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Dopo cinque settimane di proteste popolari

Algeria: Bouteflika lascia, il regime s’interroga su successione

4 Apr 2019 - Francesca Caruso - Francesca Caruso

Abdelaziz Bouteflika abdica e la macchina della successione si mette in moto in Algeria. Dopo cinque settimane di proteste popolari contro un suo quinto mandato, il presidente s’è dimesso. Intendeva lasciare entro il 28 aprile, giorno in cui sarebbe scaduto il suo quarto mandato, e voleva prima prendere decisioni importanti per garantire la continuità delle attività istituzionali fino alle prossime elezioni; ma, poi, martedì 2 aprile, s’è fatto da parte.

L’unico giornale che aveva ipotizzato quali potevano essere le “decisioni importanti” è l’Algerie Patriottique, un giornale francofono che nelle ultime settimane ha anticipato molti retroscena della crisi algerina, come per esempio che il 30 marzo Eli Haddad, ex capo del Forum degli industriali algerini, si sarebbe dimesso.

Secondo l’Algerie Patriottique, le decisioni importanti riguardavano tre nuove nomine strategiche per la tenuta del Paese e dello stesso regime: un nuovo presidente del Senato al fine di sedare, in parte, le insoddisfazioni dei manifestanti contro l’attuale; un nuovo presidente del Consiglio costituzionale, l’organo preposto a validare o meno le prossime elezioni presidenziali; un nuovo capo dell’esercito, lasciando però, a Ahmed Gaid Salah, l’attuale capo di Stato Maggiore, l’incarico di vice-ministro della Difesa.

Il ruolo del capo di Stato Maggiore e ministro della Difesa
Nel nuovo governo che Bouteflika ha nominato il giorno prima di annunciare e poi dare le dimissioni, Salah è infatti uno dei sei componenti rimasti in carica. E questo nonostante il volta-faccia – se così si può chiamare – che aveva appena fatto nei confronti del presidente, 82 anni e gravemente malato. Il 26 marzo, Salah sembrava essersi schierato dalla parte del popolo. O meglio: dalla parte di coloro che volevano l’uscita di scena di Bouteflika
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“In questo contesto è necessario, vedi imperativo, adottare una soluzione per uscire dalla crisi, rispondendo alle rivendicazioni legittime del popolo algerino e garantendo il rispetto delle disposizioni della Costituzione e della sovranità dello Stato” aveva dichiarato il capo di Stato Maggiore e vice-ministro della Difesa, parlando a Ouargla, città nel nord-est del Paese. “Tale soluzione, ha continuato Salah, è stipulata nell’articolo 102 della Costituzione”. Ovvero l’articolo che poteva mettere da parte, una volta per tutte, il presidente in carica dal ’99.

L’appello del capo delle Forze Armate – spina dorsale del Paese – è stato fatto in un momento in cui le proteste contro il regime occupavano le strade di tutto il Paese da cinque settimane, dal 22 febbraio. Le manifestazioni, scaturite di fronte alla possibilità di un quinto mandato di Bouteflika, erano continuate in maniera incessante anche dopo il 4 marzo, giorno in cui il Presidente aveva annunciato che non si sarebbe ricandidato alle elezioni presidenziali del 18 aprile, rinunciando così alla possibilità di essere rieletto per un quinto mandato.

L’articolo 102 della Costituzione e le condizioni di Bouteflika
Ma per molti, questa rinuncia era semplicemente una tattica, utilizzata spesso dal regime, per cambiare tutto senza cambiare nulla. Perché in effetti Bouteflika aveva sì rinunciato al quinto mandato ma, allo stesso tempo, aveva cancellato le elezioni con la scusa che il Paese doveva essere accompagnato alla transizione attraverso la creazione d’un comitato elettorale, una modifica della Costituzione e una conferenza nazionale. E solo a quel punto, si potevano indire le elezioni.

