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Osservatorio IAI/Ispi

Crescita e occupazione: Vertice, cosa ci chiede l’Europa

25 Mar 2019 - Franco Bruni - Franco Bruni

Un punto importante dell’ordine del giorno del Consiglio europeo del 22 marzo ha riguardato il rafforzamento della base economica dell’Unione europea, perseguendo il miglioramento dell’“occupazione, della crescita e della competitività”. Si tratta evidentemente di un tema vasto nel trattare il quale non è facile evitare la genericità e concentrarsi con decisioni concrete sugli aspetti più urgenti. Il comunicato del Consiglio richiama l’importanza di una strategia europea in tema di politica industriale e digitale, riduzione delle barriere commerciali e delle varie forme di distorsioni protezionistiche. Non pare però andar più in là di deleghe alla Commissione affinché, in merito, presenti entro un anno nuove proposte e piani di azione.

Un punto più preciso sono invece le priorità dell’Annual Growth Survey e le connesse Raccomandazioni di politica economica per l’Unione, formulate in gennaio, che il Consiglio ha approvato invitando i Paesi membri a rifletterle nei loro Piani nazionali di Riforma che dovranno essere presto presentati. Da queste priorità e raccomandazioni, dirette per ora all’insieme dell’Unione, nasceranno nelle prossime settimane quelle specificamente dirette a ogni Stato membro. Per l’Italia sarà un delicato momento di verifica dei progetti di politica economica e finanziaria per i prossimi anni. Un momento che dovrà accordarsi con i numeri del nuovo Ded e ottenere l’approvazione della Commissione, dello stesso Consiglio e dei mercati finanziari.

Le Raccomandazioni approvate dal Consiglio europeo
Fra i punti di rilievo delle Raccomandazioni approvate dal Consiglio europeo vi è l’attenzione per la dinamica salariale la cui accelerazione, soprattutto in alcuni settori, deve confermare la sostenibilità della ripresa e accordarsi con i progressi della produttività. In Italia andrebbe favorito il dialogo fra le parti sociali per realizzare forme di più spinto decentramento della contrattazione che facilita la più sollecita incorporazione degli aumenti di produttività nelle retribuzioni.

In tema di finanza pubblica l’idea del Consiglio, nutrita dalle analisi della Commissione, è di mirare al rispetto del Patto di Stabilità e Crescita, cioè delle regole di disciplina dei deficit e dei debiti pubblici, ma di non insistere con ricette di austerità che mal si adattano a una fase in cui la ripresa ciclica rischia di frenare anche in seguito alle tensioni geopolitiche e ai pericoli del protezionismo. L’ideale sarebbero politiche di bilancio in grado di stimolare l’economia non con l’entità del deficit ma con la qualità delle poste di entrata e uscita.

Le Raccomandazioni approvate insistono inoltre sulla riduzione dell’imposizione sul lavoro, sulle spese per istruzione e formazione, utili anche per facilitare le transizioni verso nuove occupazioni, sugli investimenti pubblici e sul miglioramento delle condizioni per l’accelerazione di quelli privati. Il tema degli investimenti è particolarmente cruciale per l’Italia che in sede europea può facilitare decisioni che mantengano e amplino il supporto di progetti e finanziamenti comunitari. Ovviamente ciò ci richiede di dimostrare il rispetto degli accordi esistenti sui progetti infrastrutturali europei e il buon uso dei fondi già disponibili.

I temi relativi all’eurozona e all’Unione bancaria e dei Mercati dei Capitali
Rimangono poi urgenti i temi relativi all’eurozona e all’Unione bancaria e dei Mercati dei Capitali. Si tratta dei canali di circolazione del sangue nel corpo del mercato unico: senza ridurre la segmentazione dei mercati monetari e creditizi lungo i confini nazionali, la profondità e l’efficienza dei mercati dei beni e dei servizi vengono ostacolate e la politica monetaria centralizzata finisce per avere effetti perversamente diversi fra Paese e Paese. L’Italia è particolarmente interessata ai progressi su questo fronte: ad esempio, le condizioni attuali dei nostri mercati creditizi risultano meno fluide ed espansive di quanto potrebbe risultare dalle politiche adottate dalla Bce.

Ma per integrare bene i mercati bancari e finanziari occorrono meccanismi di centralizzazione delle decisioni e di speciale solidarietà per le quali è indispensabile la fiducia reciproca fra gli Stati membri. Le tensioni e i problemi di alcuni sistemi bancari nazionali, fra i quali il nostro, richiedono almeno due decisioni urgenti sulle quali però, ancora una volta, il Consiglio non ha fatto sostanziali progressi: il rafforzamento delle garanzie europee al fondo di risoluzione bancario, per metterlo in grado di gestire con forza e agilità eventuali crisi di singoli istituti creditizi (e perciò stesso rendere tali crisi meno probabili), e l’avanzamento verso la costituzione dell’assicurazione europea dei depositi bancari.

Il contributo dell’Italia alla formazione del consenso
Il nostro Paese può contribuire alla formazione del consenso politico per questi passi fondamentali per la stabilità e l’efficienza finanziarie. Dovremmo soprattutto continuare col notevole miglioramento in corso nel liberare le banche dai crediti in sofferenza e dovremmo avviare la riduzione dell’ammontare di titoli di Stato nell’attivo dei nostri istituti di credito. Si osserva invece che questi ultimi hanno ripreso ad accumulare debito pubblico nazionale, sottraendo risorse ai crediti alle imprese e peggiorando circolo vizioso fra rischio Paese e rischio bancario.

La gestione della disoccupazione è uno dei temi principali per il progresso della base economica dell’Unione. Su di esso negli anni scorsi i nostri governi hanno insistito in sede europea anche con proposte articolate e apprezzate. Ha la firma italiana, ad esempio, il progetto di una speciale assicurazione europea contro forme di disoccupazione ciclica che colpiscano un Paese in forme e con intensità significativamente diverse dal resto dell’Ue. Anche su questo fronte occorrono forme nuove di collaborazione e solidarietà. Dovremmo metterci in grado di sospingere prossimamente questo tema fra le priorità del Consiglio fra le quali non pare avere una presenza adeguata.

Questo articolo è stato realizzato nell’ambito dell’Osservatorio ISPI-IAI sulla politica estera italiana