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Dopo richiamo ambasciatore francese

Italia/Francia: rapporti tesi verso le elezioni europee

11 Feb 2019 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

Il pessimo rapporto fra Francia e Italia è ormai diventato un luogo comune della politica italiana e, in minore misura, della politica francese. Le relazioni bilaterali non sono mai state veramente buone negli Anni 2000, ma solitamente i contrasti sui vari dossier venivano ricomposti nel nome della continuità dei rapporti fra Stati dell’Unione.

Si può ad esempio ricordare il vertice bilaterale di Villa Madama nell’aprile 2011, che era servito a dare un quadro di convergenza dopo una serie di screzi sull’intervento in Libia e sugli investimenti francesi in Italia, con la compresenza di Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy. Pure il vertice bilaterale Italia-Francia del settembre 2017 fra Paolo Gentiloni ed Emmanuel Macron è servito a ricucire dopo i problemi relativi al futuro della Libia e al dossier Fincantieri-STX.

La strumentalizzazione delle relazioni a fini elettorali
Dalla campagna per le politiche del 2018 in poi si è però entrati in uno stato di tensione ben illustrato dalle convocazioni dei rispettivi ambasciatori. Abbiamo assistito a una definizione partigiana del rapporto bilaterale: nel contesto della competizione elettorale italiana, i riferimenti negativi verso la Francia, con il presidente Emmanuel Macron stigmatizzato in quanto avversario politico, sono stati utilizzati da varie forze politiche come un fattore di differenziazione.

Da parte sua Macron nel 2018 entrava in pre-campagna per le europee presentandosi come il campione della lotta contro i populismi e opponendosi in modo esplicito all’alleanza Le Pen-Orban-Salvini. Nel frattempo, rimangono aperti i dossier bilaterali che continuano a essere assai spinosi, segnati in modo negativo dalla battuta d’arresto posto nel 2017 dalla presidenza Macron all’acquisto dei cantieri STX da parte di Fincantieri.

Le aree di scontro, dai migranti ai gilet gialli
La crisi diplomatica dell’inizio 2019 conferma l’evoluzione ulteriore della posizione francese, attenta a rimanere nel contesto delle azioni diplomatiche interstatali per contrastare prese di posizione o azioni di membri del governo italiano ritenute ingerenze. Nell’arco di poche settimane, le forti critiche del ministro dello Sviluppo economico italiano Luigi Di Maio a proposito della politica francese in Africa e il suo successivo incontro in Francia con alcuni gilet gialli hanno provocato prima la convocazione al Quai d’Orsay dell’ambasciatore Castaldo e poi il richiamo a Parigi dell’ambasciatore Masset.

Esiste quindi a Parigi una netta percezione d’ingerenza da parte del governo italiano, mentre a Roma i ministri M5S mandano avanti senza discontinuità una linea critica nei confronti della presidenza francese. Possiamo anche rilevare l’importanza in Italia della simbologia associata al presidente  Macron, al quale viene conferito un ruolo onnisciente, con una lettura spesso fuorviante dei suoi poteri.

Bisogna anche ricordare che l’inceppamento dei rapporti diplomatici tra Italia e Francia è iniziato a marzo 2018 con l’incidente di Bardonecchia, un errore procedurale da parte dei doganieri francesi operanti nell’ambito di un Trattato di cooperazione di polizia, che diventò, nel contesto della campagna elettorale, un affare di Stato, con la convocazione dell’ambasciatore di Francia.

Questa mossa era anche frutto di un’atmosfera politica nella quale la Francia e la presidenza francese venivano spesso criticate, nel nome delle insofferenze accumulate sotto il governo Gentiloni, traducendo la percezione italiana di solitudine di fronte alla crisi migratoria.

