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Tra scandali e Onu nel guado

Haiti: rivolte di piazza contro la corruzione

12 Mar 2019 - Emanuele Torre - Emanuele Torre

Un terremoto catastrofico che nel 2010 ha causato più di 200 mila morti. Un’epidemia di colera micidiale che ha contagiato circa 500 mila persone, uccidendone più di 9 mila. Le devastazioni e le vittime dell’uragano Matthew nel 2016. La siccità che per anni ha contribuito ad aggravare insicurezza alimentare e malnutrizione. Ma anche l’instabilità politica che ha segnato la sofferta storia democratica haitiana dopo la fuga del presidente Jean Claude Duvalier nel 1986. I colpi di Stato del 1981 e poi del 2004 che decisero la duplice deposizione dell’ex presidente Jean-Bertrande Aristide. Gli interventi e la presenza militare statunitense.

L’uomo e la natura sembrano essersi accaniti contro il piccolo Stato caraibico di Haiti negli ultimi quarant’anni. Ed oggi l’ex colonia francese deve fare i conti con le proteste degli oppositori del presidente Jovenel Moïse, culminate con gli scontri tra manifestanti e polizia che avrebbero provocato circa una decina di vittime. Numero che secondo fonti dell’opposizione potrebbe arrivare anche a 50.

Lo scandalo Petrocaribe
Dopo le manifestazioni che nel 2016 infiammarono la presidenza di Michel Martelly al termine del suo mandato, oggi la situazione politica haitiana torna ad essere dominata da forti tensioni.  A febbraio, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza e nelle strade della capitale e di altre città del Paese per chiedere le dimissioni del presidente Moïse. Ad innescare le proteste un caso di corruzione e malversazione che coinvolgerebbe il presidente ed il precedente governo.

I manifestanti pretendono infatti che si svolga un’indagine sull’utilizzo di 3.800 milioni di dollari che Haiti avrebbe ricevuto in quanto membro del programma Petrocaribe, organizzazione internazionale di mutua assistenza fondata nel 2005 dall’ex presidente venezuelano Hugo Chávez con alcuni paesi dei Caraibi.

L’obiettivo dell’organizzazione sarebbe l’acquisizione da parte dei Paesi caraibici di petrolio venezuelano a prezzi preferenziali. L’accordo si proponeva sin dal principio l’eliminazione di intermediari per la compravendita del greggio, favorendo enti diretti dai governi. Jovenel Moïse sarebbe accusato di aver preso parte al meccanismo di corruzione che avrebbe favorito l’appropriazione indebita dei fondi di Petrocaribe durante la presidenza del suo predecessore.

Nei giorni precedenti le proteste, la Corte dei Conti haitiana aveva reso note delle revisioni secondo le quali risultano delle irregolarità nella gestione del denaro di Petrocaribe tra il 2008 ed il 2016 che coinvolgerebbero 15 tra ex ministri e attuali funzionari. Tra gli enti implicati nello scandalo per il tribunale ci sarebbe anche un’impresa gestita da Moïse prima di ottenere il mandato presidenziale. Le verifiche dimostrerebbero poi che i fondi ottenuti da Petrocaribe per la realizzazione di infrastrutture, progetti economici e sociali sarebbero stati dirottati per la realizzazione di opere rimaste inconcluse.

Dalla contestazione agli scontri
La difficilissima situazione economica e sociale in cui il Paese caraibico versa da ormai diversi anni ha favorito l’immediata radicalizzazione delle proteste che si sono trasformate in vere e proprie rivolte. Lo scandalo destabilizza la posizione già debole del presidente Moïse agli occhi dell’opinione pubblica. Candidato del “Partito Haitiano delle Teste Rasate”,  Moïse era stato eletto una prima volta nel 2015, ma la vittoria era stata contestata ed annullata per brogli ed irregolarità.

L’attuale mandato è stato invece assegnato a seguito delle elezioni del 2016, vinte con 590 mila voti ed un’affluenza pari a un misero 20% della popolazione in una situazione di assoluta emergenza per i danni provocati poche settimane prima dall’uragano Matthew.

Nonostante le condizioni particolari in cui si tennero le operazioni di voto, però, i risultati furono confermati e Moïse ottenne la presidenza del Paese.

Fino ad ora, però, la crisi di Haiti non sembra essere una priorità nell’agenda della comunità internazionale. I riflettori politici e mediatici restano quasi esclusivamente puntati sul Venezuela. La Comunità Caraibica (Caricom) ha espresso la propria preoccupazione per la perdita di vite umane al culmine degli scontri tra i manifestanti e le forze governative. Mentre Stati Uniti e Canada hanno emesso allerta di viaggio raccomandando ai propri cittadini di non recarsi ad Haiti alla luce degli ultimi sviluppi.

Il ruolo delle Nazioni Unite
Port-au-Prince rappresenta per le organizzazioni internazionali, ed in particolare per l’Onu, un vero e proprio campo minato. La missione Minustah – Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti – promossa dal Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro nel 2004 e conclusasi nel 2017, avente come obiettivo una transizione democratica del Paese dopo la destituzione del presidente Aristide – non ha sortito alcun effetto positivo. Anzi, si potrebbe dire il contrario.

Peacekeeper dello Sri Lanka sono stati coinvolti in uno scandalo di prostituzione minorile e i caschi blu sarebbero stati responsabili della diffusione dell’epidemia di colera che dal 2010 ha portato alla morte di circa 9 mila persone. L’1 dicembre 2017 l’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ammise pubblicamente per la prima volta il ruolo del contingente Onu nella diffusione dell’epidemia. Il primo caso di colera era stato infatti causato a Mirebalais nel 2010 dall’acqua di scarico di un accampamento dell’Onu – dove risiedevano 454 caschi blu arrivati dal Nepal – che defluiva nel fiume Meille, usato dagli abitanti del centro haitiano per lavarsi.

Se il ruolo dell’Onu ad Haiti in passato è stato disastroso, è però legittimo chiedersi quale possa essere per il futuro del Paese. Dall’ottobre 2017, infatti, l’Onu promuove nello Stato caraibico una nuova missione, la Minujusth, di cui fanno parte 1.300 agenti di polizia internazionale e 350 civili che hanno il compito di sviluppare la polizia locale, promuovere una riforma del sistema giudiziario e favorire il rispetto dei diritti umani.

Il mandato sembra difficilissimo se si guarda al passato ed al presente dell’Onu nel Paese. E in particolare, se si considera che ad oggi Haiti è il Paese più povero dell’emisfero occidentale, con l’indice di sviluppo umano più basso del continente americano. La rinascita per Haiti sembra ancora una possibilità lontanissima. E, aspetto ancora più grave, sembra difficile trovare dei compromessi e delle soluzioni risolutive per le gravi condizioni che pesano sul popolo haitiano.