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Verso un Mou sulla Nuova Via della Seta

Xi a Roma: l’Italia indebolisce se stessa e l’Ue

19 Mar 2019 - Lucrezia Poggetti - Lucrezia Poggetti

Con la visita imminente del presidente cinese Xi Jinping, l’Italia si prepara a firmare un Memorandum d’intesa con la Cina che sigla l’adesione ufficiale del Paese alla Belt and Road Initiative (Bri), la Nuova Via della Seta di Pechino. Mentre le critiche del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca verso la scelta dell’Italia di concludere l’accordo hanno innescato un dibattito politico acceso, non si è discusso altrettanto di come l’avvicinamento tra Roma e Pechino influirà sui rapporti tra il governo italiano e l’Unione europea, nonché sulla politica estera dell’Europa nei confronti della Cina. Allontanandosi dall’Europa per avvicinarsi a Pechino, l’Italia indebolisce se stessa e l’Ue.

L’Europa si attrezza per affrontare Pechino
Al momento, Ue e Italia vanno in due direzioni opposte sulla strategia da adottare per confrontarsi con la Cina. L’Ue si prepara ad affrontare “la crescente percezione in Europa che l’equilibrio tra sfide e opportunità presentate dalla Cina sia cambiato”, come delineato nell’ultimo Outlook strategico” che dovrebbe essere adottato dal Consiglio europeo il 21 marzo. Da tempo, l’Ue si è resa conto che l’ascesa economica della Cina ha dei risvolti politici, e si sta attrezzando per meglio rispondere alle ambizioni geopolitiche di Pechino.

L’Italia, d’altro canto, sembra invece continuare a guardare alla Cina come un attore prettamente economico, senza considerare l’impatto che la politica estera e commerciale cinesi hanno sugli interessi italiani ed europei. Sottovalutando i rischi che l’avvicinamento politico a Pechino comporta, la “Task Force Cina” del ministero dello Sviluppo economico (Mise), guidata dal sottosegretario Michele Geraci e dal vicepremier Luigi Di Maio, promuove legami più stretti con il governo cinese nella speranza di ottenere in cambio accesso privilegiato a opportunità economiche. La firma fortemente simbolica di un Memorandum d’intesa sulla “Belt and Road Initiative” fa parte di questa “strategia” promossa dalla Task Force.

A rischio la politica estera europea verso la Cina
L’Outlook strategico dell’Ue riflette anche sul fatto che per affrontare le sfide poste dalla Cina sia necessaria la comunione di intenti dell’Unione e dei suoi Stati membri. Questa riflessione nasce dalla consapevolezza che da soli, l’Ue o qualsiasi Paese europeo, non hanno il peso economico e politico necessario per confrontarsi con Pechino. Così come negli ultimi anni economie in difficoltà come la Grecia, o Paesi vicini politicamente a Pechino come l’Ungheria, hanno talvolta bloccato azioni unitarie Ue verso la Cina su violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale per non irritare il governo di Pechino, ora l’Italia – che a detta del sottosegretario Geraci mira a diventare “il principale partner politico ed economico della Cina in Europa” – rischia di indebolire le politiche europee sulla Cina.

Più ancora che il framework per la cooperazione tra Cina e Paesi dell’Europa dell’Est “16+1”, spesso definito come il “cavallo di Troia” cinese in Europa, la vicinanza Roma-Pechino, sigillata dalla firma solenne di un Memorandum sulla “Belt and Road Initiative”, mette a rischio la coesione europea con l’influenza che l’Italia – membro del G7, Paese fondatore dell’Ue e terza economia dell’Eurozona – può esercitare a Bruxelles. Un assaggio di questi rischi l’Ue l’ha già avuto durante i negoziati per la creazione di un meccanismo di screening degli investimenti stranieri, che il governo italiano precedente aveva patrocinato insieme a Francia e Germania per difendersi da investimenti predatori cinesi. Nel voto finale per l’entrata in vigore del meccanismo, sostenuto da tutti i Paesi Ue, solo Italia e Regno Unito si sono astenute. Sulla stessa “Belt and Road Initiative”, l’ambasciatore italiano a Pechino aveva firmato assieme ad altri 26 capi di missione europei (escluso l’ambasciatore ungherese) a febbraio del 2018 un report critico dell’iniziativa, affermando che, lungi dall’essere una situazione “win-win”, questa promuove quasi esclusivamente gli interessi delle aziende cinesi.

La necessità di una strategia di lungo termine
Anziché puntare sul fatto che rapporti politici più stretti con Pechino – simboleggiati dall’adesione ufficiale alla Nuova Via della Seta – possano trasformarsi in vantaggi economici, l’Italia dovrebbe elaborare una strategia a lungo termine nei confronti della Cina che integri l’analisi delle opportunità economiche con una valutazione dei rischi, economici e politici. L’idea di una partnership sullo stesso livello con Pechino non è realistica. In varie occasioni, la Cina è ricorsa a ritorsioni economiche contro Paesi europei e altre democrazie che non si sono allineate alle sue posizioni politiche.

Se non altro, i dibattiti accesi che stanno avendo luogo in preparazione alla visita di Stato del presidente Xi Jinping hanno messo in luce le implicazioni geopolitiche del rapporto con Pechino, dando la possibilità a un dibattito pubblico sulla Cina – non solo economico, ma anche politico e strategico – di affermarsi in Italia. Questo dibattito potrebbe confluire nell’elaborazione di una strategia di lungo termine. Per cominciare, lavorando internamente per rilanciare la competitività dell’industria italiana, e nel frattempo spingere insieme ai partner europei perché la Cina apra di più i suoi mercati, l’Italia avrebbe più chance di assicurarsi risultati economici duraturi, proteggendosi dalla crescente assertività cinese nei rapporti bilaterali.

Foto di copertina © Wiktor Dabkowski/DPA via ZUMA Press