Se il popolo aveva reagito alla mossa del 4 marzo continuando a manifestare, l’esercito – attraverso Salah –  aveva invocato l’applicazione dell’articolo 102, ovvero l’articolo della Costituzione del 2016 secondo cui un presidente può essere dichiarato “in uno stato di impedimento”, in caso di una malattia grave e duratura che gli impedisca di esercitare le sue funzioni. Cosa del tutto fondata, dal momento che Bouteflika non solo è malato da molti anni, e per la precisione dal 2013, anno in cui è stato colto da un ictus, ma è anche in serie difficoltà nel governare. Dal 2013, infatti, è su una sedia a rotelle, non ha quasi più partecipato alle attività istituzionali e le sue apparizioni pubbliche si contano sulle dita di una mano.

Se però le due condizioni di base per applicare l’articolo 102 – ovvero la malattia duratura e l’incapacità di governare – c’erano, ora l’organo preposto per metterlo in esecuzione era il Consiglio costituzionale. Questo, a sua volta, doveva chiedere al Parlamento il suo parere e solo se più di due terzi del Parlamento avessero espresso un parere favorevole, l’articolo sarebbe diventato effettivo.  A quel punto il presidente del Consiglio della Nazione, ovvero la Camera alta del Parlamento, sarebbe diventato il presidente ad interim, con 90 giorni per organizzare delle elezioni, cui però non poteva partecipare.

Il nodo della scelta del successore
Ma di fronte alla proposta di Salah, il Consiglio costituzionale non si era espresso ufficialmente. Appena dopo la dichiarazione del capo di Stato Maggiore, infatti, sembrerebbe che il Consiglio costituzionale si sia riunito d’urgenza. Alcune agenzie di stampa hanno dato la notizia, ma poco dopo l’hanno smentita. Molto probabilmente, ciò significava che i ranghi del regime algerino non avevano ancora una road-map definitiva su come arrivare al post-Bouteflika. Secondo El Watan, giornale francofono del Paese, il nodo girava intorno all’opportunità di prolungare o meno il quarto mandato di Bouteflika fino alla conferenza nazionale. E questo perché, molto verosimilmente, il regime non ha ancora in mente di chi sarà il successore del presidente più duraturo della storia dell’Algeria.

Nell’Algeria di Bouteflika, quando si parla di regime si parla di un sistema di alleanze molto dinamico tra il presidente, l’esercito, i partiti politici del Fronte di Liberazione nazionale (Fln) e del Raggruppamento nazionale democratico (Rnd) e l’élite economica. E capire oggi quale siano gli accordi tra i vari gruppi di potere è ancora molto difficile. Considerando i colpi di scena degli ultimi dieci giorni, si potrebbe pensare che il clan di Bouteflika abbia perso colpi rispetto all’esercito. E quattro giorni dopo la dichiarazione del capo di Stato Maggiore, Haddad, capo degli industriali algerini e fedelissimo di Bouteflika, non solo si è dimesso, ma è stato arrestato al confine con la Tunisia mentre stava scappando.

Ciò detto, se l’esercito sta riprendendo il sopravvento nella scena politica algerina, ciò non significa che questo sia ben accetto dai membri dell’opposizione e dal popolo algerino. Dopo le dichiarazioni di Salah, i membri dell’opposizione hanno infatti parlato della possibilità di un ‘colpo di Stato’ e, soprattutto, del fatto che dall’iter previsto dall’articolo 102 non sarebbero necessariamente scaturite le riforme e la transizione democratica che chiedono gli algerini da più di un mese.

Secondo il Fronte delle Forze socialiste, infatti, “ancora una volta il potere algerino – si legge in un comunicato – attraverso il capo dello Stato Maggiore prende in giro la volontà popolare”.  Mentre secondo Moustapha Bouchachi, avvocato ed ex presidente della Lega algerina dei diritti dell’uomo, l’articolo 102 è un aborto del movimento popolare del 22 febbraio. “I simboli del vecchio regime – ha spiegato durante una livechat sul suo profilo Facebook – supervisioneranno il periodo di transizione, organizzeranno le elezioni e proclameranno i risultati. A mio avviso, questo è inaccettabile nei confronti di tutti gli algerini”.