IAI
L'Ue prende tempo

Clima: ventaglio soluzioni unica opzione transizione energetica

23 Apr 2019 - Giorgia Manno - Giorgia Manno

Mentre il Consiglio europeo prende tempo, scommettere su un ventaglio di soluzioni per la sfida climatica è l’unica opzione nella transizione energetica.

Divergenze nazionali rallentano il Consiglio europeo
Il dibattito sulle ambizioni europee nella lotta al cambiamento climatico è sempre molto vivo a Bruxelles. Anche il quarto rapporto sullo stato della Energy Union, rilasciato ad aprile dalla Commissione europea, ribadisce l’importanza di parlare con una voce unica tra i membri dell’Unione e fa riferimento all’ambiziosa Strategia di Lungo termine lanciata lo scorso novembre su richiesta del Consiglio.

In parallelo, ogni Stato membro sta elaborando un proprio piano Energia&Clima per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo climatico comune. Eppure sembra difficile fare convergere tutte le capitali Ue su una stessa posizione. L’ultimo Consiglio europeo, infatti, ha deluso chi sperava nella conferma, da parte degli Stati membri, dell’obiettivo di decarbonizzazione Ue per il 2050. Le discussioni sui punti più ostici sono state rimandate ed è ancora silenzio sulle priorità nazionali e su un’eventuale tabella di marcia da seguire per giungere alla neutralità climatica. Sono invece emersi approcci contrastanti, tra l’ambizione di Francia, Olanda, Lussemburgo, Spagna, Danimarca e la cautela di Germania e Paesi dell’Europa Centro-orientale.

Tali divergenze tra Stati membri rafforzano la tesi secondo cui la risposta europea al cambiamento climatico rimane inesorabilmente condizionata dalle singole esigenze degli Stati membri, tra mix energetici e infrastrutture nazionali esistenti. Del resto quel che sembra facilmente raggiungibile in un Paese non necessariamente è sostenibile (anche solo dal punto di vista economico) in un altro.

Allo stesso modo, esigenze e vincoli sono distinti anche tra settori industriali. Difficile dunque che vi sia un’unica risposta al problema climatico. La futura domanda energetica mondiale non potrà che essere soddisfatta da un ventaglio di soluzioni, da diverse tecnologie che devono poter competere tra loro in un mercato libero e globalizzato.

Possiamo fare a meno del petrolio nella transizione energetica?
Fino a qualche anno fa tutto partiva dal cosiddetto oro nero, il greggio, fattore fondamentale di sviluppo economico[1]. Nell’industria di domani, invece, il petrolio sarà solo una delle fonti di produzione, e si punta a sostituirlo gradualmente e sempre più con biomasse, rifiuti, idrogeno… Diverse le possibili chiavi di volta. Tra queste rientra certamente l’elettrificazione, su cui tanto si scommette.

Eppure, la stessa Iea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, prevede una crescente domanda petrolifera mondiale almeno fino al 2040[2], visto il consumo atteso nelle aree in cui la densità energetica dei carburanti liquidi rimane insostituibile. In settori come l’aviazione, il marittimo o la petrochimica, l’elettrificazione non consente, ad esempio, di stoccare la massima quantità di energia nel minor volume e peso possibile[3].

In questo contesto diversi manifesti per il clima sollecitano un cambio di abitudini, scambi commerciali, legami industriali. Eppure non siamo forse schiavi del progresso fin qui raggiunto, delle nostre comode quanto preziose abitudini? Nei Paesi sviluppati e dai ritmi frenetici, l’uomo del XXI secolo considera ormai tutto alla propria portata, vede raggiungibile il luogo più remoto, ama e desidera vivere ogni occasione poiché tutto, o quasi, sembra diventato possibile. Come chiedere a un cittadino di trascorrere otto ore in treno anziché una in volo, di trovare alternative più onerose almeno dal punto di vista del tempo, l’oro di oggi? “Mai prima d’ora abbiamo avuto così poco tempo per fare così tanto”, diceva del resto già F. D. Roosevelt.

Secondo la visione dei raffinatori, i prodotti liquidi a basso contenuto di carbonio, quali biocarburanti o carburanti sintetici, possono rappresentare un’alternativa fondamentale per quei settori il cui ruolo è fondamentale nell’economia nazionale ma che rimangono difficili da conformare ai dettami dell’accordo di Parigi. Molti progetti su fonti liquide a basso contenuto di carbonio sono già in corso di realizzazione e sono sviluppabili utilizzando o riadattando infrastrutture già esistenti (depositi, oleodotti, stazioni di servizio…). Inoltre e sempre più, a Bruxelles – come incoraggia la Commissione nella Strategia – si punta all’integrazione intra-settoriale per la condivisione di strutture e costi.

Certezza e stabilità del quadro regolatorio: fattori chiave per il cambiamento
Tuttavia, per far fronte alla sfida climatica servono investimenti onerosi e l’investitore deve potere contare su un mercato aperto e scalabile. Progetti altamente innovativi verranno sviluppati solo se il quadro regolatorio fornirà certezza e stabilità. Ad oggi, ad esempio, non si ragiona in modo olistico, sono in vigore atti dedicati al settore energivoro, altri al settore automobilistico, altri ancora ai soli carburanti, senza considerare le interrelazioni tra i vari ambiti.

Molto rimane dunque ancora da fare a livello Ue. In questo quadro, il Consiglio merita forse di essere considerato lento e retorico, o sta invece puntando a proteggere la competitività europea? E quali saranno le priorità da seguire per raggiungere la neutralità climatica? Sembra che il successo europeo non possa prescindere dalle visioni nazionali, né dalla collaborazione industriale.

Aspettando passi avanti a livello politico occorre creare il contesto giusto per potere contare su più cavalli di battaglia (tecnologici), al fine di consentire a tutti gli Stati membri di perseguire la stessa sfida, assicurando una transizione energetica giusta, inclusiva e adeguata alle esigenze ambientali di tutti, nella tutela della competitività. Ancora una volta dunque, l’Ue deve puntare sul dialogo e sul confronto, su un approccio realistico e variegato, permettendo a diverse risposte di concorrere e contribuire per far fronte alle emergenze comuni di oggi e di domani.

[1] L’analisi “EU Refining Fitness Check 2016” condotta dalla Commissione europea, ha concluso che l’industria della raffinazione europea ha direttamente contribuito per circa l’1.2% al valore aggiunto lordo proveniente dall’industria manifatturiera.

[2] IEA, World Energy Outlook 2018

[3] Nel New Policy Scenario del Weo 2018 della Iea il minore uso di petrolio da parte dei veicoli per passeggeri e dalle applicazioni residenziali verrà compensato dalla domanda di prodotti per il petrolchimico, per l’aviazione, navali e per i veicoli commerciali pesanti.