India/Pakistan: dal confronto a un nuovo processo di pace
Il 14 febbraio, un attacco perpetrato da Jaish-e-Muhammed (JeM) contro delle forze armate indiane a Pulwama, nella porzione del Kashmir amministrata dall’India, ha fatto più di 40 morti. Sono seguite contromisure da parte indiana, tra cui il bombardamento di un campo di addestramento JeM a Balakot, e l’annuncio della costruzione di una diga sul fiume Ravi – assegnato all’India da un Trattato del 1960 e le cui acque fluiscono in Pakistan -, innescando così una escalation tra i due Paesi che da decenni si confrontano in un conflitto sul controllo della regione del Kashmir.
In uno scontro avvenuto nei cieli del Kashmir, il 26 febbraio, un MiG-21 indiano è stato abbattuto, cadendo in territorio pakistano. Il pilota è stato così catturato dalle forze armate del Pakistan, per essere poi liberato, in buono stato di salute, venerdì 1° marzo. Un secondo aereo indiano è stato abbattuto durante questo scontro, mentre un elicottero indiano Mi-17 è caduto nella parte di amministrazione indiana del Kashmir. Tuttavia, non vi è ancora chiarezza sulle dinamiche di questi incidenti. È però certo che si è registrata una escalation che ha seriamente fatto temere il rischio di un confronto aperto tra le due potenze nucleari.
Sfondo elettorale
Tutto ciò avviene in un contesto politicamente delicato. In Pakistan è in carica il nuovo governo guidato dall’ex campione di cricket Imran Khan, insediatosi solamente qualche mese fa; l’India è invece in piena campagna elettorale, caratterizzata da toni sempre molto aspri: le elezioni politiche si terranno tra aprile e maggio.
In India, il confronto elettorale non vede più l’attuale premier Narendra Modi (leader del partito nazionalista Bharatiya Janata Party, Bjp) come il vincitore indiscusso; il maggiore partito di opposizione, l’Indian National Congress, guidato da Rahul Gandhi, negli ultimi mesi è stato protagonista di un’inattesa rimonta nei sondaggi, nonché vincitore di elezioni regionali di primaria importanza. In questo contesto, Modi ha sfruttato le tensioni con il Pakistan per rafforzare la propria immagine presso gli elettori, compattando e riscaldando gli animi.
Gli interessi nella regione
Mentre sia Islamabad sia Nuova Delhi non considerano fattibile l’opzione nucleare, altre contromisure sono invece state considerate. Nuova Delhi ha deciso infatti di costruire una diga sul fiume Ravi per regolare il flusso dell’acqua verso il Pakistan. Questa scelta sottolinea il ruolo fondamentale che le risorse naturali hanno in questa regione, anche vis á vis la Cina, con cui l’India ha contenziosi territoriali tuttora aperti, fra cui quelli riguardanti il controllo del corso del Brahmaputra.
Il contesto regionale ha difatti un ruolo fondamentale. La stabilità della regione permette all’India di continuare la propria espansione economica ed influenza geopolitica. L’India ha infatti appena aperto un canale commerciale con l’Iran, che faciliterà gli scambi commerciali tra Nuova Delhi e Teheran, attraverso il porto di Chabahar.
Inoltre, sia India sia Pakistan hanno un forte interesse a che il processo di pace in Afghanistan abbia un esito positivo. Uno scontro tra Nuova Delhi e Islamabad potrebbe sospendere questo processo, cui stanno partecipando anche gli Stati Uniti, i quali potrebbero aver avuto un ruolo nell’abbassamento dei toni tra indiani e pakistani.
Altro fattore importante è la Cina, indiscussa potenza regionale e globale, la quale intrattiene con il Pakistan stretti rapporti commerciali. È infatti attraverso il Corridoio economico Cpec (China-Pakistan Economic Corridor) che le merci cinesi possono accedere al mercato africano, tramite il porto di Gwadar. La sensazione di accerchiamento è fortemente sentita a Nuova Delhi e ciò influenza le relazioni con il Pakistan. L’India è infatti ben consapevole che un confronto aperto con il Pakistan potrebbe portare la Cina a decidere di intervenire, schiacciando così l’India in un conflitto su due fronti, di difficile gestione.
Nessun vincitore da uno scontro aperto
In un quadro così complesso, è importante sottolineare il valore del rilascio in buono stato, ed in soli due giorni, del pilota indiano catturato. Ciò dimostra che anche da parte pakistana non c’è la volontà di andare verso una escalation.
Queste ultime settimane hanno dato una scossa ad un conflitto che si trascina ormai da decenni. Ciò può anche rappresentare l’occasione per aprire un nuovo dialogo, avendo raggiunto –ancora una volta – la consapevolezza che né India né Pakistan potrebbero uscire veramente vincitori da uno scontro aperto.
Questa presa di coscienza dovrebbe essere usata per ribaltare le relazioni tra i due Stati e aprire un nuovo dialogo di pace, capace di superare l’attuale status quo (dove entrambi i Paesi hanno a volte strumentalizzato il conflitto per fini politici interni) e portare ad una trattativa volta a stabilizzare la regione. La diplomazia internazionale, a partire dalle Nazioni Unite – il cui Segretario Generale António Guterres ha in questi giorni rinnovato l’invito a facilitare trattative di pace tra India e Pakistan – dovrebbe cogliere questa opportunità.
Foto di copertina © Rana Sajid Hussain/Pacific Press via ZUMA Wire