Naufragato il trattato di cooperazione bilaterale
I rapporti bilaterali diventano quindi estremamente polarizzati ed entrano a fare parte della sfera politica interna, come dimostra la frenata istituzionale fra i due Paesi che segue l’entrata in funzione dell’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte. Nel 2018 non soltanto non viene organizzato il vertice bilaterale Italia-Francia previsto ogni anno –  inaugurato nel 1981 da François Mitterrand e Giovanni Spadolini-, ma si arena anche completamente l’iniziativa di un trattato bilaterale detto “del Quirinale”.

Quest’ultimo era stato il frutto di un’intensa attività diplomatica promossa da Gentiloni e Macron tra il vertice bilaterale del settembre ’17 e la visita a Roma di Macron del gennaio ’18: l’obiettivo era un trattato bilaterale franco-italiano sul modello dell’esistente trattato franco-tedesco, un meccanismo ritenuto necessario anche per meglio gestire i numerosi dossier problematici. Il peggioramento delle relazioni bilaterali ha di fatto poi congelato i lavori della commissione incaricata di elaborare questo testo.

Lo stallo al ribasso è poi rimasto, con una maggioranza del governo italiano che prosegue la ricerca di consenso su temi come la lotta contro l’immigrazione, cui viene spesso associato un riferimento negativo alla politica francese o al suo presidente. Dal lato francese l’esplosione della crisi dei gilet gialli nell’ottobre del 2018 sta modificando l’azione del governo, ma anche i temi e la comunicazione della presidenza francese.

2019, il ritrovato ruolo della Francia sulla scena europea
Il 2019 ha segnato l’avvio di un nuovo ciclo, ancora incerto, ma che si distingue già per alcune novità. Il governo e il presidente francese stanno cercando di colmare il vuoto di dialogo fra la piazza protestataria e le istituzioni. Partendo dalla ‘discesa’ di Macron nelle assemblee provinciali di sindaci, assistiamo a un momento particolare, quello del ‘grande dibattito nazionale’, che offre un salvagente al riformismo presidenziale con la possibilità di riaffermare l’ancoraggio territoriale della democrazia che deve essere  in qualche modo partecipativa per salvare il suo carattere rappresentativo.

Fra ottobre e gennaio abbiamo anche assistito a un’eclissi del potere francese sulla scena internazionale ed europea. La ripresa dell’azione internazionale della Francia è avvenuta nel 2019 con la firma del rinnovo del Trattato bilaterale franco-tedesco ad Aquisgrana, un gesto ricco di simbolismi che assicura la continuità delle istituzioni di cooperazione franco-tedesche.

Nel contesto delle elezioni europee viene riaffermata la solidità della collaborazione tra Francia e Germania, senza tuttavia spingersi a misure che avrebbero potuto provocare reazioni forti fra i nazionalisti, un pericolo ben illustrato dalle numerose notizie false diffuse intorno a questo testo. Questo nuovo ciclo viene quindi segnato da un ritorno alla linea istituzionale internazionale della Francia, con Parigi che abbassa i toni nel contesto delle europee.

Il riallineamento francese ai gruppi parlamentari europei
Tutto questo si ritrova anche nella campagna per le europee dove il partito di Macron, la République en Marche, si associa ai centristi dell’Alde, un’operazione classica ben lontana dalle velleità iniziali di trasposizione di En Marche su livello europeo. Questo ritorno al posizionamento classico nelle varie forze europee si rileva anche con gli altri partiti francesi, che andranno a ingrossare le fila di popolari, socialisti e verdi nel Parlamento europeo.

Senza dubbio, le future elezioni europee saranno caratterizzate da una crescita delle forze nazionaliste, ma anche dell’importanza del voto di protesta, come le liste dei gilet gialli. Il ritorno della dinamica francese a una logica legata ai gruppi parlamentari europei rappresenta un segno di continuità con il Parlamento uscente e quindi con la possibilità di ricomporre una maggioranza per sostenere la futura Commissione.

Si tratta di un riassestamento che avrà conseguenze sulle forze politiche italiane a seconda delle loro capacità di proporsi come membri attivi e influenti di questi gruppi europei, ma segnerà anche l’evoluzione dei rapporti bilaterali fra Italia e Francia.