopo avere rivendicato l’opera riformatrice realizzata dalla coalizione in questi 17 mesi, ha enfaticamente rivelato di avere dovuto ingoiare, tacendo, parecchi rospi, i cosiddetti “casi isolati” di connivenza dei dirigenti Fpoe con estremisti e antisemiti. Ma dopo aver visionato parti del famoso filmato conclude che “genug ist genug” (noi diremmo:quando è troppo è troppo).
Gli insulti e le insinuazioni rivolti a lui stesso (non pubblicati) sarebbero secondari – sostiene –, ma i progetti dell’aspirante vice-cancelliere in tema di media, appalti e finanziamenti occulti sono di estrema gravità e nuocciono alla reputazione del Paese. Fine pertanto della collaborazione ed elezioni anticipate in settembre.
Ascesa di Hofer e cacciata di Kickl, il Salvini austriaco
La dirigenza dell’Fpoe si illudeva di cavarsela con le dimissioni del capogruppo Gudenus e di Strache, sostituito da Norbert Hofer. Di Hofer, già candidato alla presidenza, sconfitto di misura da Alexander van der Bellen nel 2016, si mormorava nelle settimane scorse che puntasse a spostarsi in occasione di un imminente rimpasto dai Trasporti agli Esteri, in quanto migliore trampolino per una rivincita alle prossime elezioni presidenziali. Ma, come ha dichiarato Kurz, gli ex-alleati mostrano di non aver capito la gravità della situazione e la necessità di un vero cambiamento.
Sentito il capo dello Stato – e non deve essere stato difficile convincerlo –, il cancelliere ha annunciato che gli proporrà il licenziamento (la Costituzione lo consente, ma non si è mai fatto) del ministro dell’Interno e uomo forte dell’Fpoe Herbert Kickl. Ciò pur sapendo che Hofer e l’interessato avrebbero in tal caso chiesto agli altri ministri della loro squadra di dimettersi in blocco.
Appare plausibile che proprio questo fosse l’obiettivo del cancelliere: sostituire i dimissionari con tecnici e andare avanti per alcuni mesi con un governo di minoranza, anche a rischio di subire un voto di sfiducia da parte delle opposizioni di destra e di sinistra, in modo da lucrare dalla perdita di consensi dell’ex-alleato.
Una campagna elettorale aspra
Nell’annunciare le elezioni anticipate, Kurz ha subito aperto la campagna elettorale: dopo la sferzata ai nazionalisti, non più degni di fiducia, una frecciata ai socialisti, rievocando lo scandalo Silberstein (dal nome del consulente israeliano autore per loro conto di fake news per infangare Kurz e i popolari nella campagna 2017). E dato che il partito socialista, ora guidato dalla dottoressa Pamela Rendi-Wagner, non condivide nulla del suo programma di riforme, ha invitato gli elettori ad emettere un verdetto chiaro, dando un ampio appoggio ad un leader unico, lui, e alla sua politica.
Il ‘Salvini austriaco’ ha velenosamente contrattaccato accusando Kurz di ebbrezza del potere. Si delinea dunque una campagna insolitamente dura.
E ora a maggior ragione, si va avanti!
Mentre l’improvvido Gudenus ha addirittura lasciato il partito, la definitiva uscita di scena di Strache non è scontata. Ha infatti twittato: “E ora a maggior ragione (andiamo avanti)”. “Jetzt erst recht!” è il motto che aveva contrassegnato, nel 1986, la campagna per l’elezione di Kurt Waldheim a presidente della Repubblica, pur dopo le rivelazioni sul suo passato nazista.
Quanto alle elezioni europee di domenica prossima, la svolta di Kurz dovrebbe rafforzare l’orientamento dei partiti popolari europei verso una netta presa di distanza dalle destre sovraniste, già propugnato dal tedesco Manfred Weber. L’ignominioso naufragio di Strache potrebbe avere ripercussioni sugli indecisi tendenti a destra, non solo in Austria. Ma non illudiamoci: Per lo zoccolo duro , che in diversi Paesi a cominciare dal nostro è assai ampio, vale il motto “jetzt erst recht!”