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Strategie per raggiungere i cittadini

Ue: migliorare la comunicazione contro l’euroscetticismo

7 Feb 2019 - Fabio Raspadori - Fabio Raspadori

Il processo di integrazione europea è in grave affanno. A dimostrarlo, più che la Brexit, è il preoccupante calo di fiducia dei cittadini europei. Eppure i vantaggi di un’Unione europea più coesa sono evidenti. Intere biblioteche lo spiegano in maniera dettagliata. Anche se alla fine basterebbe un po’ di buon senso per capire che un continente fatto di piccoli Stati, con scarse materie prime e che invecchia sempre di più, ha tutto da guadagnare da un’unione più stretta.

Necessità di strategie di comunicazione efficaci
Come è possibile, viene da chiedersi quindi, che la soluzione sia lì davanti agli occhi, ma invece ci si ostini a guardare da un’altra parte? Il difetto sta in una comunicazione europea che, per utilizzare un eufemismo, potremmo definire latitante.

Recenti e paradossali trionfi dimostrano come la comunicazione sia l’arma vincente; quella di cui non si può fare a meno in qualsiasi importante confronto politico. La stessa Unione europea si è resa conto, sebbene tardivamente, che la manipolazione delle informazioni è uno strumento utilissimo per la costruzione del consenso politico e di come sia difficile sconfiggere tale pratica.

Per queste ragioni, risulta essenziale per l’Europa informare e dialogare con i cittadini. Il punto sconfortante è che in questo ambito la Ue praticamente è disarmata. Basta dare un’occhiata al budget dell’Unione europea per rendersene conto.

Da potenziare i fondi per la comunicazione
Il bilancio Ue per il 2018 ammonta a 160,113 miliardi di euro. Alla comunicazione, che rientra tra le spese amministrative, sono riservati circa 213 milioni, ossia lo 0,133%.

Già questo dato dovrebbe stupire, visto che, quantomeno a partire dalla Dichiarazione di Laeken del 2001 sul futuro dell’Unione europea, la riduzione della distanza tra le istituzioni di Bruxelles e il cittadino è indicata come una delle tre priorità dell’Unione.  Come si pensa di riuscirci riservando solo lo 0,1% del bilancio per fargli sapere quello che di buono si sta facendo?

Inoltre, se si guarda alla ripartizione dei fondi, si scopre che solo 41,293 milioni di euro servono a finanziare la cosiddetta “informazione ai cittadini”; che, è bene ricordarlo, riguarda oltre mezzo miliardo di persone che parlano lingue differenti.

Insufficienti i tentativi di comunicare con i cittadini
Ma il vero limite sta nel modo in cui questi 41 milioni sono spesi. La quasi totalità serve a finanziare le attività di comunicazione delle rappresentanze della Commissione negli Stati membri e quella della rete Europe Direct. Nel primo caso, si tratta di una trentina di uffici, presenti nelle capitali europee, dove funzionari della Commissione (circa 700) cercano, attraverso campagne come ‘I dialoghi con i cittadini’, newsletter e piattaforme social, di informare sulle attività dell’Unione.

La rete Europe Direct, invece, è formata da un migliaio di Centri, presenti nelle principali cittadine europee e coordinati dalle rispettive rappresentanze nazionali della Commissione. Per quel che riguarda la loro gestione, di solito è affidata al volenteroso personale che opera in enti locali o nelle università.

Questo piccolo esercito di comunicatori svolge un’opera meritoria. Ma il risultato, nonostante gli sforzi, è poca cosa: agli incontri e ai dibattiti partecipano migliaia e non milioni di persone e la copertura mediatica degli eventi è decisamente insufficiente.

Perché? In primo luogo, perché le risorse messe in campo dall’Unione sono ridicole. Poi, in entrambi i casi parliamo di comunicazione istituzionale, ossia di informazioni che vengono direttamente dall’ente che si pone il problema di interloquire con l’esterno. Per questo è normale che a partecipare agli eventi siano i pochi già convinti; mentre gli altri – la maggioranza scarsamente edotta, se non scettica o male informata – sono portati a snobbare e diffidare di quanto detto, e sottovoce, dalla Ue su sé stessa.

La visione del Parlamento europeo
Che questo approccio non potesse funzionare, l’aveva già capito il Parlamento europeo il 7 settembre del 2010, quando adottò la “Risoluzione sul giornalismo e i nuovi media – creare una sfera pubblica in Europa”.

Nell’illuminato quanto inascoltato documento, il Parlamento affermava che la Commissione europea avrebbe dovuto “rafforzare la politica della comunicazione e collocarla ai primi posti della lista delle priorità nel momento in cui si inizierà a negoziare il quadro finanziario pluriennale”; che le organizzazioni della società civile devono avere “un ruolo importante da svolgere nel dibattito europeo; e che tale loro ruolo dovrebbe essere rafforzato mediante progetti di cooperazione mirati nel settore della comunicazione pubblica”.

E ancora che bisogna “aprirsi a tutti i mezzi di comunicazione, […] sostenere tutti i progetti e le iniziative volti a informare meglio il pubblico sugli affari Ue”; infine e soprattutto, che si deve “decentralizzare la politica di comunicazione dell’Ue verso una dimensione locale e regionale, allo scopo di ravvicinare i differenti livelli di comunicazione, e incoraggiare gli Stati membri ad essere più attivi nell’informare i cittadini sulle questioni inerenti all’Ue”.

Niente o quasi di tutto questo è stato fatto. I fondi per la comunicazione restano irrisori e non si può certo parlare di una collocazione di questa politica tra le priorità Ue. Per quel che riguarda la società civile e la comunicazione decentrata, se si esclude il secondo strand-terza sottomisura del Programma Europa per i cittadini, che ha una dotazione di pochi milioni di euro, non esistono strumenti con i quali finanziare iniziative di comunicazione pubblica europea che partano dal basso.

La comunicazione per ridare fiducia all’Unione
Gli effetti di questa situazione, come si è detto, sono sotto gli occhi di tutti: crollo della fiducia verso l’Ue, crescita di movimenti e partiti euroscettici, informazione nazionale sull’Unione europea piena di strafalcioni, se non alterata a danno delle istituzioni di Bruxelles.

È quanto basta per capire che il problema c’è, ed è grave. Gravissimo, in particolare se pensiamo alle imminenti elezioni del Parlamento europeo ed al fatto che nel nuovo budget presentato dalla Commissione europea per il 2019, il finanziamento aggiuntivo per coprire mediaticamente questo appuntamento sembra si aggiri intorno ai tre milioni di euro

Tenuto conto di quanto detto, e riprendendo gli ammonimenti del Parlamento di Strasburgo, ecco allora qual è la priorità sulla quale dovrebbero concentrarsi gli forzi di tutti quelli che hanno a cuore l’idea di unificazione europea: una comunicazione europea rafforzata e che coinvolga i cittadini.