Venezuela: Guaidó e Maduro, due presidenti in Paese in ginocchio
L’alba del 24 gennaio ha portato un nuovo presidente a Caracas. Juan Guaidó, giovane capo dell’Assemblea nazionale del Venezuela e semi-sconosciuto leader dell’opposizione al governo di Nicolás Maduro, si è autoproclamato presidente ad interim, in attesa di nuove elezioni. Il subcontinente latino-americano, che fino a pochi mesi fa era considerato un laboratorio di politiche progressiste, si trova adesso ad affrontare una crisi politica che rischia di diventare una guerra civile.
Rifacendosi direttamente al bolivarismo rivoluzionario degli anni Cinquanta, l’ex leader venezuelano Hugo Chávez promosse un “socialismo” creolo – il Socialismo del XXI secolo – basato su una esaltazione della democrazia diretta e massicci investimenti sociali tesi all’inclusione delle classi svantaggiate, a cui si associavano un’esplicita posizione anti-statunitense e un forte ideale pan-sudamericano.
La parabola del Paese, da Chávez a Maduro
Con la morte di Chávez nel 2013, il meno fortunato successore Nicolás Maduro – privo delle stesse doti carismatiche e danneggiato da una situazione internazionale segnata dal crollo del prezzo del petrolio – ha continuato a governare il Venezuela di fronte a una crescente ostilità interna ed internazionale, da ultimo insediandosi per un secondo mandato alla presidenza del Paese a inizio gennaio, mentre da più parti si levavano le contestazioni di un atto illegittimo, dopo elezioni farsa.
Juan Guaidó, delfino di Leopoldo Lopez – storico avversario di Chávez e leader del partito di opposizione Voluntad Popular -, ha giurato ieri sulla Costituzione a Caracas, davanti a migliaia di persone, autoproclamandosi presidente ad interim della nazione e ha rivolto un invito alle Forze armate affinché si impegnino a “ristabilire la Costituzione”. Maduro, da Palazzo Miraflores, ha di contro bollato l’iniziativa del deputato dell’opposizione come un “colpo di Stato fascista”, esortando i suoi sostenitori a resistere contro il golpe orchestrato – secondo lui – tra le mura della Casa Bianca. Maduro ha anche interrotto i rapporti diplomatici con Washington e ha minacciato gli inviati statunitensi presenti in Venezuela, dando loro poche ore per lasciare il Paese.
Isolamento regionale per Caracas
Guaidó è stato immediatamente riconosciuto dall’amministrazione Trump e dal Canada, nonché da Luis Almagro, segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) che riunisce 35 Paesi. Se il riconoscimento era prevedibile da paesi quali Brasile, Colombia e Argentina, meno scontato era la legittimazione di Guaidó da parte dell’Ecuador, Paese vicino al progetto del Socialismo del XXI secolo fino a pochi mesi fa. Se l’Unione europea – dopo aver assegnato il premio Sakharov per la libertà di espressione all’opposizione venezuelana – dichiara di sostenere l’Assemblea nazionale e il presidente Guaidó, da parte sua l’Italia non ha ancora preso una chiara posizione, con il ministro degli Esteri atteso in Parlamento soltanto tra alcuni giorni.
Il supporto della maggioranza dei paesi dell’America latina a Guaidó è una chiara testimonianza dell’isolamento regionale in cui si trova Maduro. Con la fine del ciclo della sinistra latina, culminata con la vittoria di Bolsonaro in Brasile, il Sudamerica ha virato verso destra. Oggi i Paesi più influenti dell’area – tra cui Argentina, Colombia e Brasile – sono guidati da governi ideologicamente lontani da Maduro, ulteriormente isolato dall’Ecuador post-Correa. È proprio il mutamento del contesto geopolitico regionale che rende questo scontro politico interno al Venezuela qualitativamente differente rispetto al 2017.
Se Maduro non può più contare su esecutivi amici in America latina, a parte Stati marginali come la Bolivia e il Nicaragua, grandi potenze come la Cina, la Russia e la Turchia hanno invece subito criticato le interferenze statunitensi a Caracas e confermato il loro appoggio al presidente in carica. Il non-allineamento del governo di Maduro rispetto agli Usa ha una rilevanza economica e geopolitica di rilievo per Pechino e Mosca, che temono di perdere un prezioso alleato nel caso in cui il presidente in carica dovesse cadere.
Sofferenze economiche e futuro incerto
L’economia del Venezuela è precipata nel baratro. Il Pil si è contratto del 30% in quattro anni, l’inflazione è giunta a più di dieci milioni percentuali e la produzione petrolifera è crollata da più di due milioni di barili al giorno a poco più di un milione al giorno. Le politiche catastrofiche di Maduro hanno poi peggiorato ancora di più la situazione. Per cercare di mantenere il proprio consenso, il presidente ha continuato a promuovere politiche di assistenzialismo sociale, finanziandole con la monetizzazione del disavanzo pubblico, portando quindi al regime di iperinflazione che sta distruggendo l’economia reale venezuelana.
In aggiunta, l’amministrazione Trump ha promosso dal 2017 delle sanzioni economiche che hanno colpito direttamente l’economia di Caracas. Impedendo alle società statunitensi di acquisire nuovo debito e nuove obbligazioni sia della Banca centrale venezuelana sia delle società statali del Paese – tra cui la compagnia petrolifera statale -, la Casa Bianca ha infatti limitato la possibilità del governo di Maduro di finanziare le casse pubbliche. Nel corso del 2018, Trump ha anche introdotto misure restrittive contro l’importazione di oro venezuelano, una fonte importante di finanziamento statale alternativa al petrolio. Alcune fonti giornalistiche hanno anche riportato la notizia che Trump sia pronto a colpire con nuove sanzioni l’importazione di prodotti petroliferi venezuelani – per cui Washington è il maggiore partner commerciale di Caracas -: una mossa che avrebbe conseguenze gravissime sull’intera popolazione venezuelana, già colpita da una crisi umanitaria senza precedenti.
Il governo di Guaidó al momento non controlla alcun apparato dello Stato – a parte l’Assemblea nazionale – e non avrebbe neppure l’appoggio degli alti ufficiali dell’esercito. Senza il sostegno di una parte consistente delle Forze armate, Guaidó – che ha infatti garantito l’immunità ai militari che si uniranno a lui per conquistarne l’appoggio – difficilmente potrà consolidare la transizione democratica nel Paese.
Nonostante ancora non sia ben chiaro cosa succederà in Venezuela nel prossimo futuro, è innegabile che il potere di Maduro non è mai stato in bilico come oggi.
Foto di copertina © Rafael Hernandez/DPA via ZUMA Press