Isagor, fare dall’Unione la Repubblica d’Europa
A cent’anni dal primo numero dell’Ordine Nuovo, gli imperativi gramsciani che fecero da sottotitolo alla testata diventano l’acronimo di una nuova iniziativa politico-culturale che ha l’ambizione di contrastare i nazional-populismi. Si chiama Isagor (istruitevi, agitatevi, organizzatevi) e la sua nascita avviene in concomitanza con la pubblicazione di un libro-manifesto: ‘La Repubblica d’ Europa. Oltre gli Stati nazionali‘.
Il riferimento a Gramsci non deve trarre in inganno. Non è un richiamo nostalgico, un rispolverare ideologie vetero-comuniste; anzi, del segretario del partito comunista d’ Italia accoglie, caso mai, tutta l’eredità di un pensiero lungimirante capace di intuizioni tuttora d’attualità, vedi la questione meridionale, e di uscire dal dogmatismo di un’ideologia che nel tempo si sarebbe ingessata, conservatrice più che rinnovatrice.
Ottimismo sul futuro degli europei
“Abbiamo una convinzione – spiegano i promotori di Isagor –. Gli europei possono costruire un futuro nel quale le guerre siano illegali, la terra viva e vegeta, i bambini liberi di crescere fuori dalla paura e dal bisogno. Tutti, non soltanto quelli che nascono ai piani alti della ziqqurat terribile che chiamiamo società globale. Per farlo – ed è qui l’idea architrave dell’intero progetto – è necessario trasformare l’ Unione europea in una Repubblica: la Repubblica d’ Europa. Una Repubblica unita e indivisibile, democratica, fondata sulla libertà e sulla responsabilità. Niente di meno”.
Il laboratorio di gestazione del nuovo ordine europeo ha visto al lavoro otto tra ricercatori, scrittori, politici, esponenti del mondo del volontariato e della comunicazione. Ma il loro sogno è che Isagor proliferi, in varie città, in Francia come in Germania, a Parigi come a Berlino come a Roma.
Il rischio è che non ci sia né Europa né Stato
“Perché – spiega uno di loro, Davide Mattiello, presidente del centro di ricerca ‘Benvenuti in Italia’ – non ha copyright e, se la prima minaccia è l’internazionale nera, la seconda è diventare cittadini di Amazon piuttosto che di Facebook o di Google. Da un lato incombono i nazionalismi dall’altro la dissoluzione di ogni spazio pubblico”.
Il rischio è che non ci sia né Europa né Stato. Con lui la costituzionalista Anna Mastromarino, la storica delle religioni Maria Chiara Giorda, i sociologi Marco Omizzoli (anche ricercatore Eurispes) e Leonardo Pamisano, lo scrittore Luca Mariani, l’antropologa Sara Hejazi e Francesca Rispoli, dell’ufficio di presidenza di Libera. Il gruppo ha elaborato una proposta d’Europa declinandola nei diversi temi, dal lavoro alla legalità.
L’ombra di Utoya sulle speranze europee
Il libro-manifesto si apre con i due attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia, a due ore uno dall’altro: a Oslo si contarono 8 vittime, sull’isola di Utoya 69 giovani socialisti. Il terrorista Anders Behring Breivik, durante il processo, puntò il dito contro quella che chiamò l’immigrazione in massa dei musulmani. Mariani, che sui quei fatti ci ha scritto un libro, ‘Il silenzio sugli innocenti’, si chiede che cosa accadrebbe se le idee di Brevik, che non sono di un solo pazzo isolato, diventassero maggioritarie in Europa.
Mastromarino firma il capitolo sull’ordinamento che dovrebbe avere la Repubblica d’ Europa, Omizzolo quello sul lavoro: diritti, retribuzioni, orari dovrebbero essere regolamentati da normative uniformi che mettono al centro la dignità dei lavoratori. Su un orizzonte europeo unito, sono trattati da Palmisano la legalità e la lotta alle mafie, i cui tentacoli si sono ormai estesi, questi sì, ben oltre i confini nazionali. Giorda e Hejazi hanno scritto sulle religioni mettendo bene in luce come il pluralismo, la multiculturalità e la multireligiosità siano un dato di fatto, un fenomeno irreversibile: sarà compito della nuova Europa farsi carico della libertà di culto e dei diritti di tutti i cittadini.
La memoria corta degli anti-europeisti e dei ‘gilet gialli’
Gli anti-europeisti “hanno dimenticato i 70 milioni di morti delle due guerre mondiali– sostiene Mattiello –, i rastrellamenti, i campi di concentramento, i coprifuoco, le discriminazioni razziali e si sono abituati agli ultimi 70 anni di pace”.
Una miscela di emarginazione e povertà di ceti sempre più ampi di popolazione, di frustrazione e di noia causata dalla perdita di senso della vita, scatena rabbia, volontà distruttiva senza sbocco, senza progetto alternativo. Isagor contro i gilet gialli?
I fondatori lo definiscono consorzio perché è una parola che “esprime il concetto di un sodalizio che voglia farsi carico dell’azione politica. Il termine consorzio rimanda al comune destino che lega diversi individui, rimanda alla corresponsabilità e cioè all’interdipendenza di ciascuno da tutti gli altri”.
Le idee positive di un’Europa Repubblica
Si presenta chiara sul loro manifesto l’idea di un’Europa capace di garantire a se stessa e ai suoi cittadini “uno spazio di diritti condivisi, di sviluppo sostenibile e di capacità di accoglienza dei nuovi flussi migratori del mondo. Uno spazio che sappia governare il proprio tempo e non subirlo”.
L’ intento è “ripensare in maniera radicale la forma che vogliamo dare all’Europa” andando nella direzione di una Repubblica che, superando gli Stati nazionali, diventi una realtà politica, economica e culturale strategica. Altrettanto chiara è l’idea di mobilitare tutte le forze della società civile, tutti i soggetti, singoli e organizzati, che hanno voglia di spendersi per la realizzazione di questo programma.
Nel dibattito che si è aperto sulle vecchie e le nuove élite, tra chi le delegittima e chi ne vede l’inevitabilità storica, Isagor, così come si presenta allo stato nascente, s’inserisce forse proprio in quell’intuizione gramsciana di intellettuale organico che rinviava a un’intellettualità diffusa che non separa l’homo faber dall’homo sapiens, il professore dal contadino, i colletti bianchi dagli operai.
Una forma organizzata che potrebbe risvegliare le forze migliori di pezzi di società civile oggi dormienti per delusione, senso d’impotenza, incredulità. Dietro l’angolo per il neonato Isagor incombe il pericolo di trasformarsi subito in una delle tante élite aristocratiche, assolutamente incapaci di ascoltare i bisogni dei popoli, di avere uno sguardo critico sull’esistente e, di fatto, accodarsi a questa o quella formazione politica diventandone collettore di voti. Sarebbe un’occasione perduta.